26 aprile 2024
Aggiornato 07:30
Un altro scandalo pubblico

Quei dirigenti Atac strapagati. E che non pagano mai

I dieci manager ritenuti colpevoli degli scioperi bianchi di quest'estate non saranno cacciati dall'azienda di trasporto pubblico. Perché non ci sono i soldi per pagare le loro principesche buonuscite. Alla faccia della responsabilità

ROMA – L'Atac è andata su tutte le furie: «L'azienda ha conferito mandato ai propri legali per valutare ogni iniziativa a tutela della propria immagine nei confronti di chi ha diffuso e alimentato tali notizie a scopo evidentemente diffamatorio e destabilizzante col proposito, neanche celato, di alimentare la percezione negativa contro Atac in un momento in cui l'azienda sta compiendo passi determinanti per migliorare la propria capacità produttiva e i livelli di servizio a favore dei cittadini a prezzo di sacrifici cui sono stati chiamati tutti i dipendenti, nessuno escluso». Se non siete svenuti per asfissia nel vano tentativo di leggere ad alta voce (e con il tono stentoreo che merita) questa frase, che da sola è lunga quasi dieci righe, ora vi spieghiamo anche di cosa si tratta. È il comunicato stampa ufficiale con cui l'azienda romana del trasporto pubblico ha smentito la notizia pubblicata ieri in prima pagina dal quotidiano Il Tempo. Che parlava di principeschi premi di risultato erogati ai suoi dirigenti: «Il documento cui fa riferimento l'articolo, infatti, è relativo a premi teorici che i dirigenti avrebbero percepito in caso di raggiungimento da parte dell'azienda di risultati economici positivi». Dunque nessuna cifra è stata erogata, tutto a posto, amici come prima e scusassero tanto se qualcuno si è sbagliato.

Vietato licenziare
Purtroppo una piccola distrazione l'ha commessa anche l'ufficio stampa dell'Atac. Che si è proprio dimenticata di menzionare nel suddetto comunicato un'altra notizia pubblicata dagli organi di stampa nelle stesse ore e che riguarda sempre i suoi dirigenti. Stavolta, ahinoi, vera. Non saranno infatti licenziati i dieci dirigenti che il direttore generale Micheli aveva individuato come responsabili dei disagi dovuti allo sciopero bianco di quest'estate, e dei quali aveva chiesto pubblicamente la testa il sindaco Ignazio Marino in persona. Gli impeccabili tecnici dell'assessorato ai Trasporti si sono infatti accorti che per cacciarli avrebbero dovuto pagare loro anche le principesche buonuscite: intorno ai 200 mila euro a testa, per un totale di due milioni. Soldi che, semplicemente, non ci sono nelle casse di una società che solo l'anno scorso di milioni di passivo ne ha accumulati ben 140. «Bisognerebbe mettere mano all’intero sistema della direzione – ha ammesso l'assessore Stefano Esposito sempre al Tempo – Ma non voglio pagare buonuscite. I romani non devono pagare più il conto. Cambiare, infatti, costa».

Ma che responsabili sono?
Dunque, pure stavolta finirà tutto a tarallucci e vino. Con buona pace dei roboanti annunci di Marino e dei «passi determinanti per migliorare la propria capacità produttiva e i livelli di servizio» vantati da Atac nel suo comunicato stampa. È la solita, vecchia storia all'italiana, dove i responsabili sono sempre irresponsabili. Dove, a forza di scaricare i barili, non si riesce mai a trovare il colpevole di nessuno sbaglio e, anche quando per miracolo lo si trova, comunque non perde mai il posto. Merito di un folle sistema contrattuale che garantisce oltre ogni logica i manager del settore pubblico, i quali percepiscono stipendi d'oro senza mai assumere sulle proprie spalle alcun onere reale. Non siamo pauperisti: è sacrosanto che chi comanda guadagni di più, a patto però che si assuma responsabilità proporzionali al suo salario, compresa l'assunzione diretta della colpa in caso di errore. Questo significa essere un dirigente, nel settore privato come in ogni amministrazione pubblica di qualsiasi Stato normale. Invece, a Roma chi comanda viene perdonato sempre, a volte semplicemente perché non ci sono i soldi per mandarlo via. Quelli per pagare l'esercito dei 63 dirigenti Atac, che alle casse dell'azienda costano oltre sette milioni all'anno, e nel 2014 hanno registrato un assenteismo medio pari quasi a un giorno alla settimana, quelli invece si trovano sempre.