31 luglio 2025
Aggiornato 15:00
Uno straordinario progetto di bioarchitettura

Bio-Pyramid, in Egitto una piramide green contro la desertificazione

Un grattacielo dalla base quadrata poggerà sulle antiche piramidi egizie con l'obiettivo di combattere la desertificazione: una maxi struttura piramidale che ingloba il sito archeologico di Cheope e Micerino e che ospiterà un museo, un ateneo, laboratori e numerosi spazi commerciali, più un grande giardino

IL CAIRO - Un museo, un ateneo, laboratori e numerosi spazi commerciali, più un grande giardino abitato da diverse specie di piante scelte per le loro qualità depuratrici per migliorare le condizioni dell’acqua. È questo il nucleo del progetto di bioarchitettura Bio-Pyramid: Reversing Desertification firmato dagli architetti statunitensi David Sepulveda, Wagdy Moussa, Ishaan Kumar, Wesley Townsend, Colin Joyce, Arianna Armelli, Salvador Juarez. Un grattacielo dalla base quadrata che poggerà sulle antiche piramidi egizie con l'obiettivo di combattere la desertificazione: una maxi struttura piramidale che ingloba il sito archeologico di Cheope e Micerino.

NON SOLO TURISMO - La filosofia di fondo è abbandonare la vecchia idea di conservazione/turismo e creare aree «super-ibride» che facciano davvero la differenza per il futuro del pianeta. Bio-Pyramid non porterà solo un risparmio in termini economici, vitale per città come Giza e Il Cairo, ma rappresenta un bellissimo esempio di architettura eco-techno che unisce tecniche diverse in grado di soddisfare bisogni differenti. Il tutto grazie alla permacultura, che aiuta a sviluppare ecosistemi agricoli destinati ad essere sostenibili e autosufficienti. La Bio-Pyramid cerca di integrare la geometria di base delle antiche piramidi, quelle di un moderno grattacielo e gli elementi naturali dell'ambiente che sta intorno. Un progetto che indaga le relazioni tra architettura, urbanistica, paesaggio, conservazione storica e tecnologia, con l'accento sull'utilizzo di prestazioni ambientali intese come generatori di nuove forme architettoniche.

COME FUNZIONA - La condensazione dell’umidità interna sulle vetrate della piramide si incanalerà in apposite fessure che condurranno l’acqua pulita in canali di raccolta. Un calcolo degli architetti dimostra che ogni 40 piedi quadrati di superficie coperta di condensa si produce un gallone d’acqua: dal momento che la piramide ha un involucro di 1 milione di piedi quadrati, ogni giorno può produrre 32mila galloni, che equivalgono a 121.133 litri d’acqua potabile. Una quantità utile a dissetare 60mila persone al giorno.

DA DOVE NASCE L'IDEA - Il progetto nasce da una semplice constatazione: i deserti oggi costituiscono il 33% della superficie terrestre, vale a dire circa un terzo del totale. Il Sahara, il più grande al mondo, copre una superficie di circa 3,5 milioni di chilometri quadrati: per capirci, è grande quanto gli Stati Uniti, con l'unica differenza che la desertificazione e il degrado del suolo aumentano di circa 12 milioni di ettari l'anno, praticamente le dimensioni di New York. Ironia della sorte, il punto in cui finisce il deserto del Sahara è lo stesso in cui ha avuto inizio l'agricoltura nell'Antico Egitto. La civiltà egizia è stata in debito con il Nilo grazie alle straordinarie inondazioni stagionali: proprio la prevedibilità del fiume e il terreno fertile hanno permesso agli egizi di costruire un impero che si fondava proprio sulla grande ricchezza agricola. Per questo gli egizi sono stati tra i primi a praticare l'agricoltura su larga scala.