23 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Mercato del gas

Perché South Stream si è prosciugato

La lunga, difficile e controversa storia del gasdotto South Stream è stata archiviata, almeno per il momento. Dalla Turchia, per bocca del presidente Putin, la Russia ha inviato all’UE un messaggio: «Non volete il South Stream? Ebbene, non lo faremo».

La lunga, difficile e controversa storia del gasdotto South Stream è stata archiviata, almeno per il momento. Dalla Turchia, per bocca del presidente Putin, la Russia ha inviato all’UE un messaggio: «Non volete il South Stream? Ebbene, non lo faremo».

Lavoreremo con quelli che vogliono cooperare.

In tempi più tranquilli questa notizia avrebbe fatto scalpore nel mondo e di sicuro in Europa. Ma i tempi in cui viviamo, a partire dall’inizio dell’anno in corso, sono tutt’altro che tranquilli. La notizia annunciata da Putin in Turchia è molto importante, sì. Eppure è solo un tassello del puzzle globale che è quello di lotta per la ripartizione delle sfere d’influenza e il cambiamento delle regole del gioco geopolitico mondiale.

Da un po’ di giorni, osservando la caduta del rublo, cerco di rispondere a me stesso: ma che cosa ha provocato questa situazione così drammatica? Il crollo dei prezzi petroliferi? La crisi in Ucraina? Il conflitto politico ed economico tra Russia e Occidente? O forse la crisi in Siria che in apparezna non preoccupa i russi più di tanto ma che c’è ancora tutta? Secondo me, la causa è la somma di tutti questi fattori.

La politica internazionale non è mai statica. La lotta per le sfere d’influenza è in corso sempre e ovunque. Capitano però dei momenti in cui questa lotta diventa molto più intensa del solito. Così è stato nel 1914, quando iniziò la Prima guerra mondiale, e lo stesso è successo nel 2014, quando la Russia ha dovuto decidere se poteva permettersi una politica davvero indipendente. Siamo davvero un centro di forza su scala mondiale?

Sopra ho già accennato a come la guerra in Siria incide sulle oscillazioni del rublo. Che cosa sta succedendo? Per quanto riguarda la Siria, Russia e Arabia Saudita hanno posizioni diametralmente oppopste. I sauditi non ci vedono l’ora di rovesciare il presidente Assad, Mosca crede che questa prospettiva sia dannosa e pericolosa.

L’Arabia Saudita è la più grande potenza petrolifera del mondo che ha il maggior peso tra i membri dell’OPEC. Al recente incontro OPEC a Vienna sono stati proprio i sauditi a bloccare le proposte di chi voleva ridurre l’estrazione per garantire la stabilità dei prezzi.

Con questo non voglio dire che l’unico desiderio dei sauditi sia quello di costringere Mosca a rivedere la sua posizione sulla Siria. Non c’è però alcun dubbio che questo desiderio, incoraggiato anche dagli Stati Uniti che chiedono ai sauditi di «aiutare a punire la Russia», ha avuto il suo ruolo.

Torniamo ora a South Stream. L’Europa ha bisogno del gas russo. Perché allora la Commissione europea si è ribellata al progetto? Non solo perché era sotto la pressione degli USA o aveva altri ragionamenti politici. Siamo testimoni del conflitto eterno tra compratore e venditore.

L’UE ha scelto per se il ruolo di un dittatore che si ritiene nel diritto di imporre i prezzi e le regole di gioco. Mosca, ovviamente, non poteva rassegnarsi a questo, perché per la Russia era come accettare di propria volontà la proposta di diventare una specie di «appendice» la cui unica funzione era quella di fornire la materia prima.

L’UE vedeva il malessere di Mosca, ma era convinta che la Russia non avesse scampo. La decisione annunciata da Putin in Turchia dimostra che era un calcolo sbagliato. Certo, per la Russia il ravvicinamento con Ankara nel settore del gas significa determinati rischi, perché la Turchia è una potenza crescente con una propria agenda politica.

Tuttavia per la Russia sarebbe stato folle rassegnarsi al ricatto da parte della Commissione europea. Mosca è costretta a usare le possibilità che ha. Nelle condizioni attuali l’accordo con la Turchia è forse la cosa più ragionevole.

Sono convinto che gli europei capiranno in modo corretto questa situazione e tra un po’ di tempo si scoprirà che i problemi politici, economici, giuridici e tecnologici, che non consentirebbero alla Russia di fornire il suo gas all’Europa, non sono poi così gravi e numerosi.

Per questo motivo credo che sia prematuro archiviare definitivamente il progetto di South Stream. I progetti tecnologici sono diversi dagli essere umani. Spesso ritornano.

Il caso di South Stream non può essere esaminato separatamente da tutto quanto sta accadendo attorno al nostro paese. La particolarità del momento politico che stiamo vivendo consiste nel fatto che, ormai, la partita tra Russia e Occidente non può finire con un pareggio «amichevole»: qualcuno dovrà pur riconoscere di aver avuto torto.

Ciò significa che in futuro vedremo ancora molte mosse politiche e avremo molte notizie inattese altrettanto clamorose. La nuova situazione richiede delle decisioni che vanno oltre i soliti standard, perché il mondo è in fermento.