19 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Cemona Fiere | Italpig

Italpig - La microgenerazione è il futuro degli allevamenti suinicoli italiani?

Ne abbiamo parlato con Fabrizio Adani, professore ordinario presso il dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università di Milano. Un tema di grande interesse per il settore che verrà sviscerato a Italpig (Cremona, 25-28 ottobre 2012)

CREMONA - Le ultime rilevazioni confermano che percentualmente il loro numero sta aumentando, complice la spinta verso la costituzione di impianti consortili, i costi più contenuti, un iter burocratico più snello e gli incentivi che a partire dal 2013 dovrebbero premiarli. Stiamo parlando degli impianti di biogas di microgenerazione; quelli, per intenderci, che possono arrivare a una potenza massima installata di 600 kw ed essere alimentati solo con reflui zootecnici.

«Per gli allevatori di suini credo si tratti di una grande opportunità – spiega Fabrizio Adani, professore ordinario presso il dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università di Milano e responsabile scientifico del Gruppo Ricicla operante presso il medesimo ateneo – perché spesso, a differenza dei colleghi che allevano bovini, i suinicoltori non dispongono in proprietà di grandi estensioni di terreno dove poter smaltire i reflui, che se indirizzati a un impianto di biogas destinato alla produzione di energia elettrica e termica possono rispondere a un’esigenza che normative e compatibilità ambientale rendono sempre più cogente».
In questi ultimi anni diversi allevatori si sono orientati verso la realizzazione di impianti da 1 MW di potenza.
«A differenza però di quelli di microgenerazione – puntualizza Adani – proprio per la loro dimensione i grandi impianti non possono essere alimentati solo con i reflui zootecnici. E’ questo infatti uno dei vantaggi dei piccoli impianti, a cui si sommano costi più contenuti, procedure autorizzative più veloci, supporto da parte delle istituzioni - in questo caso la Regione Lombardia - per favorire la nascita di realtà consortili: in pratica 3-4 allevatori che, unendosi, possono mettere insieme le risorse finanziarie necessarie per realizzare un impianto da 250kw di potenza installata».

Le potenzialità ci sono. Secondo il docente universitario infatti, in questi ultimi mesi molti suinicoltori si stanno muovendo con interesse in questa direzione, senza dimenticare che «finora negli impianti di biogas esistenti è finito solamente il 10-15% dei reflui suinicoli prodotti, una percentuale minima che lascia spazio a ben altri quantitativi».
Quindi una grande opportunità, che attraverso la digestione anaerobica favorirebbe l’abbattimento dell’azoto e la conseguente produzione di un concime organico di ottima qualità da utilizzare sui terreni in sostituzione di quello di sintesi.
Dicevamo dei costi. «Oggi – spiega ancora Adani – la realizzazione di un impianto da 250 kw può avere un costo variabile tra 1,5 e 2,5 milioni di euro, una cifra che riteniamo possa essere ammortizzata nel giro di 4-5 anni, anche con gli incentivi che dovrebbero essere previsti a partire dal 2013».
Infatti, secondo le bozze in circolazione, dal prossimo anno saranno proprio i piccoli impianti a beneficiare degli incentivi maggiori, che premieranno quelli alimentati solo con reflui o con reflui e sottoprodotti e recupereranno l’azoto per la produzione di fertilizzante.
Il tema ambientale legato allo smaltimento dei reflui zootecnici e degli odori sarà uno dei temi al centro della prossima edizione di Italpig (Cremona, 25-28 ottobre 2012), il Salone della suinicoltura italiana divenuto evento di riferimento per i professionisti del settore chiamati a trovare il miglior equilibrio tra redditività aziendale e sostenibilità ambientale.