26 aprile 2024
Aggiornato 07:00
Scintille al summit di maggioranza

Lavoro: Bersani a Alfano, no alla fiducia

Il Segretario dei Democratici: A che gioco giochiamo. Il leader del Pdl: E' nelle facoltà di Monti. Se si riaprono i giochi, si riaprono per tutti. Gasparri: Non vogliamo guerre di religione sull'articolo 18. Bondi: La riforma Monti interessa solo al Pdl e nessun'altro

ROMA - In teoria di lavoro non si doveva discutere. Troppo scivolosa la materia, troppo sconveniente affrontarla organicamente, troppi i dirigenti presenti a un incontro che questa volta non coinvolgeva i soli Alfano, Bersani e Casini, ma anche i 'tecnici', esperti di riforme e leggi elettorali. E invece proprio sulla riforma del mercato del lavoro, argomento in realtà trattato solo di sfuggita, si sono vissuti momenti di tensione, nello studio di Berlusconi eletto a teatro del maxi vertice di maggioranza.

Bersani: A che gioco giochiamo? - E' stato quando Bersani - di fronte ad alcuni dei presenti - ha chiarito che il Pd non gradisce il testo della riforma così com'è stato presentato dal governo, in una forma non gradita a uno dei partiti di maggioranza. L'esecutivo, ha rilevato il segretario democratico, non deve porre la fiducia su un testo di questo genere. A quel punto, raccontano alcuni dei presenti, è stato Angelino Alfano - supportato da un Casini comunque più cauto - a spiegare al leader del Pd che è nelle facoltà dell'esecutivo porre la fiducia su un provvedimento. Suscitando la controreplica quantomeno infastidita di Bersani: «A che gioco giochiamo?», avrebbe chiesto il numero uno del Partito democratico.
La questione è stata riposta nel cassetto, meglio non proseguire in un botta e risposta capace di far discutere. E poco dopo, in Transatlantico, interpellato sullo scambio di battute fra Bersani e Alfano, Casini si è limitato a dire: «Io non l'ho sentito».

Alfano: Se si riaprono i giochi, si riaprono per tutti - Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, incontrando i senatori a Palazzo Madama ha ribadito che «il tema del lavoro è centrale e l'ipotesi di riforma prospettata da Monti va nella giusta direzione». «Ma se si riapre la partita, si riapre per tutti», avrebbe sottolineato riferendosi alle richieste di modifica avanzate dal Pd.

Gasparri: Non vogliamo guerre di religione sull'articolo 18 - «Il Pdl non ha alcuna intenzione di ingaggiare guerre di religione sull'articolo 18. Non esiste un partito del lavoro e uno dei licenziamenti, e se ci fosse questa dicotomia, il Pdl sarebbe il partito del lavoro». Lo ha detto il capogruppo in Senato dei pidiellini, Maurizio Gasparri, che sposta l'attenzione sulle modifiche alla cosiddetta flessibilità in entrata: «Da quello che si legge sui giornali, c'è un eccesso di rigidità» nella proposta del governo. Un aspetto che «va approfondito», visto che «c'è un irrigidimento eccessivo rispetto a strumenti che hanno creato nuova occupazione e fatto emergere lavoro nero».

Bondi: La riforma Monti interessa solo al Pdl e nessun'altro - «La domanda alla quale dobbiamo a questo punto rispondere è la seguente: c'è qualcuno in questo nostro povero Paese a cui questa riforma interessi davvero? C'è ancora, oltre al Pdl, un fronte politico e culturale capace di promuovere e di difendere la necessità di una riforma da decenni auspicata da tutte le forze riformiste? C'è soprattutto un'opinione pubblica favorevole a un cambiamento effettivo del nostro Paese, di cui questa riforma non può non essere parte integrante? La risposta è no». Se ne è detto convinto il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, in una lettera pubblicata sul Tempo.
«Non sembri questa convinzione il riflesso di una visione pessimista. Mi considero - ha argomentato- assolutamente realista e con gli occhi bene aperti sulla realtà».
«Oltre alla sinistra, che naturalmente è contraria ad una riforma che la Cgil ritiene inutile e pericolosa - ha argomentato Bondi - incredibilmente anche la Lega Nord manifesta contro una riforma che dovrebbe essere una bandiera per chi si batte per il cambiamento e la modernizzazione dell'Italia; inoltre la maggioranza dell'opinione pubblica appare tiepida se non ostile a questa riforma; i vescovi italiani ammoniscono dal rischio che la riforma intacchi la dignità delle persone e dei lavoratori, la Confindustria non sembra essere coinvolta direttamente nella questione e appare propensa a far prevalere il valore preminente della pace sociale».