11 dicembre 2024
Aggiornato 16:30
Pubblico impiego

Scuola, boom di ricorsi dei precari contro il Ministero

Nella class action solo il Codacons ha raccolto 15 mila impugnative. Potenzialmente la vicenda riguarda quasi 240mila docenti della scuola e almeno 50mila amministrativi, tecnici ed ausiliari

ROMA - Secondo fonti sindacali e associative si preannuncia molto alta l'adesione del personale precario della scuola, docenti e Ata, a ricorrere contro il ministero dell'Istruzione per far valere una serie di diritti tra cui l'assunzione a titolo definitivo: ad una settimana dalla scadenza, fissata dalla legge 183/2010, il cosiddetto collegato al lavoro, rivolto a tutti i dipendenti precari, solo il Codacons ha raccolto - tramite una class action che prevede l'invio delle adesioni via internet - quasi 15mila impugnative.

A queste ne vanno aggiunte diverse altre migliaia, presentate sempre negli ultimi giorni dai supplenti attraverso le organizzazioni sindacali, altre associazioni, individualmente o facendosi assistere da avvocati esperti di normativa scolastica. Negli ultimi giorni tra il personale della scuola è venuta a creare, evidentemente, la consapevolezza che dopo i 60 giorni dall'entrata in vigore della legge183, il prossimo 23 gennaio, non potranno rivendicare più alcun diritto sulle vecchie supplenze se non avranno inviato al proprio datore di lavoro, il Miur, i ricorsi tramite raccomandata. E lo stesso dovranno fare, un'altra impugnazione, entro 60 giorni dalla scadenza delle supplenze in corso.

Potenzialmente la vicenda riguarda quasi 240mila docenti della scuola e almeno 50mila amministrativi, tecnici ed ausiliari iscritti nelle rispettive graduatorie provinciali cosiddette ad esaurimento. Il ricorso lascerebbe inalterata la possibilità di rivendicare l'assunzione a tempo indeterminato, contro la reiterazione dei contratti a termine, ma anche altre istanze: come la contemplazione degli scatti automatici d'anzianità, riservati al personale docente, la rivendicazione della ricostruzione di carriera non più parziale (oggi valgono per intero solo i primi quattro anni), l'illegittimità del termine dei contratti al 30 giugno anziché al 31 agosto.