Marchione dice addio al contratto nazionale
Lo scrive Repubblica: «Fiat vuole lasciare Federmeccanica». Sacconi: «Garantire la saturazione dei siti produttivi italiani»
ROMA - La Fiat ha intenzione di uscire da Federmeccanica e disdire il contratto di lavoro nazionale che regola il rapporto con i dipendenti del gruppo. Lo scrive La Repubblica che dà oggi grande risalto all'argomento con un pezzo in prima pagina. L'annuncio, secondo il quotidiano, potrebbe essere dato già domani, se l'ad Sergio Marchionne deciderà di partecipare alla riunione congiunta di Torino con governo e sindacati o slittare a giovedì se sceglierà di farlo con una lettera al vertice della federazione delle imprese metalmeccaniche. Ciò potrebbe avvenire insieme alla scelta di creare una new company per Pomigliano.
La Fiat, prosegue La Repubblica, conta di applicare fino alla data di scadenza il vecchio contratto per poi introdurre la nuova 'charta' i cui contenuti ancora non sono stati resi noti. Molto probabilmente, si legge sul quotidiano, il nuovo contratto riguarderà soltanto i dipendenti di Fiat Group Automobiles.
FIM E UILM: «CONTRATTO NON SI TOCCA» - La parola d'ordine dei sindacati, su questo tema, torna a essere unitaria: il contratto nazionale non si tocca. L'ipotesi secondo cui la Fiat, dopo la nascita di Fabbrica Italia, avrebbe intenzione di uscire da Federmeccanica e disdire il contratto nazionale di lavoro che regola il rapporto con i suoi dipendenti ha messo in allarme i sindacati di categoria. Non solo la Fiom che a partire dalla vertenza su Pomigliano si è posizionata sulla linea del «no» alle richieste dell'azienda, ma anche la Fim e la Uilm che invece quell'intesa l'hanno sostenuta, negoziata e firmata. La vigilia del tavolo a Torino tra le parti diventa quindi sempre più tesa. E mentre dalle tute blu della Cgil già si grida al «più grave attacco ai diritti dei lavoratori dal 1945 a oggi», la linea dei «colleghi» resta più equilibrata ma ugualmente chiara: vanno bene le richieste contenute nell'accordo su Pomigliano, passi anche la creazione di una newco - è il senso del discorso di Fim e Uilm - ma assolutamente non si può prescindere dall'intesa che regola il lavoro di tutte le fabbriche metalmeccaniche. Comunque, secondo il leader della Uilm, Rocco Palombella la costituzione di una newco per lo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco «non significa che c’è un percorso automatico secondo il quale l’azienda deciderà di disdettare il contratto nazionale di categoria».
FIOM: «SCELTE GRAVI» - Di diverso avviso la Fiom: «E’ in atto il tentativo di cancellare e superare il contratto nazionale, il diritto alla contrattazione collettiva in fabbrica». E’ quanto denuncia il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, che all’assemblea nazionale dei delegati di Unionmeccanica-Confapi a Reggio Emilia ha sottolineato che «siamo di fronte a un’accelerazione di questo processo, si deciderà nei prossimi mesi. Non avremmo quindi nessun secondo tempo per prendere delle decisioni. Chi pensava a successive verifiche, deve fare i conti con questa accelerazione. Se viene confermata l’ipotesi della newco a Pomigliano - ha proseguito Landini - e la non applicazione del contratto dei metalmeccanici, si tratterebbe di una scelta grave e non motivata da problemi di produttività.
SACCONI: «SATURARE I SITI ITALIANI» - Produrre la nuova monovolume Fiat in Serbia «non significa automaticamente che non ci sia una buona saturazione degli impianti di Mirafiori. Di questo discuteremo domani». Ad affermarlo il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, a Radio Anch'io, il quale ha aggiunto che ciò «che è importante è che il progetto 'Fabbrica Italia' garantisca una buona saturazione dei siti produttivi in Italia, sostenibile, ragionevolmente, per il medio-lungo termine».
Sacconi respinge la tesi di chi ritiene che per il governo il settore auto non sia prioritario: «Quello che sta accadendo cioè che Fiat voglia realizzare significativi investimenti nei siti produttivi italiani e un importante investimento a Pomigliano, spostando una produzione addirittura dalla Polonia, dimostrerebbe proprio il contrario che evidentemente si sono create condizioni di contesto favorevoli e si stanno creando condizioni interne agli stabilimenti favorevoli a questi investimenti».
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