FIPE boccia la pizza doc di Coldiretti
Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe, commenta in questo modo l’iniziativa della pizza firmata dagli agricoltori
ROMA - «Ognuno deve fare il proprio mestiere, anche per non aggiungere altra confusione al consumatore. Quindi, piuttosto che firmare la pizza, sarebbe meglio che gli agricoltori continuassero ad occuparsi di coltivazioni e allevamenti, tralasciando attività che non possono essere improvvisate. C’è da migliorare il controllo sulle frodi alimentari e bisogna evitare di stressare la capacità di resa di terreni, alimentare meglio il bestiame, gestire con cura cascinali e il territorio, spesso abbandonati e incolti, offrire prodotti di qualità e sicuri. È tempo che in Italia l’agricoltura riprenda il ruolo che le compete per storia e tradizione, tornando alla terra e alla cura degli animali e lasciare che siano i pizzaioli ad occuparsi delle pizze».
Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe, commenta in questo modo l’iniziativa della pizza firmata dagli agricoltori a garanzia della qualità degli ingredienti utilizzati. «I primi a porre il problema e a reclamare attenzione contro la dequalificazione che penalizza la pizza italiana – ha continuato Stoppani – sono proprio gli esercenti. Gli italiani hanno bisogno di messaggi precisi e chiari. Una pizza veramente italiana è fatta di buoni ingredienti, di professionalità e di competenze che non si inventano».
Fipe ricorda che sul settore della qualità degli alimenti c’è ancora molto da fare. Secondo l’ultimo rapporto «Italia a Tavola» i Nas hanno sequestrato duecento tonnellate di prodotti nel settore delle carni e degli allevamenti per un valore di 72 milioni di euro. Non va meglio nel settore dell’ortofrutta, delle conserve, farine, latte, mangimi, olio e neanche va meglio nel settore dell’agricoltura biologica contaminata da fitofarmaci oltre i limiti consentiti, presenza di Ogm, false etichettature e ingredienti illeciti.
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