CISL: indagine sulle retribuzioni in Lombardia
Petteni (Cisl): «Contrattazione decentrata per far tornare i salari al centro dell'azione sindacale»
MILANO - 21.760 euro. E' quanto ha guadagnato un operaio lombardo nel 2008. Un po' meglio è andata agli impiegati che hanno raggiunto i 25.870 euro e ai dipendenti dei servizi, che ricevono il 2,8% in più di chi è occupato nell'industria. Stanno peggio i lavoratori a termine, che percepiscono in media il 17,1% in meno di chi è assunto con contratto a tempo indeterminato. Considerando tutti i dipendenti, gli uomini nel 2008 hanno raggiunto in media i 28.180 euro, mentre le donne stanno abbondantemente sotto, a 24.260 euro. Differenze retributive si registrano a seconda del titolo di studio: si va dai 22.260 euro percepiti da chi ha frequentato la scuola dell'obbligo ai 38.410 di chi ha una laurea con specializzazione. Chi ha solo la laurea triennale guadagna meno di un diplomato: 24.120 euro contro 27.600. Secondo l'età, si va dai 19.640 euro degli under 24 ai 30.590 degli over 50.
Sono i principali dati di sintesi dell'indagine sulle retribuzioni e la loro evoluzione dal 2003 al 2008 realizzata dalla Cisl lombarda in occasione del 10° Congresso regional, curata da OD&M Consulting in collaborazione con l'Ufficio Economico della Cisl Lombardia.
La ricerca, che risponde alla domanda su quanto guadagna un lavoratore in Lombardia, evidenzia le tendenze e indica le percentuali delle retribuzioni, ma presenta anche un puntuale calcolo delle buste paga dei lavoratori, confrontate con le medie nazionali ed articolate in modo dettagliato a seconda dei settori economici di attività, della qualifica, del titolo di studio, dell'età. Della tipologia di rapporto di lavoro e della dimensione di impresa.
«Con questa indagine la Cisl lombarda intende tornare a dominare pienamente uno dei principali temi dell'azione sindacale e contrattuale: la dinamica delle retribuzioni. La ricerca ci insegna che non tutti i lavoratori sono nella stessa situazione e che non esiste una ricetta unica per tutti i salari - ha sottolineato il segretario generale della Cisl Lombardia, Gigi Petteni, nell'illustrare i risultati dell'indagine -. Le retribuzioni hanno sofferto per 2 motivi: una gestione troppo centralizzata della contrattazione nazionale e una forte crescita del salario individuale e non contrattato, che con la crisi è stato tagliato».
I settori dove le retribuzioni sono maggiori sono quelli del credito e assicurazioni, chimica-farmaceutica e petrolio, energia - gas e acqua, gomma e materie plastiche (con medie vicine o superiori ai 30.000 euro annui), mentre quelli che guadagnano di meno sono i servizi domestici, gli alberghi e ristoranti, la sanità e altri servizi sociali e l'agricoltura (con retribuzioni attorno ai 20.000 euro).
Le retribuzioni in Lombardia sono in media superiori del 6,7% di quelle nazionali, risultato dovuto soprattutto alla maggiore consistenza della componente individuale delle buste paga. Il differenziale, tuttavia, è in leggero calo perché tra il 2003 e il 2008 sono aumentate del 12,1%, l'1,6% in meno di quelle nazionali. Sono in ogni caso aumentate di più nel settore industriale (+13,7% in 5 anni) che in quello dei servizi (+11% nello stesso periodo).
In questi 5 anni le retribuzioni in Lombardia non hanno mantenuto appieno il passo con l'inflazione, cresciuta nello stesso periodo del 15,3%. Questa debolezza si è manifestata soprattutto negli ultimi 2 anni (2007 e 2008) dove l'incremento delle retribuzioni è stato dello 0,7% a fronte di una crescita inflattiva del 3,3%. Si tratta di un dato dovuto anche alla già presente crisi economica, nella quale vengono penalizzate, fino addirittura a scendere in molti casi in valore assoluto, la parte individuale o legata ai premi della retribuzione. La difficoltà a mantenere il passo con l'inflazione si fa sentire di più sulle retribuzioni più basse, mentre quelle più alte riescono a difendersi molto meglio.
«Per il sindacato emergono 3 importanti linee di impegno - ha sottolineato ancora Petteni -. Innanzitutto lanciare in Lombardia in vista dell'uscita dalla crisi una contrattazione che meglio redistribuisca al lavoro i benefici della produttività. Quindi premiare la professionalità dei lavoratori con nuove forme di accordi e sostenere i redditi dei lavoratori meno qualificati che più hanno perso con una forte manovra fiscale in loro favore».
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