23 agosto 2025
Aggiornato 13:00
Oltre l’80% dei nuovi posti di lavoro sono creati dalle microimprese

Studi di settore: microimprese a rischio

Le microimprese (pari a 4.117.500 unità con 7.918.200 addetti), secondo Giuseppe Bortolussi della CGIA di Mestre, sono a rischio chiusura se non si modificheranno gli studi di settore

«Sono circa il 95% del totale delle imprese presenti nel nostro Paese e hanno garantito – dichiara Giuseppe Bortolussi della CGIA di Mestre - oltre l’80% dei nuovi posti di lavoro che si sono creati quest’anno in Italia. Sto parlando delle microimprese, quelle aziende con meno di 10 addetti, il vero motore della nostra economia che rischiano, però, a fronte di questa grossa crisi economica, di subire un deciso ridimensionamento se non si modificheranno gli studi di settore».

E i dati presentati dalla CGIA di Mestre confermano l’importanza di questo mondo produttivo e dei servizi fatto di piccole attività artigianali, commerciali, di pubblici esercizi e del mondo delle libere professioni. Si pensi che nelle micro imprese con meno di 10 addetti si concentra circa il 95% delle imprese italiane (pari ad un valore assoluto di 4.117.500 unità), il 47,7% degli addetti totali (pari a 7.918.200 lavoratori) , il 29% del fatturato e quasi il 34% del valore aggiunto nazionale.

«Nel 2008 – prosegue Bortolussi – secondo una nostra elaborazione su dati Unioncamere/Ministero del Lavoro, a fronte di 110.000 mila nuovi posti di lavoro che si sono creati, ben 89.570 sono stati garantiti dalle aziende da 1 a 9 addetti (pari al 81,4% del totale). E il Sud è la macro area territoriale dove l’incidenza è più alta: addirittura il 97,7% del totale».

Per questo, sostengono dalla CGIA, bisogna intervenire sugli studi di settore che, alla luce della crisi che si è aggravata pesantemente negli ultimi mesi, costringeranno queste microimpresa a pagare anche quello che non hanno guadagnato. «Pertanto – conclude Bortolussi - occorre che il Governo intervenga subito e li modifichi per renderli più rispondenti alla realtà. Altrimenti, costringeranno centinaia e centinaia di migliaia di imprese a ricorrere a tagli occupazionali, se non addirittura a vere e proprie chiusure, per far fronte sia all’aumento delle tasse sia al forte calo della domanda, attualmente molto sentita soprattutto al Sud».