3 maggio 2024
Aggiornato 08:00
Mangiar fuori

Alla Prosciutteria San Daniele di Biella

Un locale pregno di storie di cucina e di persone, spesso controverse; un ristorante emozionante per il suo passato, ma che sta di nuovo trovando una maniera adeguata per attrarre un vasto pubblico

BIELLA - Come si dice in questi casi? Ah! Se questi muri potessero parlare. Ne avrebbero da raccontare. Ma anche a chi ha vissuto a lungo da queste parti, e mai si è negato il piacere di frequentare questo luogo, andrebbe concesso un breve amarcord, non tanto lungo, ma almeno un piccolo tempo per ricordare due insegne, quelle che finirono anche nella selezione annuale degli ispettori Michelin, e cioè quando questo ristorante si chiamava «Il Ceppo», agli esordi del mitico chef lungamente stellato Angelo Antonio Angiulli, e poi Le Premier Cru, quel folle giocattolo pieno di vini straordinari e gourmandise goduriose creato dal mai abbastanza rimpianto Pietro Mina, si proprio lui. «il Pier».

PROSCIUTTERIA - Già da qualche anno il locale di Via Repubblica 46 si è così originalmente autodefinito, ma è assai recente la gestione che attualmente si occupa del folto pubblico che mai ha smesso di affollarlo. Federico al comando, Giulia alla comunicazione, Daniele ai fornelli, Pedro all'affettatrice, Melissa in sala.

PROSCIUTTO PROSCIUTTO - Come nel film di Bigas Luna, jamon jamon, anche qui di dubbi ne sorgono pochi sul tema che sarà svolto, nel senso che già alla prima occhiata dopo aver varcato l'ingresso, saranno alcuni prosciutti appesi al soffitto ad indicare la strada, con l'ausilio di una lavagna che indica anche i piatti del giorno, a sottolineare la positiva dicotomia del locale.

IL LOCALE - Ovvio, i muri non si possono spostare, ed è quindi apprezzabile che la zona antistante il bagno sia stata dissimulata con un pratico banco bar, sacrificando un paio di tavoli francamente non indispensabili, tanto è lo spazio che è disponibile -oltre alla saletta centrale e quella con il caminetto- nell'ampia cantina, che si suddivide in due situazioni caratterizzate dalle volte a botte e i mattoni a vista, ambienti conviviali illuminati con discrezione e arredati nella moderna concezione di bistrot.

LA CUCINA - La connotazione e l'identificazione del ristorante è ormai consolidata, e sarebbe quindi poco saggio cambiarla all'improvviso, levando così certezze al cliente abituale, che così bene si trova tra le decine di taglieri diversamente assortiti, e che nei primi piatti, di solida costruzione, trova confortanti certezze da addentare con piacere. Primi piatti cremosi ed appaganti, che siano a base di pasta o di riso, e dove -giustamente- il prosciutto continua ad essere presente, anche in forme diverse, come è il caso del tagliolino 21, quello che era e rimane il «signature dish» del locale, e a giusta ragione, perché molto buono. Le carni non mollano un goccio di sangue, così come si ama da queste parti.

BREVI E CORTESI - Rapidi ed efficaci, lesti a portare il piatto al tavolo quanto lo chef a  metterli a loro disposizione al pass. Pedro si alterna -con estro- tra il taglio all'affettatrice e il servizio in sala, servizio per altro gestito al meglio da una volteggiante farfalla di nome Melissa, che in natura è un erba aromatica dai sentori agrumati e mentolati, quindi dalla personalità complessa e non facile da svelare.