6 maggio 2024
Aggiornato 20:00
Rassegna stampa

“Più poveri dell’Italia?”. Inghilterra sotto choc

I registratori di cassa tintinnano, i denari passano di mano, tutti si affrettano perché Natale è ormai alle porte. I negozianti trattengono il respiro: siamo all’ultimo weekend di acquisti, la prova del nove. Ma c’è poco da stare allegri

I registratori di cassa tintinnano, i denari passano di mano, tutti si affrettano perché Natale è ormai alle porte. I negozianti trattengono il respiro: siamo all’ultimo weekend di acquisti, la prova del nove. Ma c’è poco da stare allegri.
La grande crisi, in Gran Bretagna, è calata come un maglio. Oltre mezzo milione di piccole e medie imprese lasceranno i dipendenti in vacanza per più di tre settimane. Non c’è lavoro. Inutile spendere soldi in riscaldamento. Ecco allora che i britannici si trovano davanti a loro il «Christmas Break» più lungo da 16 anni a questa parte. E si scoprono molto, molto più poveri di quanto credessero. «Mamma mia (in italiano), la crisi ci ha reso più poveri degli italiani?» titolava ieri un provocatorio Guardian. Col timore che la risposta presto potrebbe essere sì.

L’incubo di ogni inglese che si rispetti si è materializzato: la parità tra euro e sterlina. Un crollo vertiginoso, strabiliante. Che dal primo di ottobre a oggi ha polverizzato il potere d’acquisto dei britannici di circa il 20%.
Non che sul fronte del dollaro le cose vadano meglio: nello stesso arco di tempo la sterlina è passata da 1,85 a 1,49.
Risultato? I britannici hanno riannodato il filo delle tradizioni. L’Europa è oggi un po’ più lontana, nonostante il collegamento Eurostar, e le ex colonie - Estremo oriente e Sud Africa in testa - sono tornate a essere meta privilegiata di vacanza.
E pure la madrepatria, benché un po’ piovosa, non è poi così male. La Baa, il maggior operatore aeroportuale britannico, prevede un calo del traffico del 4,5%. Traduzione: 373 mila britannici quest’anno non prenderanno l’aereo.

Anche il mercato interno segna il passo. «Le strade saranno molto più tranquille questo Natale perché oltre un terzo delle persone ha deciso di tagliare i viaggi a lunga percorrenza per risparmiare quattrini», ha detto al Guardian Edmund King, presidente della Aa, il corrispettivo britannico dell’Aci. Stessa storia per le ferrovie: meno un milione di viaggiatori.
La gente, insomma, si prepara, perché del domani non v’è certezza. La crisi nel 2009 promette di picchiare ancora più duro e tracimare definitivamente nell’economia reale.

La Jaguar Land Rover, fiore all’occhiello dell’industria automobilistica britannica, acquistata recentemente dal colosso indiano Tata, ha chiesto al governo un prestito da un miliardo di sterline. Le linee di credito bancarie si sono infatti prosciugate, e il prestito ponte pare essere l’unico modo per proteggere i 15 mila dipendenti del polo industriale sito nel West Midlands. Secondo l’Independent l’intesa sarà raggiunta entro Natale. E proprio il settore bancario è il tallone d’Achille della Gran Bretagna di Gordon Brown - un Paese che dista anni luce dalla cool Britannia di Tony Blair.
John Varley, boss di Barclays, ha messo giusto ieri in guardia governo e cittadini: «La fetta di credito disponibile si sta riducendo. È un processo doloroso. Vedremo una ripresa del settore finanziario solo quando i prezzi degli asset si saranno stabilizzati. E ci vorranno altri 18 mesi».

Ancora un anno e mezzo di passione, dunque. Nel 2009, allora, potrebbe succedere di tutto. La Banca d’Inghilterra, stando ad alcune previsioni, potrebbe portare i tassi d’interesse a zero. E avrà esaurito a quel punto tutte le sue cartucce.
La sterlina, di conseguenza, potrebbe persino scendere al di sotto dell’euro. Gordon Brown, che ha definito gli interventi a sostegno della valuta «una cosa del passato», si concentrerà sulla spesa e su interventi di stimolo fiscale. «Le nazioni che nel 2009 spenderanno» ha detto il premier durante la sua conferenza stampa di fine mese «saranno quelle che usciranno più forti dalla crisi».

I numeri, d’altra parte, fanno sudare freddo. La Cbi - la Confindustria britannica - ha rivisto in peggio le previsioni effettuate il settembre passato: ora si aspetta una contrazione dell’economia dell’1,7%. La disoccupazione, invece, salirà al 9% entro il 2010: tre milioni di persone fuori dal mercato del lavoro.
Raccontare la crisi di un Paese che ha vinto due guerre mondiali e si è sorbito la cura da cavallo di Margaret Thatcher è però ardua impresa: le contraddizioni impazzano. Marchi a prova di saldi come Burberry e Mulberry hanno dovuto mettere da parte reputazione e orgoglio e tagliare i prezzi già prima di Natale. Le strade dello shopping londinese traboccano di gente e i turisti europei armati di super-euro fanno affari senza precedenti.

E se il crollo dei prezzi degli immobili - meno 15-25% - funesta i sonni di milioni di proprietari, l’afflusso di capitali stranieri si prevede il prossimo anno più che copioso: «Passerà del tempo prima che si rivedano questi prezzi», ha detto Ed Mead, direttore di Douglas&Gordon. Londra, d’altra parte, non è la Gran Bretagna. «Guardati intorno», diceva ieri un banchiere alle prese con il suo champagne durante la festa d'ufficio di fine anno, «le cose non vanno bene. Ma questo posto è a prova di recessione». Se lo augura anche Gordon Brown.

fonte Mattia B. Bagnoli - La Stampa