20 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Mangiare fuori

Il trionfo del quinto quarto al Testaccio, da Checchino dal 1887

Tra i più autorevoli protagonisti della cucina tradizionale della Capitale, i fratelli Mariani testimoniano l'intramontabile modernità della cucina a base di frattaglie, ma non solo ...

ROMA - Giusto davanti allo storico mattatoio del Testaccio, da Checchino 1887 si perpetua con successo l'inossidabile cucina tipica romana insieme alle specialità collegate storicamente alle abitudini del quartiere, dove si consumavano le frattaglie, ovviamente freschissime,mentre si rivendevano i tagli più pregiati, riservandoli ai consumatori legati alla borghesia. L’altra verità - perché mai ce n’è una sola - individuerebbe la definizione di «quinto quarto» nell’abitudine commerciale di un tempo, di attribuire il valore di tutte le frattaglie in uno scomodo e odorante blocco unico, venduto sporco (e probabilmente in nero) al medesimo prezzo pulito di un quarto nobile. Come fosse un quarto di nobiltà riservato in passato alle classi più popolari. Le contraddizioni potrebbero rincorrersi all’infinito, così come le possibilità di impiego delle parti meno nobili sulle tavole nobilitate dall’alta cucina dei migliori interpreti di oggi. Fortune e decadenza, in un continuo cambio di prospettive e punti di vista sull’argomento, molto più vasto di quanto possiamo immaginare al primo impulso, che regione per regione, nazione per nazione, invita a pensare alla ricetta più tradizionale identificabile con il proprio territorio.

IL QUINTO QUARTO A ROMA - Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo, Locali Storici d'Italia e tutto quanto si può aggiungere a Checchino dal 1887, informandosi più specificatamente, volendo leggere le recensioni più affidabili e autorevoli che appaiono annualmente sulle più note guide gastronomiche, quelle che indicano l'indirizzo di questo antico e fascinoso locale come riferimento assoluto sul tema. Dal menù: l'insalata di zampi, e cioè nervetti di vitella bolliti e serviti in una sgrassante insalata di verdure e legumi conditi con salsa verde. Fagioli con le cotiche, prima degli immancabili rigatoni con la pajata, così come i bucatini alla gricia, (si tratta dell'amatriciana in bianco ... per chi non fosse romano); per poi calarsi nel piatto simbolo della cucina del quinto quarto romano, la coda alla vaccinara, seguita da un assaggio di trippa alla romana, concludendo la parte salata del menù con una salutare cicoria amara di campo saltata in padella con aglio olio e peperoncino.

AL PASSO CON I TEMPI - Sembra contraddittorio a questo punto far notare che tra i vari menù degustazione ce ne sia uno vegetariano, ma a ben leggere i nomi dei piatti nulla di punitivo è stato immaginato per avvilire i clienti, perché le penne all'arrabbiata sono un piatto assolutamente vegetariano, così come la "cacio e pepe", o la pasta e ceci profumata al rosmarino. Inoltre un intero comparto della carta del ristorante è dedicata a quelli che vengono definiti umilmente «contorni di stagione», ma che in realtà sono grandi piatti della tradizione degli orti e delle campagne, quali i carciofi alla romana, i broccoletti all'aglio olio e peperoncino, oppure l'insalata di puntarelle ... per un spesa, che in base all'appetito può andare dai 50 ai 75 euro.

LA CANTINA - Molto bella, sufficientemente assortita per far fronte ad una cucina così impegnativa, anche se non più esagerata come negli anni '90, quando il ristorante poteva anche vantare una stella Michelin, e dove diverse grandi etichette francesi affiancavano i grandi cru italiani, sortendo uno strano effetto di abbinamento tra vini presumibilmente molto raffinati che andavano ad affrontare piatti che pescano le loro origini nei gusti più popolari di un'epoca -per fortuna- mai andata in archivio.