I 50 anni di Zidane: «Non sono orgoglioso della testata a Materazzi, anḍ coś»
Zizou, per i suoi 50 anni, ha concesso una maxi-intervista al quotidiano francese L'Equipe. In 18 pagine racconta la sua voglia di allenare, la Nazionale francese, lo storico scontro con l'ex difensore azzurro, questi sono alcuni dei temi trattati

«Spero un giorno di diventare Ct della Francia. Il quando non dipende da me, ma voglio chiudere il cerchio con la Nazionale. Oggi c'è una squadra, con un allenatore e i suoi obiettivi. Ma se si presenta l'occasione, allora ci sarò». E' il regalo che Zinedine Zidane vorrebbe fare a se stesso nel giorno dei suoi 50 anni celebrati con una intervista su L'Equipe.
«Sono un tipo istintivo, non mi piacciono le cose fisse dicendo che domani farò questo o quello. Ad esempio ero un allenatore ma non volevo farlo tutto il tempo, quindi ho detto basta. E riprenderò quando mi sentirò di nuovo pronto. Voglio comunque continuare ad allenare e poi far parte di un progetto in cui io stesso sono il leader, come il presidente di un club o il leader di un'azienda. Spero un giorno di diventare Ct della Francia. Il quando non dipende da me, ma voglio chiudere il cerchio con la Nazionale. Oggi c'è una squadra, con un allenatore e i suoi obiettivi. Ma se si presenta l'occasione, allora ci sarò».
«PSG? Mai dire mai»
15 trofei di squadra vinti in campo, altri 11 messi in bacheca nelle vesti di mister. Pallone d'oro nel 1998, da marsigliese, non avrebbe problemi neanche ad allenare il Psg: «Mai dire mai. Quando sei un allenatore non ci sono cinquanta club dove puoi andare, solo due o tre possibilità. Se vado in un club è per vincere, ecco perché non posso andare in qualunque squadra. E poi ci sono altri motivi, come la lingua. Quando mi dicono: «Vuoi andare a Manchester?»... capisco l'inglese ma non lo padroneggio completamente. So che ci sono allenatori che vanno nei club senza parlare la lingua, ma io lavoro in modo diverso».
«1999-2000 la mia stagione miglire»
Capitolo trofei: «Se il 1998 è stato l'anno migliore della mia carriera da giocatore? I primi sei mesi fino alla finale, non gli ultimi sei. Dopo la Coppa del Mondo, sono stato catastrofico! I miei amici mi dicevano che alla Juve era tornato il cugino del vero Zidane, ma quando vinci un grande titolo come il Mondiale tendi a rallentare e rilassarti. Dopo gennaio ho ricominciato e mi sono ripreso definitivamente per la stagione 1999-2000, con l’apoteosi della vittoria dell'Europeo. Il 1998 è stato il mio anno, ma penso che il 1999-2000 sia stata la mia stagione migliore. Non solo per me. Per tutta la nostra generazione francese».
Gli anni del Real Madrid
Degli anni al Real Zidane ricorda:: «Eravamo insieme al presidente Florentino Perez a un grande tavolo a Monaco per una cena di gala - dice -. Non eravamo uno accanto all'altro, ero stato invitato a ricevere un premio. Lì mi porge un tovagliolo con su scritto: «Vuoi venire?» E io gli ho risposto: «Yes». Mi chiedo ancora perché gli ho risposto in inglese ! Avrei potuto mettere «oui», visto che parla francese, o «si» in spagnolo, ma ho messo «yes"? È andata così».
Con i Blancos arriva la Champions, decisa dalla sua magnifica prodezza al volo, in finale contro il Bayer Leverkusen: «Non so se è stato il gol più bello della mia carriera, certamente uno dei più importanti. Mi serviva per vincere la mia prima Champions League. Avevo già perso tre finali europee, la quarta non potevo lasciarla scivolare via. Vincerla da giocatore e da allenatore è diverso, ma è tutto meraviglioso. Non è mai fortuna: è lavoro. Da mister ho lavorato come un matto, abbiamo lavorato tantissimo e i miei giocatori hanno creduto in me. Da giocatore dopo l'allenamento del mattino te ne vai a casa e finisce lì, da allenatore pensi sempre al campo. Io quando faccio qualcosa è per vincere, altrimenti non lo faccio. Non sempre ci riusciamo, ma faccio di tutto per questo. Quando vinco non mi stupisco perché ho dato tutto. Ho lavorato. E quando lavori hai diritto ad essere premiato. La Champions più bella? Forse quella contro la Juventus... non l'avevo mai vinta con loro da giocatore».
La testata «mondiale»
Zidane, infine, ripercorre la sua ultima partita della carriera da giocatore: la finale del Mondiale persa contro l'Italia, dal gol iniziale all'espulsione: «Scelsi di fare il rigore a cucchiaio per sorprendere Buffon - spiega Zizou -, ma non fu una mancanza di rispetto. L'obiettivo era solo segnare. A parte quello non fu la nostra partita migliore, soprattutto a livello personale. Successero tante cose, dalla rete al colpo di testa su cui Buffon evitò il possibile 2-1. La testata a Materazzi? Quei giornali mia sorella mi chiamava spesso perché mia madre non stava bene e io ero preoccupato. Lui iniziò a insultare mia sorella e scatenò qualcosa in me. Non sono orgoglioso, ma fa parte del mio viaggio. A quel tempo ero più fragile. È calato così il sipario con la Nazionale, per questo dico che la mia esperienza con la Francia non è finita, non voglio che finisca così».