20 aprile 2024
Aggiornato 07:30
Lavorare dopo il cancro

Si ammala di tumore e la cacciano dal posto di lavoro. Scoppia la polemica

Dopo 33 anni di lavoro viene licenziata da un’istituzione a carattere religioso, a causa di una diagnosi di cancro.

53enne licenziata al Piccolo Cottolengo dopo una diagnosi di cancro
53enne licenziata al Piccolo Cottolengo dopo una diagnosi di cancro Foto: Chombosan | Shutterstock Shutterstock

MILANO - Una polemica senz’altro prevedibile quella accaduta recentemente a una donna che si è vista arrivare una lettera di licenziamento dopo aver avvisato l’azienda di essere affetta da una delle malattie più temibili del genere umano: il cancro. È importante sottolineare che la paziente era stata considerata idonea al lavoro, seppur poteva esserci qualche piccola limitazione. Ecco tutti i dettagli della vicenda.

33 anni di attività
Quando lavoro per oltre trent’anni nella stessa azienda ti sembra quasi di avere un’altra famiglia. Ma mai ci si aspetterebbe di essere licenziata a causa di una malattia grave. L’Ats – l’Agenzia di tutela della salute – l’aveva giudicata idonea al lavoro che ha svolto per gran parte della sua vita. Tuttavia vi erano alcune limitazioni, seppure non significative. Nonostante ciò, sembra essere stata licenziata in tronco. Per quale motivo?

Piccolo Cottolengo
La donna lavorava in una delle strutture storiche della città di Milano: il Piccolo Cottolengo Don Orione. Si tratta di un’istituzione religiosa che prevede l’assistenza continua per anziani bisognosi. Lei, praticamente da sempre, si occupava della cura e della pulizia delle persone che soggiornavano nella clinica.

La denuncia
Quando la donna si è vista arrivare la lettera di licenziamento, dopo un probabile stupore e rabbia iniziale, ha deciso di fare una denuncia al Sindacato generale di base (Sgb). Sarà proprio quest’ultimo ad assistere la donna nella causa legale per ottenere una reintegrazione nel posto di lavoro.

Lavoro e malattia
La donna, di 53 anni, ha ricevuto una diagnosi di cancro già cinque anni fa. Prima di allora aveva sempre svolto con il massimo dell’impegno il lavoro socio-assistenziale (Asa) presso il Piccolo Cottoloengo. Lavorava per ben 36 ore a settimana percependo uno stipendio di 1.100 euro. Nonostante ciò è riuscita a mantenere un figlio studente.

La lettera di licenziamento
Nella lettera di licenziamento si legge, inaspettatamente, che «si rileva che la Provincia [l’ente religioso] ha esperito il tentativo di ricollocarla in mansioni differenti, equivalenti o finanche inferiori a quelle attuali compatibili con il suo stato di salute, appurando tuttavia l'insussistenza di posizioni alternative disponibili, sia presso la struttura di Milano, sia presso le altri sedi della Provincia». La presente lettera è stata firmata dal direttore generale don Pierluigi Ondei.

Le limitazioni
E’ importante sottolineare che la malattia non le impediva di lavorare totalmente e che le limitazioni imposte erano davvero minime: «pur non potendo sollevare pesi superiori ai cinque chili può tranquillamente proseguire a distribuire pasti e pulire i pazienti più autonomi o fare anche altre attività», si legge sul sito dell’ANSA. «Altri dipendenti nelle mie condizioni sono stati ricollocati in lavori analoghi e non vedo perché questo non debba essere fatto per me – spiega la donna. «Dopo 33 anni di dedizione al lavoro vengo messa alla porta da un'istituzione che si dice religiosa», conclude.