19 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Salute in Italia

Osservasalute: si muore meno per tumori e malattie croniche, ma solo dove la prevenzione funziona

Presentato a Roma il Rapporto Osservasalute con tutti i numeri sulla salute degli italiani. Molte le sorprese

In Italia si vive di più
In Italia si vive di più Foto: docent | shutterstock.com Shutterstock

ROMA – In Italia si muore meno sì, ma solo laddove la prevenzione funziona. E’ infatti qui che la salute degli italiani è più al sicuro, con meno morti per tumori e malattie croniche come il diabete e l'ipertensione (diminuiti del 20% in 12 anni i tassi di mortalità precoce per queste cause). Questo quanto emerge dal Rapporto Osservasalute 2017.

Timidi segnali
Secondo il rapporto, gli italiani cominciano timidamente a occuparsi in maniera più proattiva della propria salute, tendono a fare più sport (nel 2016 il 34,8% della popolazione, pari a circa 20 milioni e 485 mila. Nel 2015 erano il 33,3%, pari a circa 19 milioni e 600 mila), ma scontano ancora tanti problemi, in primis quelli con la bilancia (nel periodo 2001-2016 è aumentata la percentuale delle persone in sovrappeso - 33,9% contro 36,2%; soprattutto è aumentata la quota degli obesi - 8,5% contro 10,4%), poi anche il vizio del fumo che almeno dal 2014 resta in Italia praticamente stabile (al 2016 si stima fumi il 19,8% della popolazione over-14 anni). Anche sul fronte dei consumi di alcolici il dato sembra assumere contorni a tinte fosche: si assiste a una lenta, ma inarrestabile diminuzione dei non consumatori (astemi e astinenti negli ultimi 12 mesi), pari al 34,4% (nel 2014 era il 35,6%, nel 2015 34,8%) degli individui di età >11 anni.

Il Rapporto
Il Rapporto Osservasalute 2017 – Stato di salute e qualità dell’assistenza nelle Regioni italiane, presentato a Roma, è curato dall’Osservatorio Nazionale sulla salute nelle regioni italiane. Un l’appuntamento fisso che fornisce annualmente i risultati del check-up della devolution in sanità, corredando dati e indicatori con un’analisi critica sullo stato di salute degli italiani e sulla qualità dell’assistenza sanitaria a livello regionale.

Sempre meno morti
Il Servizio Sanitario Nazionale sembra aver almeno marginalmente migliorato le proprie performance, come dimostrato per esempio dal fatto che - per quanto in aumento - le malattie croniche fanno sempre meno morti. Infatti, in Italia si verificano meno decessi in età precoce, cioè tra i 30-69 anni (la causa principe della mortalità prematura sono le malattie croniche: tumori maligni, diabete mellito, malattie cardiovascolari e malattie respiratorie croniche): il tasso di mortalità precoce è diminuito di circa il 20% negli ultimi 12 anni, passando da un valore di circa 290 a circa 230 per 10.000 persone. Pertanto, il Servizio Sanitario Nazionale è riuscito a incidere sulla mortalità evitabile, grazie alla corretta gestione di queste serie patologie. E non è tutto. L'efficacia delle cure e della prevenzione delle neoplasie è andata sicuramente migliorando. In particolare, per la prevenzione, ottimi risultati sono conseguiti grazie alla diminuzione dei fumatori tra gli uomini e all'aumento della copertura degli screening preventivi (per esempio il pap test periodico e la mammografia) tra le donne. Lo dimostra la diminuzione dei nuovi casi di tumori al polmone tra i maschi (diminuiti del 2,7% l'anno dal 2005 al 2015) e della cervice uterina tra le donne (-4,1% annuo). È aumentata di 5,7 punti percentuali anche la sopravvivenza a 5 anni per il tumore al polmone e 2,4 punti per il carcinoma del collo dell'utero.

E i dati negativi
Al contrario, risultati negativi si riscontrano per il tumore polmonare tra le donne, tra le quali i nuovi casi sono in sensibile aumento (+1,6% tra il 2005 e il 2015); questo perché storicamente le donne in Italia hanno iniziato a fumare più tardi che in altri Paesi europei e quindi ancora si scontano le conseguenze dell'insalubre comportamento. Anche per questo tipo di tumore l'efficacia delle cure ha garantito un aumento della sopravvivenza a 5 anni di 5,6 punti percentuali (da 18,2% al 23,8%).

Ancora troppe ombre
Nonostante tutto ciò, ci sono ancora troppe ombre che aleggiano su salute degli italiani e sostenibilità del SSN. Sul fronte della salute gli italiani sono sempre più anziani e tra questi (in particolare tra gli over-75) aumentano quelli con limitazioni fisiche, che non sono in grado di svolgere da soli attività quotidiane semplici come telefonare o preparare i pasti (+4,6% tra 2015 e 2016 negli over-75 che riferiscono qualche limitazione nelle attività - Dati Eurostat). Per esempio, tra gli ultra-sessantacinquenni l'11,2% ha molta difficoltà o non è in grado di svolgere le attività quotidiane di cura della persona senza ricevere alcun aiuto, quali mangiare da soli anche tagliando il cibo, sdraiarsi e alzarsi dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia. In Danimarca sono il 3,1% - valore più basso in Europa - in Svezia il 4,1% degli ultrasessantacinquenni, in Belgio - valore max in Europa - il 16,7%; la media UE-28 è più bassa rispetto al dato italiano ed è pari all'8,8% degli anziani over-65. Aumentano del 12,1% dal 2012 al 2016 le malattie croniche e la compresenza in un paziente di più di una di queste malattie - la prevalenza di pazienti con multicronicità risulta in crescita dal 2012 (22,4%) al 2016 (25,1%) -. Tale prevalenza è più elevata nel genere femminile rispetto a quello maschile in tutti gli anni considerati e, nel 2016, è pari al 28,7% tra le donne e al 21,3% tra gli uomini.

Il confronto con gli altri Paesi
Se confrontiamo l'Italia con altre realtà europee non sempre il nostro Paese ne esce con un quadro rassicurante. Perché in Italia si vive più a lungo ma meno in salute. L'Italia secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2015 si colloca al secondo posto dopo la Svezia per la più elevata speranza di vita alla nascita per gli uomini (80,3 anni) e al terzo posto dopo Francia e Spagna per le donne (84,9 anni), a fronte di una media dei Paesi dell'Unione Europea (UE) di 77,9 anni per gli uomini e di 83,3 anni per le donne. Anche rispetto agli anni di vita attesa all'età di 65 anni gli uomini e le donne italiane vivono in media un anno in più del valore medio europeo (rispettivamente, 18,9 anni vs 17,9 e 22,2 anni vs 21,2 anni). Tuttavia, se si esamina la speranza di vita senza limitazioni, dovuta a problemi di salute, la situazione cambia: ad eccezione della Svezia, gli altri Paesi ai primi posti della graduatoria per speranza di vita alla nascita degli uomini, come Spagna e Italia, scendono, rispettivamente, al 7° e 11° posto; per le donne, Francia e Spagna scendono al 6° e 8° posto, mentre l'Italia va nella 15a posizione, quindi anche al di sotto della media dell'UE. E ancora, va rilevata la maggiore prevalenza di artrosi, che caratterizza gli anziani italiani rispetto a quelli degli altri Paesi europei (46,6% delle persone che riferiscono una condizione di artrosi, uno dei più alti valori in Europa subito sotto Portogallo e Ungheria, rispettivamente 47,2% e 52,0%, contro i valori più bassi della Gran Bretagna, 6,1% e dell'Estonia, 8,2%), e il loro basso livello di attività fisica.

Ancora troppi antibiotici
Quanto alle buone pratiche sanitarie va rilevato come in Italia si consumino ancora più antibiotici rispetto al resto d'Europa: nel 2015, nell'UE, il consumo medio di antibiotici per uso sistemico nella popolazione, escludendo gli ospedali, è stato di 22,4 DDD per 1.000 abitanti. L'Italia, con 27,5 DDD/1.000 ab die, è tra i Paesi con il consumo più alto di antibiotici, 6o posto nella graduatoria. Sul fronte della sostenibilità del servizio sanitario va rilevato in primis che il decennio appena trascorso ha confermato una situazione da tempo nota e tollerata: il profondo divario fra Nord e Meridione sia nelle dimensioni della performance indagate che nella qualità della spesa pubblica e, nello specifico, di quella sanitaria; poi che la spesa out of pocket (sostenuta privatamente dai cittadini) è aumentata in maniera disuguale nel Paese (in particolare è cresciuta dell'8,3% nel periodo 2012-2016). L'aumento è stato elevato nelle regioni del Nord, nel Centro i valori di tale spesa sono stati costanti, mentre sono diminuiti nelle regioni meridionali.