28 marzo 2024
Aggiornato 20:00
Resistenza agli antibiotici

Anche infezione banale può essere pericolosa. L'avvertimento degli infettivologi

L'antibiotico-resistenza va combattuta su più fronti e anche una persona che non ha mai assunto antibiotici può sviluppare resistenza

Antibiotici
Antibiotici Foto: Shutterstock

ROMA – I batteri resistenti e il rischio di non riuscire a curare un'infezione possono verificarsi anche in coloro che non hanno mai assunto antibiotici, per cui anche una banale infezione piò divenire pericolosa. Questo l'avvertimento degli infettivologi. «Anche una persona che non ha mai preso antibiotici corre il rischio di avere un'infezione da batteri resistenti, soprattutto se si trova in ospedale o nelle altre strutture di assistenza sanitaria», dichiara infatti Marco Tinelli, Membro del Consiglio Direttivo della SIMIT Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, a proposito dei dati pubblicati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che hanno evidenziato come 500mila persone abbiano contratto infezioni causate da batteri che hanno sviluppato una antibiotico resistenza.

Il rischio in ospedale
«««Il problema rilanciato dall'OMS, da tempo posto sia a livello ospedaliero che comunitario o meglio nella cosiddetta 'continuità assistenziale' – sottolinea Tinelli – pone l'attenzione sul fatto che attualmente qualunque tipo di infezione dalle più banali come semplici infezioni cutanee o urinarie, a infezioni gravi quali polmoniti e sepsi, possono essere causate da batteri antibiotico-resistenti. Sembra un paradosso, ma anche una persona che non ha mai preso antibiotici corre il rischio di avere un'infezione da batteri resistenti, soprattutto se si trova in ospedale o nelle altre strutture di assistenza sanitaria».

Batteri senza frontiere
«I batteri non conoscono frontiere – ricorda l'esperto – e le stesse resistenze che si trovano in Europa o negli Stati Uniti si possono evidenziare in villaggi sperduti in Africa e in America Latina come anche il report dell'OMS dimostra chiaramente. La diffusione dei batteri è dovuta a diversi fattori: primo fra tutti la scarsa tendenza a lavarsi frequentemente le mani (particolarmente rilevante in Italia dove l'uso delle soluzioni alcoliche usate come detergenti risulta essere tra i più bassi nella Unione Europea secondo un report dell'ECDC); la non oculata e inappropriata gestione degli antibiotici che può arrivare a vari livelli fino al 50% (abuso, sotto-utilizzo o inutile assunzione) sia in ospedale che nel territorio; gli animali da allevamento (le deiezioni degli animali contengono batteri ad alta resistenza che si diffondono nei terreni circostanti gli allevamenti stessi, nelle acque di scolo e quindi nei fiumi e laghi); il trasferimento genico delle resistenze da un battere all'altro e per l'esagerato turn-over dei pazienti nelle strutture sanitarie (ospedali, RSA)».

Anche in Italia siamo a rischio
«Anche in Italia, come anche segnalato dall'OMS nei Paesi oggetto dell'indagine, si riscontrano batteri altamente resistenti agli antibiotici e che possono provocare elevati rischi di infezioni specie in pazienti immuno-compromessi e anche anziani. Recentemente (novembre 2017) – ricorda ancora la Simit – è stato approvato dal Governo il Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico-resistenza (PNCAR) che ha come obiettivo quello di affrontare e contrastare in maniera efficacie un problema che, proprio perché coinvolgendo diversi ambiti (umano, animale, ambientale), necessita di un approccio inter-settoriale, definito 'One Health'. Questo - rilevano gli infettivologi - dovrebbe essere in grado di attuare un coordinamento sia centrale che a livello di tutte le Regioni Italiane, mediante azioni ed interventi operativi».