8 maggio 2024
Aggiornato 16:00
Inibitori di pompa protonica e cancro

Farmaci antiacido e contro il reflusso: si rischia il cancro allo stomaco

Un nuovo studio osservazione evidenzia come l’uso prolungato di farmaci antiacido utilizzati contro il reflusso può raddoppiare il rischio di contrarre un cancro allo stomaco

Inibitori di pompa protonica e cancro
Inibitori di pompa protonica e cancro Foto: Shutterstock

Se esiste una delle malattie più temute dall’essere umano, quella è proprio il cancro. Il timore non è solo causato dalla paura di morire, ma dall’estrema sofferenza che si prova con le cure che oggigiorno abbiamo a disposizione. Se fra qualche anno la chemioterapia verrà sostituita con farmaci meno devastanti, forse la gente sarà disposta a pagare oro pur di guarire. Ora – secondo un sondaggio effettuato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) - il 68% degli italiani ha il terrore della chemioterapia. Proprio per questo motivo è essenziale fare di tutto per prevenire questa patologia. Tra i vari fattori di rischio più comuni, un recente studio ha evidenziato quello dell’utilizzo di farmaci antiacido e antireflusso che aumenterebbero le probabilità di contrarre un cancro allo stomaco.

Attenzione agli inibitori di pompa protonica
Secondo uno studio realizzato grazie alla collaborazione dei ricercatori dell’University College di Londra e dell’Università di Hong Kong, l’utilizzo prolungato degli inibitori di pompa protonica aumenterebbe 2,4 volte il rischio di ammalarsi di cancro gastrico. I risultati sono stati recentemente pubblicati su Gut – un rivista del BMJ – in base a dati ottenuti sull’esame osservazionale di un campione di ben 60mila adulti.

Uno dei farmaci più utilizzati
Il problema sembra essere abbastanza allarmante considerando che i farmaci contro il reflusso gastrico e antiacidi appartenenti alla classe degli inibitori della pompa protonica (PPI) sono tra quelli più utilizzati in Italia.

Un legame che già si conosceva
Ciò che è stato evidenziato in questo nuovo studio osservazionale si era già tempo ipotizzato. Uno studio del 2008, per esempio aveva mostrato come «complessivamente, i risultati sono coerenti con le osservazioni di Kuipers et al. I quali suggeriscono che l'uso di PPI era associato a un aumentato rischio di sviluppo della gastrite atrofica, il fattore di rischio primario riconosciuto per lo sviluppo di cancro gastrico».

Lo studio
Durante la ricerca gli scienziati hanno preso in esame oltre 63mila adulti di entrambi i sessi che avevano eseguito la terapia per l’Helicobacter Pylori. Durante lo studio, durato circa nove anni, 3.200 pazienti avevano assunto gli inibitori di pompa protonica per un minimo di tre anni. Gli altri assumevano, al contrario, altri tipi di farmaci: gli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina. Anche questi agiscono sulla secrezione gastrica alterandone il funzionamento cellulare.

I risultati
Dai risultati è emerso che 153 persone – durante lo studio -  si erano ammalate di cancro, ma non esisteva nessuno rischio nei pazienti che assumevano gli antagonisit H2. Al contrario, chi aveva utilizzato gli inibitori di pompa protonica aveva il doppio delle probabilità di ammalarsi: 2,4 volte in più per la precisione.

Qualche critica allo studio
Secondo gli esperti lo studio presenta alcune limitazioni. «Lo studio appena pubblicato è interessante ma ha diverse criticità. Per esempio la composizione del campione, tutto di origine asiatica, una popolazione che ha caratteristiche genetiche che favoriscono il tumore gastrico. Un’altra criticità è il registro in cui sono stati raccolti i dati, che aveva finalità differenti da quelle dello studio. Poi, sono stati esclusi i pazienti che non hanno risposto agli antibiotici. Anche il controllo utilizzato, cioè i pazienti trattati con anti-H2, pone problematiche di interpretazione. Inoltre il numero dei casi di cancro riscontrati è molto ridotto», ha dichiarato a La Repubblica Carmine Pinto ex direttore dell’oncologia medica presso il Clinical Cancer Center-IRCCS di Reggio Emilia.

Studi contrari
E’ importante evidenziare che vi sono anche studi che mostrano esattamente il meccanismo opposto: ovvero che gli inibitori della pompa protonica possono aiutare i pazienti affetti da cancro. «Poiché i tumori si sviluppano in un ambiente acido ed esprimono elevati livelli di pompe a protoni, ci possono essere vantaggi nell'utilizzare i PPI e gli inibitori del trasportatore di protoni (PTI) come un trattamento universale in tutte le forme di cancro con relativamente pochi effetti collaterali associati», si legge su uno studio condotto su animali da compagnia a cura della Scuola di Medicina Veterinaria e Scienza dell’Università di Nottingham. «I PPI sono stati anche associati a un aumento dell'attività della caspasi cellulare e all'accumulo precoce di specie reattive all’ossigeno all'interno della cellula, il che ha come conseguenza un aumento della percentuale di apoptosi. Questo effetto citotossico diretto è stato supportato da diversi studi che dimostrano che i PPI possono indurre l'apoptosi sia nei tumori ematopoietici che in quelli solidi».

Bibliografia scientifica
[1] Curr Gastroenterol Rep. Author manuscript; available in PMC 2010 Mar 15. Published in final edited form as: Curr Gastroenterol Rep. 2008 Dec; 10(6): 543–547. PMCID: PMC2838432 NIHMSID: NIHMS177931 Long Term Proton Pump Inhibitor Use and Gastrointestinal Cancer David Y. Graham, M.D. and Robert M. Genta, M.D.

[2] J Exp Clin Cancer Res. 2015; 34(1): 93. Published online 2015 Sep 4. doi:  10.1186/s13046-015-0204-z PMCID: PMC4559889 Proton pump inhibitors for the treatment of cancer in companion animals Megan Walsh, Stefano Fais, Enrico Pierluigi Spugnini, Salvador Harguindey, Tareq Abu Izneid, Licia Scacco, Paula Williams, Cinzia Allegrucci,corresponding author Cyril Rauch,corresponding author and Ziad Omrancorresponding author