19 aprile 2024
Aggiornato 14:30
Parkinson e farmaci

Un farmaco contro il Parkinson potrebbe essere la soluzione contro il cancro

Un farmaco utilizzati nei pazienti affetti da Parkinson in combinazione con il Levodopa potrebbe essere la soluzione contro il cancro. Lo studio

Un farmaco contro il Parkinson potrebbe prevenire i tumori
Un farmaco contro il Parkinson potrebbe prevenire i tumori Foto: Shutterstock

Un nuovo barlume di speranza si accende per tutti i malati di cancro. Alcuni ricercatori statunitensi sono riusciti a evidenziare come un noto farmaco utilizzato nei pazienti affetti da Parkinson potrebbe divenire presto una strategia di prevenzione e cura particolarmente efficace in caso di tumori di varia natura. Ecco i dettagli dello studio.

Bassa incidenza di tumori
I risultati del nuovo studio probabilmente potrebbero spiegare il motivo per cui vi è una bassissima incidenza dei tumori nei pazienti che assumono farmaci per contrastare la malattia di Parkinson. In particolare, la molecola analizzata dai ricercatori sarebbe il Carbidopa, sostanza che, generalmente viene somministrata insieme alla L-DOPA. «Carbidopa è un farmaco approvato dalla FDA per il trattamento della malattia di Parkinson, per cui i test clinici possono essere condotti subito per valutare la sua efficacia nell'uomo come un farmaco antitumorale», ha dichiarato Yangzom Bhutia della Texas Tech University negli Stati Uniti.

La malattia di Parkinson
La malattia di Parkinson è un disturbo degenerato in grado di modificare negativamente le capacità motorie di un individuo. Tra i sintomi più comuni si evidenziano difficoltà nella deambulazione, rigidità e scosse. Questi segnali sembrano essere il risultato di una scarsa produzione di dopamina rispetto a quella normale. La dopamina, infatti, ha il compito di inviare segnali comportamentali al cervello e al corpo. Attualmente i farmaci utilizzati, come lo stesso Carbidopa, sono in grado di agire esclusivamente sui sintomi e non sulla causa. Il motivo per cui non si può utilizzare la dopamina direttamente in terapia è che tale sostanza non è in grado di superare la barriera emato-cefalica. Al contrario, tutte le molecole in grado di aumentare la produzione di dopamina possono farlo.

Gli effetti dei farmaci
I farmaci utilizzati nella malattia di Parkinson come il Levodopa hanno la capacità di superare la barriera emato-encefalica ed essere convertite in dopamina una volta arrivate lì. L’effetto collaterale più noto è la nausea. Pare che il motivo sia che buona parte del principio attivo viene convertito in dopamina al di fuori del cervello. Al contrario, i farmaci a base di Carbidopa – oggetto dello studio – se assunto insieme a L-DOPA impediscono la conversione di dopamina al di fuori della barriera emato-encefalica. In questo modo gli effetti collaterali sono generalmente ridotti al minimo.

Perché chi ha Parkinson non ha un tumore?
La domanda che si sono posti inizialmente gli scienziati era la seguente: se molti studi hanno evidenziato come i pazienti affetti da malattia di Parkinson avevano un tasso molto più basso di sviluppare tumori a cosa era dovuto? Subito l’idea verteva sui medicinali assunti dai pazienti. Ma siccome generalmente ne vengono assunti due, non era facile stabilire se si trattava del Levodopa o del Carbidopa.

L’esclusione
Già studi precedenti avevano escluso presunte proprietà anti tumorali del Levodopa, quindi non restava altro che provare a testare il Carbidopa. «Il Carbidopa non viene mai usato da solo come farmaco per qualsiasi malattia. Ma i nostri dati mostrano che la carbidopa possieda un effetto antitumorale. Riteniamo che la ridotta incidenza della maggior parte dei tumori nei pazienti affetti da Parkinson è dovuta al carbidopa. Inoltre dobbiamo postulare che l'aumento dell'incidenza di melanoma nei pazienti affetti da Parkinson è probabilmente dovuta a L-DOPA e non a causa della carbidopa, perché L-DOPA è il precursore della sintesi di melanina, un percorso metabolico che si verifica esclusivamente nei melanociti», ha concluso il professor Bhutia, autore principale dello studio. La ricerca è stata recentemente  pubblicata nel Journal Biochemical.