2 novembre 2024
Aggiornato 21:30
Il caso Sofia Zago

Bimba uccisa da malaria: è lo stesso parassita dei 2 bimbi ricoverati. Omicidio colposo?

A uccidere la piccola Sofia è stato il parassita Plasmodium falciparum. Ora l'ISS farà sapere se il ceppo è lo stesso che avevano i 2 bimbi ricoverati all'ospedale di Trento. Intanto la Procura di Trento indaga per omicidio colposo

Malaria e zanzare anofele
Malaria e zanzare anofele Foto: Shutterstock

TRENTO – La direttrice dell’Unità Operativa dell’ospedale Santa Chiara di Trento, Nunzia Di Palma, ha confermato che il parassita che ha ucciso la piccola Sofia Zago di 4 anni è il Plasmodium falciparum.  Lo stesso che aveva colpito due bambini tornati dal Burkina Faso, i quali erano ricoverati nello stesso reparto durante i giorni in cui si trovava anche la bambina poi morta a Brescia. Sebbene il parassita sia lo stesso, «possono esserci diversi ceppi – sottolinea la dott.ssa Di Palma – Da appurare è quindi se sia o meno lo stesso. Di questo si sta occupando l’Istituto Superiore di Sanità». L’intervento dell’ISS è previsto dal protocollo, spiega anche la Di Palma, perché «quando viene effettuata una diagnosi di malaria, il protocollo prevede che l’ospedale interessato avverta l’Iss e invii i relativi vetrini, con cui speriamo che possano essere effettuate le indagini molecolari per individuare i ceppi, se contengono materiale sufficiente per l’esame». Intanto la Procura di Trento ha avviato le indagini per omicidio colposo a opera di ignoti.

I piccoli ammalati
Durante il periodo di degenza della piccola Sofia, nel reparto pediatria dell’ospedale di Trento erano ricoverate anche due bambine che erano state in Africa con la famiglia. Nella stessa struttura si trovavano per lo stesso motivo anche la mamma e un fratello più grande, tutti con diagnosi di malaria. Ora, tutti e quattro sono guariti e sono stati dimessi. A questo punto ci si domanda perché invece la piccola Sofia sia morta. La dott.ssa Di Palma spiega che la famiglia era giunta in ospedale con le due bambine che presentavano una febbre alta. Hanno poi detto che erano tornati da una settimana dopo un viaggio in Burkina Faso. «Il fratello maggiore, adolescente – precisa la Di Palma – era stato il primo ad avere sviluppato i sintomi e a essere ricoverato nel reparto di malattie infettive, dov’è stata poi curata anche la mamma. Entrambi erano stati dimessi dopo quattro giorni. Il papà e un altro bimbo, lattante, non presentavano sintomi e non so se avessero partecipato al viaggio».

Niente zanzare nelle trappole
Dopo che erano state disposte delle apposite trappole per catturare l’eventuale zanzara anofele, quella portatrice della malaria, i risultati sono stati negativi. Non si è trovata alcune di queste zanzare, potenziali causa della malattia sviluppata dalla piccola Sofia. «Le trappole – dichiara Paolo Bordon direttore generale dell’Azienda per i servizi sanitari della Provincia di Trento – sono risultate negative per la presenza di questi insetti. Per quanto riguarda la giornata di ieri. Ma non si può escludere che ce ne fossero nei giorni in cui la bambina si trovava ricoverata in ospedale, quando c’erano anche i due piccoli affetti da malaria, poi guariti. Non abbiamo a oggi nessuna evidenza di contatto. Gli esperti dicono che prenderebbe più piede l’ipotesi della ‘zanzara nella valigia’, proprio dei piccoli pazienti del Burkina Faso».

Poco tempo per il contatto
Premesso che si ritiene che la malaria non possa essere trasmessa per contatto da uomo a uomo, anche il tempo che la piccola Sofia avrebbe trascorso in ospedale non spiega come si sia potuta infettare. La dott.ssa Di Palma, infatti, chiarisce che «la piccola, già il 18 e il 19 poteva uscire dall’ospedale tre o quattro ore al giorno, perché le sue cure per il diabete lo permettevano, e il 20 ha potuto farlo per l’intera giornata, tornando solo per dormire e per essere dimessa la mattina del 21». Per cui è «stato materialmente poco il tempo in cui la bimba era presente mentre le altre due ammalate di malaria erano in reparto». Nel frattempo il mistero si fa sempre più fitto. Ora non resta che attendere le ulteriori indagini e analisi.