28 marzo 2024
Aggiornato 23:30
Ricerche scientifiche

4 motivi scientifici per cui consumare cannabis fa bene

Controlla il diabete, migliora la mobilità e contrasta il cancro e molto altro ancora. Sicuramente il rischio dipendenza esiste, ma secondo una recente ricerca pubblicata su Science, potrebbe essere evitato.

ROMA – Da anni la cannabis (o marijuana) è oggetto di diatribe tutt’ora aperte. È pericolosa o fa bene? A oggi non c’è alcun dubbio sulla sua nocività, se raffinata e fumata. Ma sono anche in costante aumento le ricerche scientifiche che confermano le sue grandi potenzialità in campo terapeutico.

Controlla glicemia e diabete
Un articolo apparso sull’American Journal of Medicine ha evidenziato l’effetto dei cannabinoidi (i principi attivi della cannabis) sui soggetti diabetici. Per arrivare a tali conclusioni ci sono voluti cinque anni di studi condotti dell’Università del Nebraska, dal Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston e dalla Harvard School of Public Health. Dopo aver esaminato quasi 5.000 persone, gli scienziati hanno notato che chi faceva largo uso di cannabis aveva una predisposizione al diabete decisamente inferiore rispetto a chi non la utilizzava. Il tutto era generalmente associato a livelli di colesterolo HDL (buono) maggiori.

Migliora la flessibilità nei malati di sclerosi multipla
I soggetti affetti da sclerosi multipla presentano una notevole difficoltà nei movimenti, e tensione muscolare continua, che potrebbero essere notevolmente ridotte con l’uso della cannabis. A trovare la possibile cura sono stati Shaheen Lakhan e Marie Rowland della Global Initiative Neuroscience Foundation di Los Angeles. Tutto ciò è stato reso possibile da due importanti sostanze in essa contenuta: il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD). I due principi attivi sembrano essere in grado anche di ridurre la spasticità tipica della malattia. «Abbiamo notato che la combinazione di THC e CBD può fornire un beneficio terapeutico per la spasticità dovuta alla sclerosi multipla. Il potenziale terapeutico dei cannabinoidi nella SM è globale e deve essere valutato con grande attenzione», concludono i ricercatori.

Rallenta le metastasi
Secondo uno studio condotto dai professori Robert Ramer e Burkhard Hinz, dell’Istituto di Farmacologia e Tossicologia dell’Università di Rostock (Germania) i cannabinoidi sarebbero in grado di rallentare le formazioni tumorali, rallentando la migrazione delle cellule cancerogene che portano alle metastasi.

Ma c’è rischio di dipendenza?
Sicuramente il rischio esiste, ma secondo una recente ricerca pubblicata su Science, potrebbe essere evitato. I ricercatori Pier Vincenzo Piazza e Giovanni Marsicano, dell’INSERM di Bordeaux, hanno infatti scoperto che l’organismo umano produce un ormone steroideo chiamato pregnenolone che potrebbe interrompere la dipendenza dal THC, la sostanza psicoattiva della cannabis. Il pregnenolone, hanno scoperto gli scienziati, aumenta del 3.000% a una sola somministrazione del THC: questo consente di difendere il cervello da gravi alterazioni funzionali. Vincenzo Piazza, tuttavia, ha scoperto che tale sostanza, se assunta per via orale, non viene assorbita bene dal corpo. Ma sviluppando un suo derivato, il team dell’INSERM è riuscito a ottenere ottimi effetti. Il farmaco è tutt’ora in fase di sperimentazione. Se funzionasse, potrebbe essere la soluzione al rischio dipendenza.