20 aprile 2024
Aggiornato 01:00
Due opzioni per l’intervento: in artroscopia o «a cielo aperto»

Lussazione alla spalla: a decidere è la Tac

«Quando non fare la Latarjet» è il tema che Nicola Ivaldo, direttore sanitario di Villa Igea ad Acqui Terme tratterà all’ XI congresso della SICSeG (Società italiana di spalla e gomito) che si terrà dal 24 al 26 maggio a Lecce. Il caso Valentino Rossi. La prevenzione

LA SPALLA, MOLTO MOBILE MOLTO INSTABILE - C’è una patologia che inverte l’accezione comune secondo la quale l’età avanzata comporta un aggravio dei problemi rispetto alla giovane età. Stiamo parlando della instabilità della spalla, meglio conosciuta come lussazione o fuoriuscita della spalla: statisticamente le probabilità di lussazioni recidive della spalla sono infatti maggiori nei pazienti di età inferiore ai 30 anni.
Questa articolazione che è la più mobile del nostro corpo, ma anche la meno stabile sarà al centro del congresso della SICSeG che si tiene a Lecce dal 24 al 26 maggio. Protagonista del Congresso saranno anche i criteri ai quali debbono attenersi i chirurghi quando si trovano davanti al bivio se operare la spalla «a cielo aperto» o in artroscopia. Per saperne di più su questa patologia così frequente ci siamo rivolti al dott. Nicola Ivaldo, specialista della spalla di caratura internazionale.

Dottor Ivaldo, può capitare a volte di sentire qualcuno che con una certa disinvoltura rivela di avere una spalla che va sovente va fuori binario, ma di essere capace, quasi con altrettanta facilità, di ricondurla al proprio posto.
E’possibile? E con quali esiti, a lungo andare?

«Si può succedere. Chi ha buona memoria si ricorderà che al cinema lo faceva anche Rambo. In effetti quella a cui lei si riferisce è una manovra che in casi di emergenza può risolvere momentaneamente la situazione. E’ chiaro però che rimettere in sesto una spalla in questo modo non può dare alcuna garanzia che non risucceda di nuovo, come in affetti spesso accade. Insomma lì per lì, se uno ha una certa padronanza della manovra, può risolvere il problema. Ma insistere no, superata l’emergenza ci si deve rivolgere al chirurgo».

L’INTERVENTO CHIRURGICO E’ RISOLUTIVO

Quando si deve ritenere indispensabile l’intervento chirurgico?
«In un giovane, in un atleta può essere necessario intervenire anche dopo la prima volta, soprattutto per evitare che la fuoriuscita si possa ripetere in situazioni di pericolo, come potrebbe essere il caso di un alpinista o di uno sciatore alle prese con uno sforzo atletico. Ma anche per chi non è impegnato in attività sportive l’intervento è consigliabile già dalla seconda volta».

L’intervento chirurgico - dott.Ivaldo - è risolutivo?
«L’intervento è risolutivo soprattutto se è stato ben preparato da una accurata selezione sulle modalità di esecuzione. L’intervento può infatti essere eseguito secondo due metodologie, in artroscopia o 'a cielo aperto'. Tutte e due le modalità hanno una altissima casistica di successo completo, il 97-98 per cento nel caso dell’intervento a cielo aperto e il 90 per cento nel caso si intervenga in artroscopia».

ECCO COME DECIDE IL CHIRURGO

Quali sono i criteri che vengono adottati nella scelta dell’una o dell’altra metodologia, stabilito che un intervento in artroscopia è certamente meno invasivo, dal punto chirurgico, di uno «a cielo aperto»?
«E’ la domanda che i pazienti ci fanno più spesso. Ma la risposta non è soggettiva, dipende da criteri ben precisi. Intanto bisogna tener conto che i danni derivati da una lussazione possono essere di due tipi. Se ad essere danneggiati sono solo i legamenti l’artroscopia è in grado perfettamente di riattaccarli e ricucirli alla scapola. Ma se non si tratta solo di legamenti, ma di un difetto osseo con i bordi anteriori della scapola consumati e la mancanza di fatto di uno spicchio d’osso, ricucire non basta: in questo caso l’operazione «a cielo aperto» consente di prelevare un pezzo d’osso, la coracoide per essere fissato tramite delle viti alla scapola. Quest’ultima è una soluzione che non dà più adito a lussazioni e consente di tornare a praticare lo sport anche a livello agonistico o professionale».

QUANDO LA BUSSOLA SI CHIAMA «TAC»

Come fa il chirurgo ad essere certo della sua scelta davanti a queste due possibilità che la chirurgia mette a disposizione dei pazienti?
«La Tac è un ottimo esame che mette il chirurgo nella condizione di prendere la decisione più appropriata».Le apparecchiature di nuova generazione permettono ricostruzioni in 3 D che ricreano un modellino delle parti ossee del tutto fedele alla realtà.

Dal punto di vista del recupero - dott. Ivaldo - quali sono le differenze fra i due interventi?
«Anche se può apparire strano è l’artroscopia a richiedere i tempi più lunghi».

IL CASO VALENTINO ROSSI

Come mai il recupero di un atleta come Valentino Rossi ha dato l’impressione, a noi spettatori, di essere oltre che faticoso anche lento?
«Valentino Rossi, è una informazione che è stata resa pubblica, ha avuto una patologia combinata di lussazione e di rottura di cuffia dei rotatori, ecco perché ha impiegato più tempo a recuperare», risponde il direttore sanitario di Villa Igea ad Acqui Terme.

E’ possibile prevenire o rendere meno dannoso il fenomeno delle lussazioni delle spalla?
«La migliore prevenzione è la preparazione muscolare. L’instabilità, a livello preventivo, va infatti combattuta rinforzando i muscoli a cui è demandato il compito di stabilizzare i movimenti della spalla e cioè i muscoli pettorali e i dorsali», quelli della cuffia dei rotatori che mantengono centrata la testa dell’omero nella glena scapolare. Molto importanti sono poi gli esercizi per allenare la sensibilità profonda dell’articolazione, definiti propriocettivi , che migliorano il meccanismo di controllo muscolare che si oppone alla fuoriuscita.

Su Internet a volte vengono suggerite soluzioni diciamo non tradizionali. Ci si può fidare?
«Il desiderio di guarire di ognuno è sacrosanto, ma la medicina è una scienza. Se per cura non tradizionale si intende una pomata all’arnica per lenire il dolore di una contusione , anziché una contenente antiinfiammatorio di produzione industriale ,sono perfettamente d’accordo. Se invece , per patologie con possibili conseguenze anche gravi ci si affida alla magia si è destinati a bruciarsi le dita», conclude Nicola Ivaldo.