27 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Sei famiglie su dieci hanno cambiato menù: meno pane, frutta, verdura e olio d’oliva

Alimentare: la dieta mediterranea perde colpi anche in Italia

Il presidente della Cia Giuseppe Politi interviene sul grido d’allarme della Fao. C’è l’esigenza di un forte impegno per tutelare e valorizzare un bene prezioso

«Il dato è preoccupante e pone l’esigenza di un forte impegno per tutelare e promuovere un bene prezioso». Così il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi commenta il grido d’allarme lanciato dalla Fao secondo, al quale la dieta mediterranea, considerata esempio di buona alimentazione, che vanta seguaci in tutto il mondo, ma che è sempre più ignorata nei paesi d'origine (tra i quali l’Italia), dove sono aumentati a dismisura i consumi di grassi e di calorie.

«Il problema -avverte Politi- è particolarmente sentito nel nostro Paese dove sei famiglie su dieci, praticamente più del 50 per cento, hanno cambiato, negli ultimi dodici mesi, le abitudini alimentari, soprattutto a causa dei rincari al consumo dei prezzi dei prodotti alla base della dieta mediterranea. Una flessione che ha avuto riflessi anche sugli agricoltori che, oltretutto, hanno dovuto fare i conti con una crescita notevole dei costi produttivi e con tagli dei redditi».

A subire le conseguenze più eclatanti del calo dei consumi alimentari delle famiglie è stata la dieta mediterranea che, a causa della frenetica corsa dei prezzi (il pane, a giugno scorso, ha messo a segno un aumento del 13 per cento, la pasta addirittura del 22,3 per cento, la frutta del 7,6 per cento e gli ortaggi del 3,2 per cento), comincia -sottolinea la Cia- ad evidenziare preoccupanti segni di crisi. Nei piatti dei nostri connazionali ci sono, infatti, sempre meno pane, pasta (anche se per questo prodotto si nota, negli ultimi mesi, una ripresa), frutta e verdure e olio d’oliva.

Nel primo semestre dell’anno, secondo le prime stime della Cia, si è avuta, infatti, una caduta, in quantità, dei consumi alimentari di oltre il 2,5 per cento nei confronti dello stesso periodo del 2007. I cali più accentuati si hanno proprio per i derivati dei cereali (meno 4,8 per cento, con il pane che mette a segno una flessione del 5,5 per cento), per gli ortaggi (meno 5,5 per cento), per la frutta (meno 1,8 per cento), per l’olio d’oliva (meno 5,0 per cento).

«In quest’ottica appare, quindi, quanto mai opportuna -sostiene il presidente della Cia- la piena valorizzazione, a livello mondiale, della dieta mediterranea, visti anche i continui e qualificati riconoscimenti scientifici e medici per le sue caratteristiche nutritive e salutistiche. E la mozione ‘bipartisan’ approvata di recente dal Senato (primo firmatario il sen. Paolo De Castro e sottoscritta da cento senatori sia della maggioranza che dell’opposizione) è un passo importante per il riconoscimento della dieta quale ‘patrimonio culturale immateriale dell'umanità', il che potrebbe favorire una ripresa dei consumi e non solo in Italia».

«Si tratta di un atto -commenta Politi- di grande importanza per impegnare il governo italiano alla salvaguardia e valorizzazione della dieta mediterranea e a proseguire con grande determinazione le iniziative e le azioni necessarie perché venga inserita nel patrimonio dell'umanità dell'Unesco».