26 aprile 2024
Aggiornato 18:30
L'intervista

Non solo Nemo. Solidarietà e ipocrisia per i giornalisti aggrediti: «Noi, dimenticate dai colleghi»

Immediata è scattata la vicinanza al giornalista di Nemo aggredito a Ostia; abbiamo intervistato una coraggiosa cronista che però non ha ricevuto lo stesso trattamento

Roberto Spada arrestato dopo l'aggressione al giornalista Daniele Piervincenzi
Roberto Spada arrestato dopo l'aggressione al giornalista Daniele Piervincenzi Foto: ANSA

ROMA – Elena Barlozzari, 31 anni, è una giornalista romana nata e cresciuta al Celio. Alle spalle del Colosseo, questa zona è il più classico paradigma dei due volti della Capitale: scorci mozzafiato e angoli di pregio, si alternano a zone colpite da incuria e degrado. «Sono nata e cresciuta qui – racconta Elena – e, nel corso degli anni, ho assistito al lento e inesorabile declino del centro storico. Così ho voluto raccontarlo». In un servizio per il Giornale Elena ha denunciato tentativi di approccio, violenze verbali e intimidazioni subite, ma dal mondo del giornalismo non è arrivato alcun segnale.

DEGRADO E IMMIGRAZIONE - Alla faccia delle tante campagna di sensibilizzazione per la difesa delle donne, Elena e la sua collega non hanno ricevuto alcun messaggio di solidarietà per i tentativi di aggressione subiti. Come spesso accade, l’incuria di molte zone di Roma e di altre città italiane è strettamente legata a una mancata efficacia nella gestione dei flussi migratori: «Quando cammino per strada, con o senza videocamera, vengo spesso importunata – osserva Elena – e due volte su tre si tratta di migranti. Parliamo di persone che bivaccano tutto il giorno, le vedo con la bottiglia di birra in mano, urinano sui muri, non hanno voglia di integrarsi». E poi, chi assiste a queste scene, ha come la percezione che queste persone siano sicure di un senso di impunità. Quindi si sentono liberi di «dare la caccia» alle donne.

TURISTE NEL MIRINO - Le donne che maggiormente finiscono al centro delle attenzione di questi migranti, secondo il racconto di Elena, sembrano essere le turiste: «Abbiamo deciso di fingerci straniere perché quando sono sole, spesso non sanno dove andare e cercano punti di riferimento: insomma, una preda facile per i malintenzionati». Stazione Termini, Parco di Colle Oppio, Piazza Vittorio, fino al Vaticano e al colonnato di San Pietro: per conoscere la Roma oscura non bisogna arrivare a Ostia, basta passeggiare per il centro. Il video girato da Elena per il Giornale, in realtà, racconta solo il 10% di quanto lei e la sua collega hanno vissuto quella sera: «Eravamo armate di smartphone, molte immagini video le abbiamo perse e gran parte dell’audio con le parole che ci hanno rivolto, non siamo riuscite a renderle ascoltabili». Il clima di tensione, inoltre, in alcuni casi si era fatto davvero molto grave, per questo avevano preferito allontanarsi.

SPERIAMO IN UNA RIFLESSIONE - «A differenza del collega Piervincenzi abbiamo riportato a casa la pelle intatta: non ci aspettavamo certo la solidarietà che ha raggiunto lui, che è giusta e sacrosanta. Però speravamo di avviare una riflessione: sarebbe il caso di discutere sulle condizioni di insicurezza vissute dalla categoria delle giornaliste della Capitale, soprattutto freelance, costrette a lavorare in una città allo sbando».