La nuova scissione del Movimento 5 stelle è in stand by, per ora
Davide Crippa attende le parole di Mario Draghi. Per l'ex Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, scoglio senatori «barricaderi» che non sembrano intenzionati a cedere

La nuova scissione del Movimento 5 stelle è in stand by, per ora. Il capogruppo alla Camera, Davide Crippa, e i colleghi del direttivo che si sono espressi contro l'ipotesi di votare contro la fiducia al governo, insieme al ministro Federico D'Incà, che aveva proposto una tregua, attenderanno di sentire il discorso del premier Mario Draghi per poi compiere il loro passo, che potrebbe portarli fuori da quello che Luigi Di Maio ormai definisce «il partito di Conte» oppure a restare nonostante i rapporti ormai lacerati con i colleghi.
L'incertezza è legata al fatto che il leader del M5s, Giuseppe Conte, secondo voci che circolano sempre più insistentemente tra i parlamentari pentastellati, sarebbe tentato di tornare sui suoi passi e votare la fiducia a Mario Draghi. Il pressing di Enrico Letta, che ieri ha parlato al telefono con Conte e oggi ha incontrato il premier, e il rischio di essere accusato di aver fatto cadere il governo in piena crisi, (come ha fatto oggi con toni pesanti l'ex Luigi Di Maio) insieme ai sondaggi che mostrano la maggioranza degli italiani contraria al voto anticipato starebbero suggerendo al leader pentastellato di non far precipitare le cose. E c'è anche chi rileggendo il criptico post di Beppe Grillo (il barattolo di colla) lo giudica un segnale a favore del governo.
Inoltre il timing della parlamentarizzazione della crisi, voto domani solo al Senato, giovedì alla Camera, consente ai dissidenti a Montecitorio di prendere tempo. Anche se oggi è stata un'altra giornata di nervi tesi nel Movimento. Soprattutto dopo le dichiarazioni del ministro degli Esteri che riunendo i gruppi parlamentari ha prima indicato in Giuseppe Conte il «responsabile della crisi di governo», poi si è detto sicuro che il gruppo alla Camera avrebbe votato la fiducia. Una affermazione smentita da fonti del direttivo a Montecitorio: «Quanto riferito dal ministro Di Maio in riunione col suo gruppo parlamentare, a proposito di una volontà precostituita da parte dei componenti del direttivo del gruppo M5S Camera, non risponde al vero».
La linea di Crippa però resta quella espressa nell'assemblea congiunta con l'ex premier: «Ascolteremo il discorso di Draghi in aula - ha ribadito ieri -. Trovo chiaro che, se aprirà ai principali temi posti all'interno dei 9 punti da parte del M5s, non confermare la fiducia diventa ingiustificabile».
Del resto anche le parole di Conte ieri all'assemblea, nonostante i toni ruvidi, sono abbastanza vaghe da poter essere lette nello stesso modo: «Spetta a Draghi la decisione». Allo stato infatti non è mai stata pronunciata la formula 'usciamo dal governo', è sempre stata messa accanto a un condizionale. Oggi il leader pentastellato è rimasto in silenzio, nessuno «spin» è stato diffuso dal suo staff.
E c'è chi a Montecitorio scommette sul fatto che il M5s dopo aver ricevuto da Draghi qualche rassicurazione sulle «priorità» indicate, magari in vista dell'imminente decreto di luglio che stanzierà nuove risorse per il caro energia e bonus vari, potrà dire di aver vinto e restare al governo. Più difficile invece convincere i senatori «barricaderi» che non sembrano intenzionati a cedere, soprattutto se, come prevedibile, Draghi ci andrà giù duro sulle condizioni per andare avanti e striglierà i partiti, tutti i partiti, a non mettere in discussione le decisioni da prendere con una trattativa continua.
(con fonte Askanews)
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