11 ottobre 2024
Aggiornato 23:00
L'intervista

Conditi: «Il Superbonus è un successo, l’inizio della rivoluzione della moneta fiscale»

Il presidente dell’associazione Moneta positiva, Fabio Conditi, spiega al DiariodelWeb.it le loro proposte, attualmente in discussione al Senato

Conditi: «Il Superbonus è un successo, l’inizio della rivoluzione della moneta fiscale»
Conditi: «Il Superbonus è un successo, l’inizio della rivoluzione della moneta fiscale» Foto: Claudio Peri ANSA

C’è una via d’uscita dalla crisi finanziaria e si chiama moneta fiscale. A portarla avanti è l’associazione Moneta positiva, e ha già compiuto un primo passo grazie all’introduzione del Superbonus edilizio del 110% (che peraltro sembra essere stato accolto favorevolmente). Con il presidente Fabio Conditi il DiariodelWeb.it ha tracciato un primo bilancio di questo strumento e ha anticipato i contenuti delle ulteriori proposte, oggetto di disegni di legge attualmente in discussione al Senato.

Fabio Conditi, il Superbonus 110% sta funzionando o no, dopo i primi mesi di adozione?
Benissimo, oltre le nostre più rosee previsioni. Il successo è eclatante e sotto gli occhi di tutti: finora siamo arrivati circa a 10 miliardi di finanziamento, che hanno generato una crescita economica di 51 miliardi. Il cosiddetto moltiplicatore finanziario è di cinque volte.

Questo strumento nasce proprio da una vostra proposta.
Lo proponevamo da anni, in particolare nel convegno al Senato del luglio 2019, ben un anno prima che si concretizzasse. Allora parlai della necessità di utilizzare la cessione dei crediti d'imposta per le ristrutturazioni edilizie, proprio perché era già stata utilizzata nel passato. Era più facile approvare modificare lievemente un provvedimento già esistente che proporre delle rivoluzioni copernicane. Questa è stata la carta vincente.

I detrattori sostengono che possa creare buchi nel bilancio.
È vero che i crediti d'imposta verranno detratti dalle tasse future, quindi rappresentano un mancato gettito. Ma, come ho detto, producono un aumento dell'economia di cinque volte, che a sua volta genera un aumento del gettito. Si è calcolato che l'aumento è superiore alla riduzione, quindi lo Stato ci guadagna.

Senza che questo incida sul debito pubblico.
Esatto. Prima del Superbonus, per spendere un milione di euro, lo Stato doveva emettere altrettanti titoli, collocarli nel sistema finanziario, ottenere in cambio i soldi e poi restituirli negli anni con gli interessi. Con questo strumento, lo Stato può creare un milione di euro di credito d'imposta, darlo in cambio dei lavori all'impresa, che lo porta in banca e ha risolto il problema.

Per questo la cessione dei crediti è così importante?
Certo, perché per la prima volta fornisce finanziamento all'attività reale. Sostanzialmente lo Stato sta creando moneta, come la chiamiamo noi «a valenza fiscale», che i cittadini possono tranquillamente portare in banca ed ottenere euro in cambio, solo con un lieve sconto del 7-8%. In questo modo possono eseguire i lavori anche senza capacità monetaria o fiscale, cioè senza soldi da anticipare o senza redditi sufficienti da poter detrarre i crediti negli anni successivi. La cedibilità permette di accedere a questa agevolazioni fiscali anche a chi in passato non poteva.

Un trucco contabile.
Sì, che rende il credito un titolo finanziario, scambiabile con chiunque. E non solo in banca. La legge prevedrebbe che il credito d'imposta lo si potrebbe utilizzare anche per fare acquisti, ad esempio, se il venditore accetta quel pagamento. Questa parte della manovra è meno conosciuta, perché non c'è ancora una piattaforma elettronica che permetta lo scambio dei crediti in maniera semplice. Basterebbe avere un conto corrente fiscale su cui caricare il credito d'imposta e una tessera magnetica o l'accesso ad un sito online, per pagare come si fa con un conto corrente bancario. Così la moneta fiscale circolerà a tutti gli effetti nel sistema economico.

Cosa manca per realizzare questa piattaforma?
Noi abbiamo presentato il disegno di legge il 25 marzo 2020. Da un paio di mesi è arrivato in commissione Finanze al Senato ed è stato incardinato. Cioè è iniziata la discussione, che è stata ora interrotta per la legge di Bilancio, ma a gennaio ripartiranno le audizioni. Su quest'idea c'è una certa convergenza trasversale tra tutti i partiti.

Avete presentato anche un altro disegno di legge che contiene altre due proposte. La prima è quella della banca pubblica.
Fino al 1993-94 oltre il 50% del nostro sistema bancario era pubblico. Con la famigerata operazione dell'Iri da parte di Romano Prodi abbiamo praticamente svenduto tutto il nostro patrimonio di banche pubbliche. Se facciamo un confronto con la Germania, che ha tenuto più di metà del sistema sotto il controllo pubblico, soffriamo di competitività. Infatti loro, all'inizio della crisi pandemiche, attraverso le loro banche pubbliche, hanno generato crediti per le imprese pari a 820 miliardi di euro, senza chiederli in prestito a nessuno, creandoli letteralmente dal nulla. Mentre noi arranchiamo e dobbiamo chiedere i soldi in prestito all'Unione europea con il Pnrr. Le nostre banche principali sono tutte controllate da soggetti stranieri e non finanziano più l'economia reale, ma solo le speculazioni. Questo crea una grave stretta del credito che non permette più alle imprese di sopravvivere.

Insomma, all'Italia serve un istituto di credito pubblico.
In realtà, sempre con quel convegno del 2019, scoprimmo che ce l'avevamo già: il Medio credito centrale. Il cui amministratore delegato, tra l'altro, è Bernardo Mattarella, nipote del nostro presidente della Repubblica. Ma era inutilizzata, nascosta nei meandri del ministero dell'Economia. Da quando l'abbiamo resa evidente è stata già oggetto di un decreto legge, che l'ha trasformata in banca d'investimenti, con un aumento di capitale, e quindi ha acquisito la Banca popolare di Bari. Adesso il Mcc ha anche le filiali sul territorio, per quanto solo nel Centro-Sud. Su questo piccolo nucleo ora, secondo noi, bisognerebbe accorpare il Monte dei paschi di Siena, così da renderla presente su tutto il territorio.

L'altra proposta è quella del conto di risparmio. Ce la spiega?
Questa è la più importante di tutte, anche se ancora non è stata capita. Il problema più grosso dello Stato è che, quando vuole aumentare la spesa pubblica, i mercati finanziari si mettono di traverso, aumentando lo spread. Cioè, fanno chiaramente capire che, se lo Stato fa più deficit, loro pretenderanno rendimenti più alti. Questa è stata la spada di Damocle sulla testa dei governi.

Come si può evitare questo ricatto?
Trovando una fonte alternativa di finanziamento. La realtà è che la ricchezza finanziaria degli italiani è una delle più grandi al mondo: ne possediamo 4500 miliardi, di cui 1800 depositati sui conti correnti. L'idea è quella di creare un conto di risparmio presso il ministero dell'Economia, che garantisce il capitale perché non è a rischio fallimento e dà un rendimento circa pari al Btp a 10 anni, attualmente all'1-1,5%. Già solo per questi motivi sarebbero in molti a trasferire i propri soldi su questo conto. Ma ci sarebbe anche un vantaggio in più: si potrebbero effettuare i pagamenti trasferendo le cifre direttamente da un conto di risparmio all'altro.

Senza intermediari.
Esatto. Oggi, se si investe in titoli di Stato, per effettuare un pagamento bisogna prima disinvestire. Questo crea delle perdite enormi: immaginiamo chi ha dovuto farlo nel 2011, quando Berlusconi fu costretto a dimettersi. All'epoca lo spread era oltre 600 e i titoli valevano il 60% del loro valore nominale. Il conto di risparmio permette di utilizzare gli investimenti in titoli dematerializzati come strumenti di pagamento. In pratica il debito viene trasformato in moneta e comincia a circolare.

Con quali vantaggi?
Enormi. Ogni volta che la moneta circola, lo Stato incassa delle tasse. Ogni passaggio comporta l'emissione di una fattura, il pagamento di Iva e di imposte. Quindi un aumento del gettito. Se si incentiva i cittadini non a mettere i soldi in contanti sotto il materasso o a portarli all'estero, ma a tenerli qui in un conto corrente presso il ministero dell'Economia, quando vengono utilizzati si produce una crescita economica.

Per portare avanti queste proposte vi siete legati al Movimento 5 stelle, i cui rappresentanti sono presenti ai vostri convegni. Eppure quel partito, nell'ultimo periodo, ha compiuto marce indietro significative su punti programmatici come l'euro e l'Unione europea. Sono davvero un interlocutore credibile?
Noi non abbiamo sposato nessun partito. Abbiamo avanzato queste proposte a tutti e gli unici che ci hanno ascoltato sono stati un gruppetto ristretto, neanche tutti, di senatori e deputati M5s. Loro hanno presentato i due disegni di legge con la nostra stretta collaborazione. Il problema è chiedersi se questo piccolo gruppetto riuscirà a condizionare tutta la politica. Per ora, se il Superbonus si è fatto, è stato indubbiamente merito loro.

Ma Draghi, uomo così strettamente legato alle banche e alla grande finanza, può davvero concedere il via libera a queste proposte?
Nel 2019, poco dopo il convegno di cui ho parlato, Draghi, allora presidente della Bce, tenne una conferenza stampa in cui sembrava aprire alla possibilità di utilizzare le politiche fiscali per creare crescita economica. Allora gli scrissi una lettera per ringraziarlo e per presentargli le nostre proposte. Rimasi sorpreso perché mi rispose, ringraziandomi a sua volta. Sappiamo da che mondo viene e che legami ha, ma è una persona intelligente. Secondo me, ma questo è solo il mio parere, si rende conto che siamo entrati in un loop e il sistema finanziario non sta in piedi. Le nostre proposte sarebbero le uniche in grado di risolvere il problema, a patto che si abbia il coraggio di adottarle, perché costringerebbero a rivedere completamente tutto il sistema finanziario e bancario.

Sempre che i famosi poteri forti lo permettano.
Ma loro sanno bene che le ricchezze finanziarie non sono fatte di beni reali, ma sono un castello di carte: in un attimo possono scomparire completamente, e nel 2007 è successo. Quindi non credo che questi poteri non siano preoccupati della loro conservazione. Dobbiamo essere così bravi a convincerli che questa mossa sarebbe anche nel loro interesse. Il sistema sta crollando: l'attuale livello è gonfiato e presuppone un calo minimo del 50%. Stiamo camminando sul ciglio del burrone.

Insomma, i piccoli risparmiatori così come i grandi sono tutti sulla stessa barca.
Ma ha visto il film «Don’t look up»? Il finale è tragico, proprio perché, anche quando siamo tutti sulla stessa barca c'è chi pensa di potersi salvare comunque. Purtroppo la stupidità umana talvolta supera l'intelligenza collettiva. Questo è il dramma. Se andremo tutti in questa direzione, ci salveremo, altrimenti dovremo scontare un nuovo tracollo. Molto peggiore di quello del 2007-2008.