13 dicembre 2024
Aggiornato 20:00
Previdenza

Tagliare le pensioni d'oro? No, la Lega ha un altro piano

Il ricalcolo degli assegni proposto dal M5s è troppo rischioso. Ecco cosa propone invece Brambilla, l'esperto del Carroccio, papabile nuovo presidente Inps

Il ministro dell'Interno e leader della Lega, Matteo Salvini
Il ministro dell'Interno e leader della Lega, Matteo Salvini Foto: Giuseppe Lami ANSA

ROMA – Le indiscrezioni che circolano in parlamento lo indicano come papabile nuovo presidente dell'Inps, dopo lo strappo tra Tito Boeri e Matteo Salvini. Intanto, comunque vada a finire, il professor Alberto Brambilla, l'esperto della Lega sulle questioni previdenziali, ha già pronto un suo piano sulle pensioni: quello che lui stesso definisce come un contributo temporaneo di solidarietà. «Toccare le pensioni 'di privilegio', come le ha definite qualche giorno fa il presidente dell'Inps Boeri, sembra un gran messaggio, ma potrebbe rivelarsi un boomerang – spiega a Repubblica il presidente del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali – Se si considera il tetto dei 5 mila euro netti mensili le risorse ottenute sarebbero tra i 100 e i 120 milioni. Ma anche se, come sembra ormai orientato a fare Luigi Di Maio, il tetto scendesse a 4 mila euro netti, si otterrebbero 180-200 milioni. Mentre nella peggiore delle ipotesi il contributo di solidarietà vale un miliardo, nella migliore delle ipotesi si potrebbero anche superare i due miliardi».

Taglio più basso, ma per tutti
Il Carroccio, insomma, contrappone un progetto alternativo al taglio delle pensioni d'oro, inserito nel programma del Movimento 5 stelle (e che promette di scatenare una valanga di ricorsi da parte dei sindacati). La differenza principale sta nel fatto che il contributo di solidarietà proposto da Brambilla non riguarderebbe solo gli assegni più alti, ma quasi tutti, con la sola ovvia esclusione delle pensioni sociali, di quelle di invalidità e di quelle eccessivamente basse. A fronte di una platea più larga si procederebbe dunque ad un taglio di entità molto inferiore: si partirebbe da uno 0,35% per le pensioni più basse per poi crescere proporzionalmente. Il gettito generato da questa misura sui prossimi quattro-cinque anni verrebbe destinato al welfare: in particolare alle emergenze legate alla non autosufficienza e ai lavoratori più a rischio, che potrebbero dunque essere affrontate senza pesare ulteriormente sul debito pubblico. «Ci stracciamo le vesti per l'invecchiamento della popolazione ma poi eroghiamo assegni di accompagnamento di poco superiori ai 500 euro mensili – ribadisce il professore – E i giovani sotto i 29 anni che hanno contratti molto discontinui e gli ultracinquantenni che una volta licenziati non trovano più lavoro».

Contro i ricorsi
Un intervento del genere andrebbe naturalmente contrattato con i sindacati, dunque permetterebbe di far sedere ad uno stesso tavolo le parti sociali insieme al governo, con l'obiettivo di ridiscutere anche l'Ape sociale, che si potrebbe superare proprio grazie a questi nuovi fondi per il welfare. Inoltre, a differenza del ricalcolo delle pensioni d'oro, che la Corte costituzionale rischia di bollare come illegittimo perché definitivo, dunque in contrasto con i cosiddetti «diritti acquisiti», il piano elaborato dalla Lega avrebbe il merito di essere provvisorio. Il dubbio principale, ora, riguarda semmai le possibilità di mediazione tra le proposte dei due partiti di maggioranza. Certo che, se il 68enne professore di Merate, già sottosegretario al Welfare dei governi Berlusconi, fosse effettivamente nominato alla poltrona più alta dell'Inps, il suo progetto avrebbe molte più probabilità di realizzarsi...