10 dicembre 2024
Aggiornato 12:00
Olimpiadi 2026

Le Olimpiadi 2026 andranno a Torino, Milano o Cortina? Una nuova, durissima, sfida fra Di Maio e Salvini

Il M5s è lacerato al suo interno ma Torino ha gli impianti. Milano compatta propone un'edizione vecchio stile, ricca sprecona. Cortina arranca

ROMA - Sarà il confronto politico all'interno della maggioranza di governo a decidere quale città italiana verrà candidata ad ospitare le Olimpiadi invernali del 2026. I capoluoghi in corsa sono tre: Torino, amministrata dal M5s, Milano, Partito Democratico, e Cortina, che orbita nel mondo della destra leghista. La decisione definitiva verrà presa martedì prossimo dal Coni e dal presidente Malagò: il quale però ha detto chiaramente che già venerdì presso il Consiglio dei Ministri, una decisione politica verrà discussa. Tre miliardi di euro di investimento pubblico e la possibilità di una propaganda mondiale: Lega e M5s sostengono il grande evento sportivo in un'ottica politica, perché sanno di poter governare per molti anni e necessitano di vetrine globali che rafforzino la loro immagine.

Molti ritiri, ma l'Italia resta in corsa
Le città che si sono ritirate dalla candidatura, in virtù di un referendum, sono Innsbruck e Sion, mentre Stoccolma, dopo aver seguito la stessa via, è tornata sui suoi passi. Le due hanno deciso di non rischiare la tenuta delle casse pubbliche, dato che notoriamente la serie statistica di fallimenti economici post Olimpiadi, sia invernali che estive, appare piuttosto minacciosa. A concorrere quindi rimane di fatto solo l'Italia, perché unico Paese europeo, dopo il ritiro di Svizzera e Austria – anche se quest'ultima ha una seconda città in corsa, Graz, che però non ha reali possibilità di ambire all'assegnazione - mentre la candidatura svedese appare inficiata dai tentennamenti. Altre candidature, come quella turca o cinese, sono impraticabili per ragioni logistiche, o politiche. Le Olimpiadi del 2026 si terranno in Europa e a contendersele saranno Torino, Milano e Cortina.

Torino nella tempesta
Il M5s, dopo la capriola governativa, è passato da essere No Olimpiadi a ultras delle Olimpiadi. La sindaca Appendino definiva l'edizione del 2006 "le Olimpiadi dello spreco", ma oggi il pre-dossier preparato dall'architetto mandato da Beppe Grillo, Alberto Sacco, le inquadra con termini decisamente elogiativi. La storica decisione della giunta Raggi che bocciò senza appello la candidatura ai Giochi estivi del 2024 non verrà ripetuta da Torino. Chiara Appendino punta sul riutilizzo degli impianti già esistenti, anche se al momento risultano devastati da oltre dodici anni di abbandono e saccheggio. Pista di bob e trampolino per il salto sono il fulcro dell'offerta torinese. Oltre che, ovviamente, ad un settore turistico montano già testato durante i Giochi del 2006. Che furono un mezzo fallimento sul piano della finanza pubblica – il Comune di Torino incamerò i debiti del Toroc, l'ente organizzatore – a cui oggi si pensa di ovviare riciclando l'esistente.

Zero cemento, ma non sarà zero debito
In linea teorica quindi zero cemento è previsto, mentre la promessa di fare zero debiti appare più come un buon auspicio. Il preventivo odierno ricalca in linea di massima quello che fu fatto nel 2006: quando gli impianti furono costruiti e non ristrutturati. Due miliardi oggi, due miliardi allora. Nel 2006 il conto finale giunse a quota 3,3 miliardi, in linea con gli studi dell'Oxford Institute che prevedono un costo medio per ogni edizione dei Giochi olimpici invernali pari a 3,1 miliardi di euro. Proprio per l'esperienza passata, che ha lasciato profonde contraddizioni in città - centro rigenerato e trasformato in un bellissimo salotto, periferie abbandonate in virtù dei tagli di bilancio per far quadrare i conti - Torino giunge spaccata alla candidatura. Il M5s che governa Torino ha posizioni nettamente contrarie al suo interno, e un'eventuale votazione in Consiglio Comunale al momento necessiterebbe dell'appoggio di Lega, Partito Democratico e Forza Italia per far passare la candidatura.

Il "dodecalogo" dei 5S
Per salvare il salvabile, dopo risse di maggioranza giunte a un passo dal far crollare la giunta pentastellare, è arrivato Luigi Di Maio che, durante una riunione pomeridiana sabato scorso, ha imposto la sua pace. Tempo di farlo ripartire e l'opposizione alla candidatura da parte di un gruppo di consiglieri Cinque stelle è riesplosa. Il M5s torinese ha scritto un piccolo vademecum, chiamato dodecalogo, in cui sono inseriti i valori che dovrebbero sostenere ogni candidatura olimpica. Tra cui la richiesta di una valutazione costi-benefici redatta da enti individuati dal Governo. I dubbi, secondo i critici, non starebbero nella bontà del dossier olimpico presentato al Coni, bensì nel Cio e nella sua onestà. Inciso che, ovviamente, ha fatto inferocire i burocrati dell'ente privato svizzero che organizza i Giochi olimpici. Il presidente della Regione, Sergio Chiamparino, sostiene la candidatura di Torino – non potrebbe fare diversamente dato che i Giochi fecero la sua fortuna politica – ma le sue parole sono veleno per la comunità del M5s. Anche perché Chiamparino non esita e mettere il dito nella piaga delle contraddizioni della maggioranza Cinque stelle.

La grandeur di Milano
Milano ovviamente non ha problemi politici: Sala e Maroni non hanno divisioni in tal senso, tutti sono apparentemente d'accordo. Differentemente da Torino, dove è perfino nato il CoNO, Coordinamento No Olimpiadi piuttosto combattivo che dà seri problemi (qui le ragioni del no alle Olimpiadi bis) – a Milano non vi è alcuna opposizione al grande evento sportivo. Mancano però gli impianti, e alcune vie di comunicazione alla Valtellina, ovvero dove si svolgerebbero le gare di sci. E men che meno ha problemi economici, anzi: la candidatura milanese si caratterizza per un costo pari a 3 miliardi di euro, uno in più rispetto a Torino. Milano ha presentato un piccolo dossier olimpico, consapevole che poi l'organizzazione vera dovrà essere fatta con il Cio. Sala e Maroni lavorano in pieno accordo per avere i Giochi, mentre le risse torinesi ovviamente compensano la mancanza degli impianti, ovvero la necessità di cementificare ancor più il territorio per costruire le infrastrutture mancanti, condizione in netto contrasto con i principi attuali del Cio

Le Dolomiti, splendide ma defilate
Cortina in questo contesto appare come un vaso di coccio tra i vasi di ferro. Le Olimpiadi da queste parti sono già giunte nel 1960, sono presenti degli impianti – anche se probabilmente non adeguati agli standard olimpici – e il culto dello sport invernale è radicatissimo. Zaia è convito della candidatura e tutti appaiono concordi. Ma il Cio da tempo ha deciso di affidare l'organizzazione a istituzioni afferenti a centri urbani medio-grandi. Gli splendidi scenari dolomitici, la cultura dello sport, la ricchezza del territorio quindi potrebbero non essere sufficienti per una candidatura.

Chi vincerà?
La partita è politica: M5s e Lega vogliono le Olimpiadi per dare un segnale di apertura al mondo che li guarda con sospetto. Il mondo imprenditoriale, in primis, che necessita di interventi pubblici. Il M5s in particolar modo vorrebbe avere uno strumento per slegarsi dall'immagine «quelli del no a tutto» costruita nei remoti tempi passati, di cui, per altro, sopravvive solo il veto (messo anch'esso comunque in discussione da alcuni) sull'alta velocità Torino-Lione. Torino e Cortina hanno le montagne e gli impianti, Milano ha il peso politico. Potrebbe nascere una mix che preveda la presenza delle competizioni su un territorio vasto sull'asse Miano-Torino. Con la prima in veste di capofila, mentre la seconda sarebbe coinvolta non direttamente, ma attraverso gli impianti delle valli adiacenti. Bob, slittino e salto dal trampolino nelle valli olimpiche del 2006, sci in Valtellina con qualcosa a Sestriere. Cerimonia di apertura a Milano, chiusura a Torino. Ma questo schema, che potrebbe accontentare gli attori del governo coinvolti, non è gradito a Torino: mentre Milano, sebbene non faccia salti di gioia, potrebbe accettare.