24 aprile 2024
Aggiornato 13:00
Banca Etruria

Finanza è potere: ecco da dove arriva la passione della sinistra per le banche

«Abbiamo una banca?» è la celebre domanda che Piero Fassino pose a Giovanni Consorte. Il sistema bancario privato ha aperto le porte al degrado politico

Matteo Renzi e Piero Fassino durante la presentazione del libro di Fassino «Pd davvero»
Matteo Renzi e Piero Fassino durante la presentazione del libro di Fassino «Pd davvero» Foto: Giuseppe Lami ANSA

ROMA - Con lo stesso trucco linguistico utilizzato dal capo della Consob, Vegas, Ignazio Visco, capo di Banca d'Italia, crocifigge Maria Elena Boschi. «La Boschi mi chiese di Banca Etruria. Ma non fece pressioni», così dice Visco. Renzi in un attimo ripete il suo sogno, sperando che sia avveri a furia di invocarlo: «Il governatore ha chiarito tutto. Ora si parli di altro». E invece no. Il governatore conferma l'interesse della Boschi per la banca del padre: e lo fece da ministro, non da passante. Il calvario del Partito Democratico continua, sempre centrato sul rapporto che intercorre con il sistema finanziario. Il tracollo del Partito Democratico giungerà fino all’estremo limite? Matteo Renzi trascinerà con sé tutta la sua organizzazione, per salvare Maria Elena Boschi? Oppure sta tentando di salvare un modello culturale? Quanto sta accadendo nel partito che ha ereditato, inopinatamente, la tradizione comunista e cattolica è frutto di una necessità, e non di un calcolo più o meno sgangherato? Siamo veramente di fronte solo alla lucida follia di un uomo che pensa di essere Napoleone alla vigilia di Austerlitz? Oppure è il tangibile segno della sudditanza di ogni settore sociale al potere della finanza? Ma partiamo da lontano, partiamo dal 1992.

La corruzione e il sistema bancario prima del terremoto
Tangentopoli, Milano, Mario Chiesa, le mazzette per i partiti, le monetine su Craxi e la sua fuga, la fine della Prima Repubblica. A distanza di tanti anni molti commenti si possono fare, su più piani. Il primo: la Seconda Repubblica non ha la statura etica e culturale dei peggiori personaggi di quel tempo. I mostri di allora, se rapportati ai mediocri personaggi odierni, appaiono come dei giganti. La corruzione è aumentata, e non per far vivere il sistema dei partiti – la colonna vertebrale della democrazia – ma per far emergere oscuri personalismi, interessi puntuali ed egocentrici, che hanno sfaldato l’intero architrave rappresentativo italiano. Ciò che ha sostituito la Prima Repubblica è un essere amorfo, un gigante privo di potere succube della finanza. Non solo: le inchieste di quegli anni, che oltre all'acqua sporca gettarono via il bambino, hanno prodotto una ricca messe di frutti avvelenati che noi ora stiamo raccogliendo a piene mani.

Il dominio della finanza
Ma la grande differenza con quel tempo è data dal dominio del settore finanziario. Fino a Tangentopoli il potere, e la relativa corruzione, era strettamente correlato al rapporto tra politica e lavoro. I grandi corruttori erano le industrie che, nel bene e nel male, davano lavoro a migliaia di uomini e donne. Oggi è ancora così? Alle origini dell’attuale degrado morale, culturale ed economico, vi è la privatizzazione del sistema bancario, che ha concentrato il vero potere nelle mani di chi non ha alcuna relazione democratica con i cittadini e sempre meno con il lavoro. Un processo non solo italiano, ovviamente. Le banche italiane, per quanto ridotte a brandelli e semicontrollate da oscuri e immateriali poteri stranieri – il famoso «mercato» –, hanno sostituito la res publica. Comandano, dirigono il paese, e attraverso le fondazioni bancarie fanno la carità allo Stato, dato che finanziano a proprio gusto cultura, stato sociale, investimenti infrastrutturali. Lo Stato, a ogni livello istituzionale, deve attenersi a parametri econometrici che rendono il suo potere vuoto, subordinato al mondo dei finanziamenti che devono essere reperiti sul mercato privato.

Monte Paschi, Unipol, Banca Etruria
In tal senso si comprende l’attivismo del Partito Democratico verso il sistema bancario. Sanno, perché storicamente hanno attraversato un tempo molto più civile di quello odierno, che il potere risiede laddove si genera il capitale. Un tempo il plusvalore era una componente estrapolata del lavoro, oggi che il lavoro non esiste più, o è stato ridotto a minimi termini, il potere è concentrato nel settore finanziario. Per questa ragione da anni la sinistra tenta di avere relazioni pericolose con il settore bancario: si pensi al famoso «abbiamo una banca…» di Piero Fassino, prontamente corretta durante la stessa telefonata con un provvidenziale "avete». Oppure si pensi al disastro di Monte Paschi Siena. E’ un piano inclinato che non lascia scampo, nel quale per altro sono evidenti i rapporti di forza.

Comandano le banche
Le banche comandano, i partiti tentano di raccogliere briciole di potere. I partiti vorrebbero insinuarsi, attraverso le fondazioni bancarie azioniste i cui vertici sono tutti i nomina pubblica, dentro le banche, ma non ce la fanno. Rimangono i magheggi sottobanco, come Banca Etruria insegna. Al di là della posizione di Maria Elena Boschi, esecrabile, è evidente che è l’intero assetto sociale italiano, e non solo, ad essere putrescente. Si dovrebbe tagliare il cordone ombelicale che lega la politica alla finanza e l’unico modo per farlo è aumentare il potere dello Stato dotandolo di una banca pubblica e indipendente. Sogni: oggi la politica è disposta ad autodistruggersi pur di vivere dell’elemosina che lasciano cadere i banchieri italiani ed europei. Invece sta passando l'idea opposta, ormai da anni: ovvero che un sistema bancario privato, insieme a tutto il resto, possa essere la panacea di ogni male. Ciechi di fronte al tracollo sociale italiano ormai quasi trentennale.