18 aprile 2024
Aggiornato 02:00
L'intervento

Fine vita, Papa Francesco: «Lecito sospendere le cure se non proporzionali»

Bergoglio in un messaggio alla Pontificia Accademia della Vita: «Oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona»

Fine vita, svolta del Papa: «Evitare accanimento terapeutico non è eutanasia»
Fine vita, svolta del Papa: «Evitare accanimento terapeutico non è eutanasia» Foto: ANSA

CITTÀ DEL VATICANO - «Occorre un supplemento di saggezza perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti medici che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona». Nella frase scritta dal Papa ai partecipanti ad un incontro sul «fine vita» organizzato dal Vaticano con la «World Medical Association», c'è, al tempo stesso, la saggezza secolare della Chiesa e uno strappo con la mainstream ecclesiale degli ultimi decenni, l'ortodossia e la riforma.
Il Papa si muove sul solco dell'insegnamento cattolico, cita Pio XII, il catechismo della Chiesa cattolica, un pronunciamento del 1980 della congregazione per la Dottrina della fede (cardinale prefetto, allora, Franjo Seper).

Evita, certo, di ricordare che il 27 giugno 1981 il Pontificio Consiglio Cor Unum sanciva «l'obbligo stretto di proseguire ad ogni costo l'applicazione» di mezzi che mantengono la vita come «alimentazione, trasfusioni di sangue, iniezioni, ecc.»; che il 15 novembre 1985 Papa Giovanni Paolo II affermò che, in virtù del principio della proporzionalità delle cure, non ci si può dispensare «dall'impegno terapeutico valido a sostenere la vita né dall'assistenza con mezzi normali di sostegno vitale»; che nel 1995 il Pontificio Consiglio per la pastorale degli Operatori Sanitari pubblicò una carta degli Operatori Sanitari (emendata sotto Bergoglio) che vieta l'interruzione di alimentazione e l'idratazione, «anche artificialmente amministrate»; che in un altro discorso del 2 ottobre 1998 sempre Papa Wojtyla ribadì che l'alimentazione e l'idratazione vengono considerate cure normali e mezzi ordinari per la conservazione della vita, e in un terzo discorso del 20 marzo 2004 tornava a sancire che la somministrazione di cibo e acqua è moralmente obbligatoria in linea di principio, concetto ripetuto nel 2007 dalla Dottrina della fede. Ma la questione, di fondo, non cambia, ed è più una questione di spirito, che di lettera.

Perché non vi è dubbio i predecessori di questo Papa erano contrari all'accanimento terapeutico (il «testamento biologico» in senso proprio, peraltro, nasce in un istituto svizzero cristiano negli anni Settanta). Così come è chiaro che questo Papa, come i suoi predecessori, sia contrario all'eutanasia. Ma rispetto a tante battaglie ecclesiali degli ultimi decenni - in Italia, sotto la guida del cardinale Camillo Ruini, è nota la linea «pro life» su casi eclatanti, e molto diversi tra loro, come Piergiogrgio Welby e Eluana Englaro - Francesco pone un altro accento.

«Il Papa Pio XII, in un memorabile discorso rivolto 60 anni fa ad anestesisti e rianimatori, affermò che non c'è obbligo di impiegare sempre tutti i mezzi terapeutici potenzialmente disponibili e che, in casi ben determinati, è lecito astenersene» ricorda Jorge Mario Bergoglio. «E' dunque moralmente lecito - spiega Francesco - rinunciare all'applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito 'proporzionalità delle cure'», come sancì appunto la congregazione per la Dottrina della Fede. «L'aspetto peculiare di tale criterio è che prende in considerazione 'il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell'ammalato e delle sue forze fisiche e morali'. Consente quindi di giungere a una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all''accanimento terapeutico'. E' una scelta che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare. 'Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire'», scrive ancora Bergoglio citando il Catechismo. «Questa differenza di prospettiva restituisce umanità all'accompagnamento del morire, senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere. Vediamo bene, infatti, che non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l'uso, equivale a evitare l'accanimento terapeutico, cioè compiere un'azione che ha un significato etico completamente diverso dall'eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte».

Su questo discorso di fondo si innestano tre considerazioni del Papa. Primo, ricorda il Pontefice gesuita, «per stabilire se un intervento medico clinicamente appropriato sia effettivamente proporzionato non è sufficiente applicare in modo meccanico una regola generale. Occorre un attento discernimento, che consideri l'oggetto morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti». Ricordando «il ruolo centrale» del malato, e senza perdere di vista «il condizionamento del crescente divario di opportunità, favorito dall'azione combinata della potenza tecnoscientifica e degli interessi economici».

Secondo, «in seno alle società democratiche», tiene a sottolineare Jorge Mario Bergoglio con grande rispetto della distinzione tra Stato e Chiesa, «argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza: in modo serio e riflessivo, e ben disposti a trovare soluzioni - anche normative - il più possibile condivise. Da una parte, infatti, occorre tenere conto della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni etiche e delle appartenenze religiose, in un clima di reciproco ascolto e accoglienza. D'altra parte lo Stato non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti, difendendo la fondamentale uguaglianza per cui ciascuno è riconosciuto dal diritto come essere umano che vive insieme agli altri in società».

Terzo, la medicina odierna ha fatto grandi progressi, a volte invasivi. «Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona». Ragionamento che più cattolico non si potrebbe, ma era tempo che non lo si sentiva pronunciare da un Papa.