18 aprile 2024
Aggiornato 09:30
La Camera approva

Editoria, la riforma diventa legge: tutte le novità

Un nuovo fondo, nuove regole per i contributi pubblici e le edicole, un tetto agli stipendi dei dipendenti, consulenti e amministratori della Tv pubblica pari a 240mila euro. Ecco tutte le novità previste nella riforma dell'editoria

ROMA - Con il via libera definitivo alla riforma dell'editoria da parte dell'Aula della Camera la palla passa ora ai decreti attuativi del governo. Il provvedimento, che istituisce un fondo per il settore denominato «Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione", contiene infatti diverse deleghe e sarà l'esecutivo a dover riempire di contenuto la riforma: dal riordino dei contributi pubblici al settore, comprese radio e Tv locali, alle novità per il sistema della distribuzione e delle edicole, dalle misure a sostegno delle imprese in crisi alle pensioni dei giornalisti fino al consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti.

Da dove arriveranno le risorse
Il testo lascia incertezza sull'ammontare delle risorse e sull'esigenza di una programmazione pluriennale per le imprese. Le risorse arriveranno: da un contributo di solidarietà dello 0,1% a carico dei redditi del mondo della pubblicità; dalle diverse forme di sostegno all'editoria quotidiana e periodica anche digitale; dalle risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica comprese quelle del Fondo straordinario e quelle destinate a radio e Tv locali; ma anche una quota delle eventuali maggiori entrate del canone Rai che da quest'anno si pagherà in bolletta.

Una stretta sui requisiti per accedere ai contributi
La destinazione sarà decisa «annualmente» e secondo criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con i ministri dello Sviluppo economico e dell'Economia. Sarà ancora il presidente del consiglio dei ministri (di concerto con i ministri dell'Economia e dello Sviluppo economico), in questo caso con un regolamento, a stabilire le novità sulla platea e i requisiti per ottenere il sostegno per le spese sostenute per l'utilizzo di servizi di telefonia e internet. Passando alle numerose deleghe di un testo firmato Pd, frutto del lavoro del dipartimento dell'editoria di Palazzo Chigi guidato da Luca Lotti, il governo andrà nella direzione di un'ulteriore stretta sui requisiti per poter accedere ai contributi diretti.

A chi spettano e a chi no
Dai contributi dovranno essere esclusi gli organi di informazione di partiti, movimenti politici e sindacali, periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico. Nulla anche per tutte le imprese editrici di quotidiani e periodici facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in Borsa. Ai contributi saranno ammesse «le imprese editrici che esercitano unicamente l'attività informativa autonoma e indipendente, di carattere generale».Tra queste: le cooperative giornalistiche; gli enti senza fini di lucro; per un periodo di cinque anni le imprese editrici di quotidiani e periodici la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro.

Va via la distinzione tra testata nazionale e locale
In Senato è cambiata la norma che prevedeva che i contributi pubblici dovessero essere calcolati cancellando la distinzione tra testata nazionale e locale e che graduava il contributo in considerazione del numero di copie vendute che dovevano essere per tutte le testate almeno il 30% di quelle distribuite: con un emendamento approvato in Senato il rapporto venduto-distribuito rimane al 30% per le testate locali mentre per quelle nazionali dovrà essere almeno del 20%, dando così respiro a storiche testate nazionali che hanno però una diffusione concentrata in alcune aree del Paese.

Il contributo e i premi
Il contributo verrà ridotto nel caso in cui non venga rispettato il limite di 240mila euro per gli stipendi di giornalisti, collaboratori e amministratori. Per le testate on line ci saranno criteri specifici da considerare, come la produzione di contenuti informativi originali, il numero dei giornalisti, l'aggiornamento dei contenuti e il numero effettivo di utenti unici raggiunti. L'esecutivo valuterà premi per chi assume a tempo indeterminato lavoratori under 35 e forme di finanziamento a progetti «innovativi» di start up. Sarà il governo a stabilire, anche qui con delega, quali incentivi fiscali andranno agli investimenti pubblicitari incrementali di quotidiani, periodici e Radio-Tv locali.

Le principali novità in vigore dal 2016
Tra le principali novità che entreranno in vigore già per il 2016: il tetto massimo dei contributi che non potranno essere superiori al 50% dell'ammontare complessivo dei ricavi e l'erogazione annuale effettuata in due rate di cui la prima rata, versata entro il 30 maggio, dovrà essere pari al 50% del contributo. Tornando alle deleghe, spetterà al governo varare i decreti delegati che attueranno la "liberalizzazione della vendita dei prodotti editoriali", la liberalizzazione degli "orari" delle edicole che potranno vendere "altri beni e servizi"; una liberalizzazione che il Parlamento ha confermato cercando però di porre alcuni paletti a difesa dell'anello più debole della filiera, riaffermando ad esempio il "divieto di sospensioni arbitrarie delle consegne" ai singoli giornalai da parte dei distributori.

Il tetto da 240mila euro per gli stipendi
In vigore invece, dal primo gennaio 2017, una novità rilevante sulla parità di trattamento (che è l'obbligo per i giornalai di mettere in vendita tutte le pubblicazioni che vengono mandate in edicola da grandi e piccoli editori): rimarrebbe il vincolo di assicurare la parità di trattamento senza discriminazioni tra prodotti editoriali ma solo in occasione del loro primo lancio sul mercato. L'esecutivo si riserva anche di avvicinare progressivamente le norme sui prepensionamenti dei giornalisti alla normativa generale dettata dalla legge Fornero e di rivedere composizione e competenze dell'ordine dei giornalisti (che dovrà avere un numero massimo di 60 consiglieri). Nella riforma sono state inserite infine novità per la Rai: la concessione del servizio pubblico durerà dieci anni ed è prevista una proroga di 90 giorni per la concessione attuale. E' stato poi introdotto un tetto di 240mila euro euro per gli stipendi degli amministratori, dipendenti e consulenti della TV pubblica.