19 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Dopo la bocciatura della legge lombarda anti-moschee

Sì alle moschee? Salvini non ci sta: «Consulta islamica, complice dell'invasione»

Non si può dire che l'abbia presa bene. Matteo Salvini ha subito commentato amaramente la bocciatura da parte della Corte Costituzionale della legge anti-moschee lombarda, accusando la Consulta di essere «islamica». E Giorgia Meloni - con cui su altri fronti la divisione è palese - su questo è con lui

ROMA - Matteo Salvini non l'ha presa bene. La bocciatura da parte della Consulta della legge regionale lombarda «anti-moschee» non è andata giù al leader leghista, impegnato ormai da mesi - se non da anni - a sventolare il pericolo di infiltrazioni terroristiche dai barconi fino alle nostre città. «E brava la Consulta islamica, complice dell'invasione», ha scritto su Facebook. Non è da meno la reazione del governatore lombardo Roberto Maroni, che, sempre sui social, ha affermato: «Ora la sinistra esulta: Allah Akbar»«Voglio vedere le motivazioni - ha precisato poi in serata il governatore - Da quello che ho capito penso che siano superabili. Non si tratta della violazione dei diritti di religione, riguarda qualcosa legata alle procedure dei comuni. Penso siano superabili e reagiremo una nuova legge».

Giorgia Meloni sta con la Lega
Molto simile la linea di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia: «Secondo gli illuminati giudici della Consulta è 'discriminazione' stabilire regole severe per creare luoghi di culto. Secondo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale invece è il presupposto per far sì che ciascuno professi la propria religione nel rispetto di tutte le culture e dei valori della Nazione che accoglie», ha scritto su Facebook. «Ma in attesa di leggere le motivazioni della sentenza - ha proseguito - rivolgiamo una domanda a Renzi: con tutti i problemi veri che hanno gli italiani, perché il Governo spende i soldi (degli italiani) per impugnare leggi di buonsenso? La sinistra dimostra ancora una volta di occuparsi e battersi per i diritti di tutti, tranne quelli del popolo italiano». Nonostante i recenti coltelli sfoderati sulla candidatura di Bertolaso a Roma, dunque, sulla questione moschee la destra viaggia compatta. La posizione è chiara: bisogna limitare i luoghi di culto islamici dove possano nascere e proliferare «terroristi in erba»

Tra diritto e sicurezza
In realtà, la questione è particolarmente complessa. Perché la Costituzione italiana prescrive un inalienabile diritto a praticare il proprio culto in forma pubblica o privata, diritto peraltro riaffermato all'art.18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e all'articolo 19 della Convenzione europea. In presenza di minacce fondamentaliste, però, la situazione si complica. Se la rete delle moschee viene talvolta utilizzata dall'estremismo islamista per contrastare il dialogo e l'adattamento allo stile di vita occidentale e incitare a forme di intolleranza, come equilibrare la libertà di culto alle esigenze di sicurezza? Di certo, azioni repressive e di intelligence sono del tutto auspicabili. Non a caso, un rapporto riservato del Ministero degli Interni – datato 2007 e reso pubblico l’anno successivo da Repubblica – rivela che numerosi centri sono sotto stretto controllo da parte della polizia perché sospettati di diffondere odio e incitare alla violenza. In alcuni casi sono stati aperti dei procedimenti penali che hanno condotto anche a condanne definitive, come per Abu Imad (l’ex-imam della sala di preghiera di viale Jenner a Milano). Eppure, la limitazione di un diritto a priori, che di fatto va a ledere intere comunità di onesti cittadini più che singoli estremisti, è certamente discutibile: e la sentenza della Consulta lo dimostra.

La rivolta della Lega
La legge lombarda prevedeva ampie restrizioni volte a scoraggiare la costruzione di luoghi di culto islamici, imponendo, tra le altre cose, ai richiedenti di farsi carico delle spese per parcheggi, strade e impianti di videosorveglianza. Il dubbio delle opposizioni, però, era che quel provvedimento, oltre ad essere dichiaratemente discriminatorio, fosse anche controproducente rispetto all'intento: meglio luoghi di culto palesi e regolamentabili, o cantine nascoste e potenzialmente incontrollate? Eppure, la Lega Nord è convinta: meno moschee, meno terroristi. Per Paolo Grimoldi, deputato del Carroccio e Segretario della Lega lombarda, si è trattato dell’«ennesima ingerenza politica di Roma, e del Governo Renzi (mai eletto dal popolo), nei confronti di chi, democraticamente eletto come il Governatore Maroni, cerca solo di tutelare il proprio territorio e raccogliere le istanze dei suoi cittadini». E ha citato la «proliferazione incontrollata di pseudo luoghi di culto nel Bresciano e nel Cremonese, dove i garage diventano moschee improvvisate, con imam venuti da fuori che nessuno conosce e che non parlano italiano». Dal canto suo, Massimiliano Romeo ha promesso che «noi non ci arrendiamo, non intendiamo far diventare Milano e la Lombardia una enclave del Califfato». La battaglia, insomma, si prospetta particolarmente agguerrita. Di fronte alla cosiddetta «minaccia islamica», la Lega Nord è pronta a combattere. E c'è da scommettere che della questione sentiremo ancora parlare.