19 aprile 2024
Aggiornato 09:30
il sindaco forse ci ripensa

Dimissioni o sfiducia? Gli scenari aperti per Marino

Se andasse in aula, sarebbe certa la mozione di sfiducia del Pd, ma non i numeri per approvarla

ROMA - Che cosa potrebbe succedere in concreto se Ignazio Marino ritirasse nei prossimi giorni le sue dimissioni? Avendo firmato e protocollato la lettera il 12 ottobre, fatti decorrere i 20 giorni che la legge gli concede, entro il 1 novembre il sindaco uscente deve assolutamente "sciogliere la prognosi». In assenza di cambiamenti, e quindi a dimissioni effettive, il 2 novembre il prefetto di Roma Franco Gabrielli nominerebbe commissario e subcommissario che accompagnerebbero la Capitale verso la prima finestra elettorale utile. Anche se c'è chi teme, come il M5S, che con la motivazione del Giubileo in corso la gestione commissariale potrebbe «allungarsi» fino al dicembre 2016, cioè fino al termine dell'Anno Santo.

Se Marino ritira le sue dimissioni si apre una crisi politica
Se Marino invece ritirasse le sue dimissioni, come ventilato oggi, per potersi recare in Consiglio e aprire una crisi politica, il sindaco potrebbe, innanzitutto, doversi confrontare con l'ipotesi delle dimissioni in massa da parte dei membri della Giunta. A quel punto dovrebbe mettere in campo una squadra nuova di zecca e chiedere la fiducia dell'Assemblea capitolina. Anche se questo non si verificasse, Marino potrebbe comunque chiedere la convocazione dell'Assemblea capitolina per cercare il rinnovo della fiducia alla sua gestione. La presidente d'Aula, Valeria Baglio, avrebbe 20 giorni di tempo per convocarla, e peraltro giace ormai dalla scorsa settimana analoga richiesta presentata dall'opposizione, rispetto alla quale la presidente sta al momento ancora temporeggiando, non convocando nemmeno la Conferenza dei capigruppo in Consiglio comunale che dovrebbe, da regolamento, decidere se e quando riunirlo.

19 voti al Pd non bastano
Se Marino andasse in aula romperebbe definitivamente con il Pd ma - istituzionalizzando la crisi politica e mettendo il partito all'angolo - potrebbe aspirare a correre alle prossime elezioni con una propria Lista civica, scenario gradito ai suoi sostenitori. Per sfiduciare Marino appena mette piede in Aula, opzione ventilata da parte del Pd, i 19 consiglieri del partito dovrebbero presentare una mozione apposita, che però per essere effettiva dovrebbe essere votata da 25 consiglieri comunali. E qui parte l'analisi algebrica. Sì, perché si sono già detti indisponibili a votare la mozione di sfiducia eventuale i 4 consiglieri di Sel, e in teoria dovrebbero essere contro anche i 5 eletti nella Lista civica Marino sindaco, anche se nello stesso entourage di Marino ci sarebbero dubbi sulla sua tenuta.

Gli scenari futuri
I 4 consiglieri del M5S hanno già sottoscritto una propria mozione di sfiducia a Marino, anche se respinta per incongruità dalla Presidenza dell'assemblea capitolina, che lo ha fatto sapere ieri in una nota, e si dovrebbe capire quanti si unirebbero a loro dei rimanenti consiglieri comunali, così ripartiti: 3 di Forza Italia, 2 per Alleanza popolare nazionale, 2 per Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, l'ex sindaco Gianni Alemanno, unico rappresentante del gruppo Cittadini per Roma , 2 della lista Marchini, 1 del Popolo delle Libertà, 1 per Centro democratico e 4 per il gruppo misto. Per far cadere definitivamente la Giunta si potrebbe anche arrivare a una dimissione a valanga dei consiglieri, ma anche in questo caso il Pd dovrebbe unire ai suoi 19 voti anche qualcuno delle opposizioni, approfondendo il problema politico apertosi intorno alla gestione del post-Marino. C'è anche chi pensa che il Pd, per far calmare le acque, dovrebbe permettere a Marino di trovare i numeri per tirare avanti fino a dicembre, e poi affossarlo arrivando alla bocciatura del bilancio. Ma questo aprirebbe uno scenario di commissariamento non solo politico, ma anche dei conti della Capitale e, con il Giubileo alle porte, la cosa potrebbe essere l'ennesimo boomerang. (Fonte Askanews)