20 aprile 2024
Aggiornato 08:00
Il fatto risale al settembre 2008

Anzio, detenuto morto: Confermata l'assoluzione di 4 poliziotti

Nel 2008 Stefano Brunetti, 43 anni, viene arrestato per furto. Trasportato dal commissariato di Anzio al carcere di Velletri, quella stessa notte Brunetti muore: per i poliziotti fu autolesionismo, per la Procura di Velletri a provocare la morte furono le percosse subite. Oggi i poliziotti sono stati assolti

ROMA - E' stata confermata in secondo grado l'assoluzione di quattro poliziotti, due dei quali accusati di avere avuto responsabilità nella morte di Stefano Brunetti, l'uomo di 43 anni che, arrestato l'8 settembre 2008 per furto e lesioni, che morì il giorno dopo in ospedale. A far cadere le contestazioni sono stati i giudici della I corte d'assise d'appello, presieduta da Mario Lucio D'Andria con Giancarlo De Cataldo, che ha confermato la sentenza nei confronti di Salvatore Lupoli, Alessio Sparacino, Daniele Bruno e Massimo Cocuzza (gli ultimi due sotto processo solo per l'accusa di falso sul verbale d'arresto).

«Perché il fatto non sussiste»
Stefano Brunetti aveva 43 anni quando venne arrestato nel settembre 2008 per aver tentato di rubare nel garage di una casa ad Anzio. Portato al commissariato, in piena notte, venne trasferito al carcere di Velletri. Secondo gli agenti che lo avevano in custodia, Stefano si rese protagonista di gravi atti di autolesionismo, con il risultato che la mattina seguente fu portato al pronto soccorso più vicino dove solo qualche ora dopo morì. Per la Procura di Velletri, quella morte era stata provocata dalle percosse che Brunetti aveva subito. I quattro poliziotti mandati a giudizio però sono stati assolti in primo grado con le formule «perché il fatto non sussiste» o «per non aver commesso il fatto». Oggi, la conclusione del processo d'appello, con la conferma della sentenza assolutoria.

La rabbia della sorella di Stefano
La sorella di Stefano, la signora Carmela, ha cercato di trovare il motivo di quanto avvenuto. In una intervista ha spiegato: «Durante il processo in corte di assise abbiamo fornito prove tecnico-scientifiche inconfutabili, strano che non ne abbiano tenuto conto e che abbiano creduto alla palese e falsa testimonianza dei poliziotti chiamati a testimoniare in favore dei loro colleghi che tra i tanti 'non ricordo' ricordavano solo i gesti di autolesionismo di mio fratello che dava pugni e testate sulla porta della cella. Siamo cresciuti in una famiglia numerosa, nella realtà di un quartiere povero - aggiunse - Stefano frequentava brutte compagnie ed era troppo fragile per distinguere le strade giuste da quelle sbagliate. Troppo fragile per dire di no a quel mondo che ha sporcato le sue abitudini, i suoi scopi, ma non il suo cuore. Cade nel tunnel della droga e nel corso della sua vita la tossicodipendenza lo ha portato a commettere furti, allo scopo di ricavarne i soldi necessari per la droga, ma non era in grado di fare del male a nessuno».