Vogliamo i colpevoli dei funerali del boss
Dopo lo sconcerto per l'indegno show mafioso, parte la caccia ai responsabili. E il più classico degli scaricabarile. Tra i distinguo di questura, prefettura e istituzioni varie, l'unico a pagare rischia di essere il povero elicotterista
ROMA – Oltre al danno, potevano almeno risparmiarci la beffa. E invece no. L'unico spettacolo forse ancor più osceno dei funerali in pompa magna celebrati per il padrino Vittorio Casamonica è il teatrino delle istituzioni andato in scena nei giorni successivi. Non appena la bomba è esplosa loro tra le mani (probabilmente oltre le loro aspettative, visto che il caso ha raggiunto perfino le prime pagine dei quotidiani americani), i rappresentanti dello Stato si sono affrettati a chiamarsi fuori dalle proprie responsabilità. Ed è partito il consueto coro dei «non sapevo», «non ho visto niente», «non c'ero e se c'ero dormivo e sognavo di non esserci». Un atteggiamento che somiglia talmente tanto a quell'omertà così in voga nelle regioni più mafiose da aggiungere un ulteriore tocco inquietante ad un quadro già piuttosto disgustoso così com'era.
Chi balbetta…
La questura, dal canto suo, ha minimizzato: «Il defunto, morto nelle prime ore del 19 agosto, dopo una malattia di circa un anno, risulta ai margini degli ambienti criminali, come confermato dalle recenti attività investigative nel corso delle quali lo stesso non è mai emerso». Insomma, Vittorio era uno che non contava niente: dovrebbero spiegarlo alla stessa famiglia Casamonica, che durante le esequie ha appeso uno striscione alla facciata della chiesa di Don Bosco definendolo «re di Roma». Ma c'è di più: «Nessuna notizia relativa allo svolgimento dell’evento era stata comunicata». Evidentemente nessuno alla questura aveva mai pensato a monitorare l'attività di uno dei clan mafiosi più potenti della capitale d'Italia. Evidentemente aspettava che fossero gli stessi Casamonica a comunicarle la morte del proprio capo spirituale. Senza pensare che potevano anche accorgersene senza scomodare chissà quali attività investigative, ma semplicemente leggendo il nome stampato sui manifesti mortuari.
…chi è ignaro…
Eppure anche il ministro degli Interni Angelino Alfano e il suo prefetto Franco Gabrielli sono caduti dalle nuvole. Il primo ha richiesto una relazione al secondo, che per capirci qualcosa ha fatto partire una raffica di richieste di chiarimento alla questura, ai carabinieri, ai vigili urbani e al Comune. «Sono stati fatti errori ma Roma non è connivente – ha dichiarato Gabrielli a Famiglia cristiana – Non è corretto parlare di una criticità riferita al luogo. Dico che è accaduta una cosa grave. Stigmatizzabile. Non doveva accadere. E invece è accaduta». Lui, chiaramente, non ne sapeva nulla: «Né sul tavolo del Questore né sul mio è arrivata nessuna segnalazione in tempo utile. E qui sta il problema».
…e chi paga?
Naturalmente, che quel giorno a quell'ora si sarebbero svolti i funerali del boss lo sapevano proprio tutti. Lo sapevano i giudici, che avevano autorizzato il figlio Antonio Casamonica, agli arresti domiciliari, a dare l'ultimo saluto al padre. E lo sapevano pure polizia e vigili urbani che (per motivi di semplice «viabilità», s'intende) hanno scortato il corteo funebre fino alla parrocchia, manco si trattasse di una cerimonia di Stato. Ora, di questa grottesca presa per i fondelli ci siamo stufati: siccome quanto accaduto (consentire di lanciare un messaggio mafioso dal cuore di Roma) è di una gravità inaudita, pretendiamo che la vicenda si chiuda con l'individuazione di tutti i responsabili. E che questi si dimettano, tutti quanti, a partire dal ministro Alfano e dal prefetto Gabrielli. Stavolta non ci accontenteremo, infatti, che a pagare resti solo il povero elicotterista napoletano che ha sorvolato la piazza senza autorizzazione per gettare i petali di rosa e che per questo si è visto sospendere la licenza dall'Ente nazionale aviazione civile. Anche stavolta cercano di scaricare la colpa sul soggetto più debole, sull'ultimo anello della catena. È così che si comporta la mafia.
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