24 aprile 2024
Aggiornato 17:30
Omicidio di Garlasco | La sentenza

Stasi ha mentito, il suo racconto è quello dell'aggressore

Lo scrivono i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza emessa il 17 dicembre scorso a carico di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi.

MILANO (askanews) - «Stasi non ha detto la verità sul ritrovamento del corpo di Chiara, il suo racconto è quello dell'aggressore non dello scopritore». Lo scrivono i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza emessa il 17 dicembre scorso a carico di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi.
Secondo il collegio presieduto da Barbara Bellerio, «Alberto Stasi ha reso un racconto incongruo, illogico e falso quanto al ritrovamento del corpo senza vita della fidanzata».
Lo testimoniano le impronte digitali trovare sul dispenser del sapone «sicuramente utilizzato dall'aggressore per lavarsi le mani dopo il delitto».
Impronte, sottolineano i giudici, «entrambe dell'anulare destro di Alberto Stasi, che lo individuano come l'ultimo soggetto a maneggare quel dispenser. Anche la posizione delle due impronte dimostrano che Stasi maneggiò il dispenser per lavarlo accuratamente, dopo essersi lavato le mani e avere ripulito il lavandino, il che spiega l'assenza di sangue sul dispenser e nel sifone».

Motivazione forte ha scatenato raptus
Va ricercata nel rapporto «pregresso» tra Alberto Stasi e Chiara Poggi quella «motivazione forte» che ha poi scatenato «il raptus omicida» dell'ex bocconiano. Secondo i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano che il 17 dicembre scorso hanno condannato Stasi a 16 anni di carcere per l'omicidio della fidanzata, «anche se il movente dell'omicidio di Garlasco è rimasto sconosciuto, ancora una volta è la scena del crimine ad individuarlo in quel rapporto di 'intimità scatenante una emotivita' che non può che appartenere ad un soggetto emotivamente legato alla vittima».
«Le modalità dell'aggressione - si legge in un passaggio delle motivazioni della sentenza - inducono ad individuare l'esistenza di un pregresso tra vittima e aggressore, tale da scatenare un comportamento violento da parte di quest'ultimo, evidentemente sorretto da una motivazione forte, che ha provocato in quel momento il raptus omicida portato fino alle estreme conseguenze». Queste motivazioni «hanno fatto sì che lo stesso si vedesse costretto ad aggredire la vittima e ad eliminarla lanciandola giù dalle scale».

Decisiva perizia su tappetini Golf di Stasi
La perizia sul tappetino della Golf utilizzata da Alberto Stasi per recarsi dai Carabinieri e denunciare l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi: è questo uno degli elementi che hanno spinto i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano a condannare a 17 anni l'ex bocconiano.
Lo si apprende dalla lettura delle motivazioni della sentenza emessa il 17 dicembre scorso. In un passaggio del dispositivo, i giudici sottolineano come i risultati della perizia condotta sul tappetino dell'autovettura «escludono il passaggio di Stasi dal luogo del delitto nei termini da lui forniti», ed «escludono altresì che tale passaggio possa essere avvenuto senza il trasferimento di sangue sulle sue scarpe prima e sui tappetini dell'auto poi (la cui positività al Luminol è stata indicata permanere anche a distanza di molti giorni)».
E questa, evidenziano ancora i giudici milanesi, una novità emersa proprio nel processo d'appello-bis: «L'attuale perizia - si legge nel provvedimento - infatti ha per la prima volta individuato il trasferimento sui tappetini come elemento non adeguatamente approfondito in precedenza, ma maggiormente idoneo a fornire risultati significativi».