1 maggio 2024
Aggiornato 23:30
Corte d'assise d'appello di Milano

Delitto di Garlasco, l'accusa chiede 30 anni di carcere per Alberto Stasi

Il Sostituto Procuratore Generale Laura Barbaini dopo una requisitoria lunga quattro ore, alla fine ha chiesto per un omicidio che considera aggravato dalla crudeltà, il massimo della pena «consentito» dal rito abbreviato scelto da Stasi

MILANO - Trent'anni. Oggi nell'aula della II corte d'assise d'appello di Milano l'ex bocconiano Alberto Stasi ha sentito rituonare quella richiesta che, nel 2009, non venne accolta dal gup. A rincorrere la convinzione che lui sia l'autore dell'omicidio dell'ex fidanzata Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto del 2007 a Garlasco, stavolta è la pubblica accusa d'appello. Il sostituto procuratore generale Laura Barbaini dopo una requisitoria lunga quattro ore, alla fine ha chiesto per un omicidio che considera aggravato dalla crudeltà, il massimo della pena 'consentito' dal rito abbreviato scelto da Stasi.

Non ci sono piste alternative che portino a pensare sia stato qualcun altro, il percorso fatto dall'omicida, incalza il pg, è quello descritto da Stasi che, sempre secondo l'accusa, avrebbe ucciso tra le 9 e 12 e le 9 e 35 del mattino. Il magistrato ha poi chiesto la rinnovazione della perizia sulle macchie di sangue rinvenute sui due gradini all'interno della villetta dove Chiara quella mattina è stata aggredita. Quei due gradini che il magistrato ha definito «cuore del processo e fulcro dell'omicidio» considerata l'importanza «chiave», a suo parere, sia riguardo all'azione dell'assassino che nell'azione di Stasi.

Il messaggio all'amico al mare - Quelle macchie (peraltro cadute su un materiale: granito liscio, diverso dal pavimento della sala) non sono mai state esaminate, ha sostenuto il pg, eppure l'esperimento è importante. Se scendendole fosse inevitabile sporcarsi, come lei ritiene, Stasi avrebbe mentito. Obiettivo è che sia valutato il grado di essiccazione di quelle macchie al momento del ritrovamento del corpo. Mentre il pg ha poi affrontato il tema del movente, (ritenendo che anche se non è probatoriamente provato ciò non esclude di considerare il complesso della situazione), ha quindi citato un dettaglio, un messaggio che Stasi avrebbe inviato (e poi cancellato) alle due di notte tra l'11 e il 12 agosto ad un amico. Il magistrato lo ha richiamato quale traccia di «un'emergenza che era in corso», anche se non si sa quale fosse.

La simulazione del Legale della famiglia - Ad ascoltare tutto Alberto, a pochi metri dai genitori di Chiara con cui, ormai come sempre accade, non c'è stato mai un incrocio di sguardi. Quando la parola, dopo l'accusa, è passata alla parte civile, in aula sono state riproposte delle immagini. Davanti agli occhi del collegio, due magistrati togati e sei popolari, il legale della famiglia ha mostrato il filmato da loro prodotto, che simula, quanto sarebbe avvenuto. E quindi fatto richiesta di nuove perizie, ancora una volta sui due gradini che sarebbero stati esclusi dalla simulazione svolta dallo stesso Stasi.
Secondo la parte civile Alberto si sarebbe recato a casa di Chiara con la bicicletta nera, (ne aveva parlato una testimone), sarebbe poi tornato a casa a lavorare al computer, quindi avrebbe portato nel magazzino la bici nera, per prendere quella bordeaux (finita sotto sequestro con le ormai famose tracce sui pedali) disfarsi dell'arma (mai trovata, secondo il pg un martello) delle scarpe e dei vestiti. Quindi prendere la macchina e raggiungere la villetta. Un'udienza fiume durata nove ore, all'interno di un'aula dove i genitori di Chiara sono entrati con grande anticipo, alle 8 e mezza del mattino, mentre si è presentato all'orario previsto Stasi. Un passo più deciso, con una mano teneva stretto a sé un voluminoso faldone, con l'altra stringeva la valigetta portadocumenti color cuoio. Dentro, le carte, gli atti che a due anni di distanza si è rimesso a studiare dalla primavera scorsa. Dopo la giornata di oggi, 'dedicata' all'accusa, la parola passerà al suo legale, l'avvocato Angelo Giarda.
Quindi, programmata per il 6 dicembre, la camera di consiglio: quel giorno la giuria potrebbe emettere il verdetto oppure decidere di 'riaprire' il caso.