19 aprile 2024
Aggiornato 00:30
Parlamento Donna

Democratizzazione digitale? Non per anziani e disabili

Giulia Di Vita (M5S) denuncia la scarsa accessibilità di molti siti istituzionali nei confronti di anziani e disabili. Secondo le stime, un sito non ben accessibile è in grado di tagliare fuori ben 650.000 utenti. Per la deputata, le leggi italiane e internazionali esistono; il problema è la loro applicazione. Affinchè il digitale smetta di dividere, e inizi a unire.

ROMAUna delle emergenze indiscutibili nel nostro Paese è rappresentato da quegli oltre 3 milioni di persone che convivono con forme di disabilità, che ogni giorno devono affrontare, sul loro cammino, numerosi ostacoli, spesso invalicabili. Uno di questi - e se ne parla poco - riguarda la possibilità, per costoro, di accedere a siti web che, molto spesso, non rispondono ai canoni di accessibilità universale fissati per legge. A portare la questione all'attenzione della Camera, è stata Giulia Di Vita, deputata del Movimento Cinque Stelle, che ha denunciato come, secondo uno studio realizzato dal Censis, molti siti dei Ministeri e di altri enti pubblici di rilevanza nazionale non rispettino ancora del tutto i requisiti di accessibilità per una fetta di cittadini che corrisponde al 5-6% della popolazione totale.

ANZIANI E DISABILI TAGLIATI FUORI DAL WEB - In particolare, secondo una ricerca elaborata dalla Nielsen e presentata allo Smau 2002, numerosissime sarebbero le persone, tra anziani e disabili,che  rimangono «tagliate fuori dalla mancata democratizzazione della Rete», perché solo «il 20 per cento dei disabili ha una buona attitudine a navigare su Internet (si tratta, spiega lo studio, di circa 530.000 persone)», e «la quota diover 65 non disabili che usa il web è il 2,4 per cento del totale (un po’ meno di 130.000 persone)». Il dossier presentato dalla Banca popolare di Milano arriva a stimare che un sito non adeguatamente accessibile taglia fuori un pubblico già oggi ricettivo di circa 650.000 persone.

SITUAZIONE ETEROGENEA E SPESSO NON ALL'ALTEZZA - La deputata cinque stelle ha quindi ricordato, sulla stregua di numerosi studi, che «le istituzioni dello Stato e le pubbliche amministrazioni stanno andando sul web in ordine sparso con punte di eccellenza accanto ad imbarazzanti ritardi»: le barriere informatiche, insomma, non sarebbero ancora rimosse per ampie fette di popolazione. In particolare, molte sono le difficoltà che «le persone con disabilità incontrano nell'usare un sistema informatico», difficoltà che «derivano da carenze nella progettazione del software e dei contenuti dei siti web, che non tengono conto dei principi della progettazione universale e dell'usabilità e della possibilità di utilizzare dispositivi specificamente realizzati per favorire l'uso dei computer da parte dei disabili».

GLI STRUMENTI NORMATIVI, ITALIANI E EUROPEI, CI SONO - Una problematica, questa, sottolineata dai programmi della Commissione europea, ma evidenziata più volte anche a livello nazionale. Accessibilità, ricorda l'interrogante, «significa anche usabilità, cioè la capacità di un sito di esporre le informazioni in modo efficace e intuitivo, facilmente raggiungibili». In questo senso si è mossa la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal Parlamento italiano nel 2009, che «afferma e sottolinea il diritto all'accesso all'informazione. Secondo l'articolo 21 le persone con disabilità hanno diritto a ricevere informazioni su base di uguaglianza. Quando ciò non accade la discriminazione è evidente». Sulla stessa linea, la legge Stanca del 2004, che «ha costituito un primo, importante passo per lo sviluppo di un web che consenta a tutti di accedere alle informazioni ed ai servizi che vengono proposti; la legge, ed i successivi decreti, definiscono un insieme di regole e procedure che consentono di valutare il livello di accessibilità di un sito e conseguentemente di certificarlo, impegnando inarticolate le pubbliche amministrazioni a fornire informazioni in modo che siano accessibili e fruibili a tutti i cittadini». L'esigenza di porre in essere strumenti per combattere il cosiddetto digital divide è stata avvertita dal legislatore anche con il CAD (Codice dell'amministrazione digitale), il cui articolo 8 dispone che «lo Stato promuove iniziative volte a favorire l'alfabetizzazione informatica dei cittadini con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire l'utilizzo dei servizi telematici delle pubbliche amministrazioni». Lo stesso codice, sottolinea la Di Vita, prevede peraltro una linea di interventi volti a favorire l'integrazione, sul web, delle persone con disabilità: le parole chiave sono dunque «razionalizzazione, aggiornamento e adeguamento dell'impianto complessivo della normativa italiana alla dimensione culturale e operativa promossa dalla Convenzione ONU in materia di accessibilità; adozione dei regolamenti attuativi secondo quanto già elaborato a livello tecnico [...]; maggior promozione dell'attuazione del diritto all'accesso alle tecnologie e ai media, anche attraverso un impegno specifico dell'Agenzia per l'Italia digitale». Tutti provvedimenti recepiti dall'Agenzia per l'Italia digitale (AgID), che pare aver provveduto a informare in tal senso le pubbliche amministrazioni. 

IL PROBLEMA È APPLICARE LE NORME - Eppure, nonostante la normativa vigente, la Di Vita denuncia una sostanziale inadeguatezza dei siti della pubblica amministrazione nel soddisfare tali requisiti. La situazione sarebbe molto eterogenea: «a fronte di situazioni di eccellenza, molti siti web pubblici non permettono a tutti i cittadini un pieno accesso ai servizi erogati sul web e non risultano totalmente accessibili». Una battaglia ingaggiata dalla deputata pentastellata a seguito della segnalazione di un privato cittadino, «il quale, sulla base della propria esperienza personale, riferisce dell'impossibilità constatata di accedere ai documenti in formato pdf dell'area riservata del sito istituzionale dell'INPS». Un miglioramento della situazione, specifica l'interrogante, «si dovrebbe ottenere con la realizzazione del sito PubbliAccesso dell'AgID; il sito, non ancora integralmente operativo, dovrebbe infatti divenire un punto di riferimento per tutta la pubblica amministrazione favorendo la comunicazione tra tutti gli attori interessati alle tematiche dell'accessibilità»; eppure, rimane aperto il problema di prevedere una specifica formazione dei realizzatori di tali siti, a cui si richiede di rispettare i requisiti di accessibilità sopra ricordati.  

PERCHÈ IL DIGITALE NON DIVIDA, MA UNISCA - Per tali ragioni, la deputata Cinque Stelle chiede al governo «quali attività di verifica abbia già intrapreso, o intenda al più presto intraprendere, al fine di valutare l'adeguamento di tutti i siti istituzionali e delle pubbliche amministrazioni alle norme sull'accessibilità web e quali ulteriori provvedimenti intenda adottare per colmare le eventuali lacune riscontrate; quali siano le cause principali che determinano oggi la mancata ottemperanza alla normativa sull'accessibilità web da parte di certe istituzioni e pubbliche amministrazioni; se possa fornire un report dell'attività svolta recentemente a riguardo dall'Agenzia per l'Italia digitale [...]; se e quali eventuali sanzioni, risultino ad oggi esser state comminate a carico dei dirigenti amministrativi alla luce della situazione descritta in premessa; se possa chiarire per quali ragioni il portale www.pubbliaccesso.gov.it risulti ancora in fase di aggiornamento e entro quale termine la sua funzionalità; con quali modalità e secondo quali criteri soggettivi e oggettivi sia stato formato l'albo dei valutatori di accessibilità dell'AgID e secondo quali regole venga gestito il medesimo; quanti accessi si stimi verrebbero effettuati in media al portale www.pubbliaccesso.gov.it; quali opportune attività promozionali presso le amministrazioni pubbliche abbia già intrapreso, o intenda intraprendere, al fine di pubblicizzare maggiormente l'utilizzo del portale www.pubbliaccesso.gov.it». Un'interrogazione puntuale e severa, ma necessaria affinchè il digitale, una volta per tutte, non sia uno strumento di divisione, ma di reale condivisione e democratizzazione per tutti i cittadini.