Gentiloni parla di guerra ma l'aula è semivuota
Si è conclusa da poco l'Informativa urgente del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, alla Camera sugli sviluppi della situazione libica. Nonostante le opposizioni avessero richiesto a gran voce che il ministro esponesse in aula, presenti alla dissertazione poco più di un centinaio di deputati.
ROMA - Alle 8.50 il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha dato inizio in aula a Montecitorio alla informativa urgente sulla drammatica situazione libica, sui recenti sviluppi e sulle conseguenze che potrebbero esserci nel nostro Paese. Nonostante la rilevanza e la delicatezza della questione, l'Emiciclo della Camera si presentava semivuoto. Poco più di cento i deputati presenti in aula all'inizio della dissertazione del numero uno della Farnesina.
IN CERCA DI UNA SOLUZIONE POLITICA - Il ministro degli Esteri parla alla Camera dopo un colloquio con il Segretario di Stato degli Stati Uniti, John Kerry, e sottolinea che il nostro Paese è pronto a coadiuvare l'azione dell'ONU, un'azione che ad oggi risulta essere di natura prettamente «politica». La situazione è di estrema fragilità: ci si muove in «assenza di un contesto istituzionale» e questo non può che rendere più complessa e articolata la ricerca di una soluzione.
SERVONO MAGGIORI SFORZI DIPLOMATICI - È necessario, secondo le parole del ministro degli Esteri, che si moltiplichino «gli sforzi diplomatici», in un contesto che degenera ora dopo ora. I terroristi cercano di prendere la città di Sirte, minacciano la presa di altre città di una Libia che, dalla morte del Colonnello, sembra capitolata a due secoli fa, con una società «tribalizzata». Paolo Gentiloni si mostra fortemente preoccupato per gli sviluppi prossimi della situazione, che potrebbero vedere un «rischio di saldatura» tra i terroristi dello Stato islamico e le tribù locali. La situazione diverrebbe, a quel punto, ancora più ingestibile. Per Gentiloni l'Occidente e l'Italia in primis non si tratta di un attacco all'islamismo: non si tratta di «avventure e tanto meno crociate. Chiediamo alla comunità diplomatica di aumentare gli sforzi», afferma Gentiloni.
POCHI GIORNI FA - Solo pochi giorni fa, il numero uno della Farnesina affermava che l'intervento in Libia si mostrava necessario e urgente. La situazione nel Paese si faceva sempre più precaria, a causa soprattutto dell'avanzata degli jihadisti. Il ministro degli Esteri lo scorso 13 febbraio affermava: «Siamo sotto minaccia, pronti ad azione in un quadro di legalità internazionale». Dal primo febbraio, i connazionali presenti sul territorio libico erano stati invitati a lasciare il Paese, per misure di sicurezza, e sul sito della Farnesina si leggeva: «A fronte del progressivo deterioramento della situazione di sicurezza in Libia e degli scontri che stanno interessando in Paese, si ribadisce il pressante invito ai connazionali a non recarsi in Libia e a quelli tuttora presenti a lasciare temporaneamente il Paese». Commentando le notizie allarmanti che arrivavano dalla Libia, il ministro sosteneva che l'Italia supportava qualsiasi azione dell'ONU, che cerca «di trovare una mediazione tra le diverse forze». Qualora, però, la mediazione non fosse sufficiente, il ministro Gentiloni suggeriva di «porsi il problema con le Nazioni unite di fare qualcosa di più». Cosa esattamente? L'Italia è «pronta a combattere in un quadro di legalità internazionale».
LA MINACCIA AL MINISTRO - Dopo quelle parole, i jihadisti avevano lanciato un messaggio preciso e pesante: una delle emittenti radiofoniche controllate dall'Isis ha definito il ministro degli esteri «ministro dell’Italia crociata». A qualche centinaio di chilometri dalle coste italiane, quindi, i terroristi islamici si preparano a punire le parole del numero uno della Farnesina, che, però, imperterrito, quel giorno stesso confermava quanto sostenuto in precedenza: «Già ora l’Italia è in prima linea nella lotta a terrorismo sul piano militare, politico, culturale questa battaglia dobbiamo farla anche in Libia di fronte alla minaccia terroristica che cresce a poche ore di navigazione. Certamente in una cornice Onu, ma non possiamo sottrarci alle nostre responsabilità per ragioni geografiche, economiche e di sicurezza».
ALFANO: 4800 SOLDATI IN PIU' - L'allerta resta massima. Oggi a New York si terrà il Consiglio di Sicurezza: il ministro degli Esteri italiano afferma che «ci attendiamo la presa di coscienza al Palazzo di vetro della necessità di raddoppiare gli sforzi per favorire il dialogo politico» nel Paese nordafricano. Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, con un vertice d'urgenza convocato nella serata di ieri al Viminale sottolinea la necessità di tenere alto il livello di attenzione e schiera 4.800 soldati in più sulle strade italiane, a presidio dei siti sensibili.
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