19 aprile 2024
Aggiornato 10:00
Minzolini delegittima l'attuale Direttore generale

Scontro Gubitosi-politica, in ballo il destino dei Tg

Il piano di riorganizzazione dell'informazione Rai presentato da Gubitosi fa discutere, ormai da mesi, la politica. Si tratterebbe di accorpare i Tg in due uniche testate, modello BBC. Ma una folta schiera bipartisan di parlamentari, guidati da Pino Pisicchio, intende difendere il pluralismo, oltre alle poltrone dei direttori. Che, inutile dirlo, proprio non ci stanno a essere «rottamati»

ROMA – Solo la corsa al Quirinale ha potuto mettere in stand-by la discussione sulla riforma dell’informazione Rai che ha suscitato tanti malumori bipartisan, e che vorrebbe accorpare i vari telegiornali della Tv pubblica in due sole testate. Ma, fatto il Presidente, è giunta l’ora di rimetterci mano, e di proseguire il braccio di ferro politica-Gubitosi che aveva tenuto banco per settimane nel periodo pre-Quirinale. Ora, dopo un mese di stop in commissione parlamentare di Vigilanza, questo giovedì, tra le 14 e le 15, si voterà il parere sul piano di riforma del sistema informativo Rai. Intanto, il senatore di Forza Italia Augusto Minzolini, che di tg Rai se ne intende, esprime le sue perplessità sulla vicenda: «c’è un consiglio d’amministrazione che sta alla fine, c’è un direttore generale che non si sa quanto va avanti, c’è in discussione anche la riforma del canone: insomma, è una situazione po’ singolare», dichiara.

MINZOLINI: LA LINEA EDITORIALE DEVE ORGANIZZARSI ORIZZONTALMENTE - Ma ciò che Minzolini, autore di un emendamento sul tema, in particolar modo critica è l’idea di uno «schema piramidale nell’organizzazione dell’azienda, con due grandi direttori da cui discendono tutti gli altri». Uno schema che Gubitosi vorrebbe vedere applicato alle scelte editoriali e all’organizzazione del lavoro, con l’accorpamento di Tg1,Tg2 e Rai Parlamento da un lato, e Tg3, RaiNews24 e Tgr dall’altro. «Pertanto, nel mio emendamento propongo una cosa molto semplice», spiega Minzolini. «Facciamo uno schema piramidale per quanto riguarda l’impatto economico, l’organizzazione delle strutture e la presenza all’estero – e in questo modo salvaguardiamo gli obiettivi di risparmio e ottimizzazione –; per quanto riguarda invece le scelte editoriali e l’organizzazione del lavoro, sono compiti propri dei direttori delle testate: quindi, devono rimanere improntati su uno schema orizzontale», dichiara l’ex direttore del Tg1, «perchè è l’unico modo per garantire il pluralismo e l’autonomia informativa, che sono elementi importanti per il servizio pubblico», conclude.

PISICCHIO, CAPOFILA DEI CONTESTATORI - Il parere al voto giovedì dovrebbe essere solo un indirizzo per i vertici di viale Mazzini, ma, visti gli interessi in gioco, conterà probabilmente su un voto a larga maggioranza sulla risoluzione depositata lunedì dal relatore Pino Pisicchio, presidente del Gruppo Misto. In effetti, il piano di  riorganizzazione dei Tg è inviso a buona parte dei direttori e della politica. Gubitosi dice di volersi ispirare a una newsroom illustre come quella della BBC, peraltro risparmiando una cospicua quantità di risorse. Tuttavia, il suo progetto non convince per nulla il «capofila» delle contestazioni, Pisicchio, che, non a caso, ha inserito nella bozza da lui presentata, rivista alla luce delle considerazioni emerse nella discussione generale, un punto particolarmente inviso a Viale Mazzini: si tratta di una disposizione che potrebbe allungare i tempi a dismisura, stabilendo che il manager Rai, una volta rivisto e integrato il piano alla luce delle sollecitazioni della Vigilanza, debba nuovamente inviarlo alla bicamerale per un’ulteriore verifica prima del via libera del cda. Il tutto, indicando dettagliatamente i risparmi che ritiene di ottenere.  D’altronde, la «linea-Pisicchio» raccoglie il favore di ampi settori del centrodestra (Brunetta e Gasparri, che mai hanno perdonato a Gubitosi l’allontanamento di Mauro Mazza dalla guida del Tg2) e del centrosinistra, sensibili, si dice, alle pressioni del Tg3 di Bianca Berlinguer e dell’Usigrai. In effetti, sono in molti ad aver notato, ultimamente, la quasi costante presenza del parlamentare del Gruppo Misto al Tg3 e a Linea Notte, che ha suscitato addirittura l’ironia degli stessi giornalisti: "Ormai è così presente nei nostri tg, con interviste ed "ospitate" che sarebbe meglio inserirlo nei titoli di coda...". In ogni caso, l’ultima bozza di parere sul piano Gubitosi contiene una lunga lista di «paletti». Da un lato, afferma la necessità di «incoraggiare l’accelerazione di un processo non più rinviabile di riforma dell’informazione»; dall’altro, sottolinea però che il progetto del dg «non sembra garantire il pluralismo e l’identità editoriale delle singole testate e un loro adeguato raccordo con le reti di riferimento». Si invita, inoltre, a distinguere «il linguaggio e il modello delle informazioni all news, da quello di approfondimento» e a ricorrere «in una misura più ampia di quella attuale alle professionalità esistenti all’interno dell’azienda». Insomma, 17 punti con molti paletti. Il piano del dg, se non cassato, appare ora praticamente rimandato a settembre.

LA BBC APPROVA, MA I DIRETTORI NON VOGLIONO ESSERE ROTTAMATI - Eppure, il piano di Gubitosi non è bocciato proprio da tutti: secondo Dagospia, la BBC, chiamata in causa dalla Commissione, avrebbe difeso il progetto di riorganizzazione basato su modello inglese, con cui sarebbe possibile risparmiare e realizzare un prodotto migliore recuperando risorse umane e professionali. Eppure, il capogruppo Pd Vinicio Peluffo spiega: «Noi siamo a favore di ogni riorganizzazione, purché non limiti il pluralismo». Ma anche nel Pd «renziano» c’è chi più spinge a una rivisitazione dell’organizzazione delle testate del servizio pubblico per ridurre gli sprechi. Di certo, non sono di questo parere i direttori di testata, che intendono scongiurare la possibilità che, questa volta, la «rottamazione» tocchi a loro.

BRUTTA FINE PER L'ERA GUBITOSI - L'ala renziana del PD, Michele Anzaldi in testa, prima dell'elezione del nuovo Capo dello Stato aveva indicato una via d'uscita, consigliando di spostare il termine per la presentazione degli emendamenti e il voto della commissione sul documento di Pisicchio («forse il primo nella storia parlamentare a intimare ordini alla tv di Stato», ricordava Aldo Fontanarossa su «Repubblica»). Ora che il Presidente è stato eletto, la partita è ufficialmente riaperta. Il rischio è che le «grandi intese» anti-Gubitosi in Parlamento si traducano, nel cda della Rai, in una nuova deflagrazione dopo quella del caso-canone dello scorso novembre, a soli tre mesi dalla fine del mandato di Gubitosi. D’altronde, gli equilibri interni di viale Mazzini sono a rischio: il direttore generale può in teoria contare su una maggioranza di 5 a 3, ma non si escludono colpi di scena. Comunque la si pensi, su una cosa ha di certo ragione Gasparri: «l'era Gubitosi si chiude veramente male».