7 ottobre 2024
Aggiornato 03:00
Il capogruppo alla Camera della Lega Nord al Diariodelweb

Fedriga: «La disoccupazione ha un solo nome: Fornero»

Il capogruppo alla Camera, Massimiliano Fedriga, ha rilasciato un'intervista a DiariodelWeb.it per spiegare come la Riforma Fornero sia la prima causa dell'incremento della disoccupazione giovanile, molto più della crisi economica esplosa nel 2008.

ROMA - Il capogruppo alla Camera, Massimiliano Fedriga, ha rilasciato un'intervista a Diariodelweb per spiegare come la Riforma Fornero sia la prima causa dell'incremento della disoccupazione giovanile, molto più della crisi economica che è esplosa dal 2008. Ci ha inoltre raccontato cosa ne pensa della leadership del suo Segretario di partito: Matteo Salvini. 

Lei ha appena presentato un'interrogazione parlamentare nella quale dichiara che non solo la recessione, ma anche e soprattutto la Riforma Fornero, abbia portato il tasso di disoccupazione giovanile al 43,3%. E' così?
«Esatto.»

Può spiegare meglio ai lettori di Diariodelweb perché ritiene che vi sia una correlazione tra l'incremento della disoccupazione giovanile e la suddetta riforma?
«Certo. In un momento già difficile, caratterizzato dalla contrazione dell'offerta lavorativa, come quello che abbiamo vissuto dal 2008 in poi, se si va a prolungare di 8 anni la permanenza nel mercato del lavoro in modo improvviso e repentino, è ovvio che si vada a bloccare totalmente il ricambio generazionale. Si è sommata a una crisi strutturale e congiunturale anche una manovra, sbagliata, che è andata a colpire anche tutti quei giovani e ragazzi che sarebbero dovuti entrare nel mondo del lavoro per apportare nuove risorse alle aziende.»

Allora cosa è possibile fare al riguardo? Quali sono le vostre proposte?
«Innanzitutto è importante sottolineare che non si risolve un problema così drammatico con una semplice modifica della contrattualistica. Una norma che vada ad affrontare il problema del lavoro nel nostro paese, o meglio della mancanza di lavoro nel nostro paese, ha bisogno di risorse. Per far ripartire l'impresa. Noi abbiamo un total tax rade (indice di carico fiscale complessivo per le aziende), ossia l'imposizione fiscale complessiva, che è pari al 68,3%. In Slovenia, e non stiamo parlando della Bolivia ma di un paese che confina col nostro, è del 34%. In Austria è del 50%. Le nostre imprese subiscono una tassazione per cui non possono essere competitive. Perciò non producono. E se non si produce non si assume. Noi della Lega Nord abbiamo proposto una flat tax, ovvero una tassa uguale per tutti, che abbassi drasticamente la pressione fiscale su imprese e persone fisiche; e che possa permettere di rilanciare le attività produttive nel nostro paese. Questa flat tax è stata sperimentata in 40 paesi al mondo con ottimi risultati. E in 39 paesi su 40 si è addirittura realizzato un incremento delle entrate nelle casse dello stato, perché si produce di più e tutti pagano le tasse. L'unico caso è stato quello dell'Ungheria: dove in realtà c'è stata una diminuzione delle entrate fiscali, precisamente dello 0,5%, perché hanno attuato questa riforma alla fine del 2008, e quindi all'inizio della crisi internazionale.»

Quindi, secondo la Lega Nord, il problema non sarebbe tanto l'art.18, quanto una tassazione abnorme nei confronti delle imprese, che le rende non competitive rispetto alle concorrenti straniere?
«Esattamente. E' una presa in giro l'art.18. Basti pensare che, se così fosse, ci dovremmo trovare in un contesto in cui le Pmi con meno di 15 dipendenti dovrebbero essere ostacolate nel loro sviluppo proprio dall'art.18: ma non è assolutamente così. Il problema non è tanto che hanno tutte 14 dipendenti e non vogliono arrivare a 15 per evitare l'art.18, ma che ci sono moltissime imprese con meno di 14 dipendenti che stanno chiudendo una dopo l'altra. Il problema è altrove. L'art.18 è una bandiera che Renzi ed altri stanno sventolando per coprire i problemi reali che invece non vengono affrontati.»

Lei è anche capo gruppo della Lega Nord alla Camera, cosa ne pensa della possibile candidatura del Suo segretario, Matteo Salvini, alle primarie del centrodestra per diventarne il nuovo leader?
«Guardi, io credo che in questo momento l'unica alternativa al «renzismo» sia rappresentata dalla Lega e da Matteo Salvini. Non è una semplice opinione personale: è un dato oggettivo, fondato sui sondaggi, che sono molto indicativi rispetto alle possibilità di successo di un leader. E partendo da questo dato oggettivo, la mia opinione è che l'unica alternativa al renzismo in questo momento è la Lega di Matteo Salvini.»

E una possibile, futura, alleanza con Silvio Berlusconi, leader di Fi, è ancora nelle vostre corde?
«Chiunque voglia condividere il percorso con noi può farsi avanti. Però deve essere un percorso basato su punti precisi, chiari, e che il giorno dopo le elezioni non siano smentiti. Se così fosse, chiunque sarebbe ben accetto. Il che vuol dire non solo Forza Italia, ma immagino anche l'elettorato e gli attivisti del M5s, che sono delusi e sconfortati da un'azione politica deleteria, e penso anche a tutte quelle persone che non si riconoscono più in nessuna forza politica. Non mettiamo veti, ma vogliamo chiarezza. Non siamo disposti a fare un'accozzaglia di sigle a tutti i costi per cercare di vincere. Il nostro scopo non è vincere a tutti i costi, ma vincere per governare bene. Se non si può governare bene, non ci interessa neanche vincere. Se viene rispettato il programma della Lega bene, altrimenti ognuno per la sua strada e amici come prima.»

Sareste favorevoli ad andare subito al voto o siete disposti a concedere altro tempo al governo Renzi?
«Per quanto ci riguarda, prima si va al voto meglio è. I dati macroeconomici, dal debito pubblico, alla disoccupazione di cui abbiamo parlato, al reddito delle imprese, sono negativi. Vuol dire che questo è un governo dannoso. Bisogna dare risposte, e occorre necessariamente restituire la parola ai cittadini. Dopo tre governi non eletti dal popolo, penso sia il caso di permettere alle persone di tornare a esprimere la loro volontà.»