I poteri forti di Berlusconi stanno con Letta
I «governativi» del Pdl sono pochi, ma contigui a chi ha in mano molte leve del potere
Enrico Letta salverà la ministra Cancellieri, ma riuscirà a salvare anche se stesso? Questo è l’interrogativo che circola dalle parti di Montecitorio in attesa che domani la Guardasigilli si rechi alla Camera per spiegare come è andato l’affare Ligresti. E’ infatti indubbio che oggi il Presidente del Consiglio sia nettamente più debole di quanto non lo fosse il 2 ottobre scorso, quando 23 sostenitori di Alfano costrinsero Berlusconi a fare la marcia indietro più clamorosa della sua storia politica.
Sulla carta, ad attendere al varco Letta, oltre alle opposizioni e agli ultras di Berlusconi ora, infatti, ci sono anche le richieste di Epifani per dare un volto nuovo alla legge di stabilità. Secondo il segretario del Pd bisogna assolutamente trovare 2 miliardi e mezzo di euro in più. Ma Epifani sa bene che quei due miliardi e mezzo sono impossibili da scovare nelle pieghe di un bilancio già tanto travagliato. Dunque è lecito chiedersi se in casa dal Pd non si stia verificando qualche strappo alla diga che finora questa parte politica ha innalzato a difesa del governo.
E’ pur vero che quello che in questo momento sta maturando nel partito di Epifani è difficilissima lettura. Ossia si capisce che c’è una lotta epocale fra fazioni che si stanno giocando non solo il loro futuro politico, ma anche quello economico. Da questo punto di vista Matteo Renzi è stato dirompente, avendo rotto con la consuetudine della vecchia guardia, originaria delle Botteghe Oscure, di cucire l’unità intorno ad una spartizione di poltrone, incarichi, prebende e appartamenti a prezzi stracciati, fra le varie anime del partito.
Non a caso, infatti, per la guerra contro Renzi è stato coniato lo slogan: «mai un uomo solo al comando», che in pratica vuol dire: barricate nei confronti di chi non vuole condividere la tavola del potere.
Quindi al momento si sa quale sia la posta in gioco nel Pd, ma è molto difficile decifrare, al di là delle posizioni di facciata, quali siano le effettive convenienze fra le varie fazioni a tenere in vita il governo, oppure a decretarne la fine. Quello che si può dire con certezza è che queste convenienze cambiano faccia di giorno in giorno e l’avviso che Epifani ha mandato a Letta in queste ore ne è la prova.
Sull’altro versante, quello Berlusconiano, gli attori con un ruolo ben delineato si contano sulle dita di una mano, ma si tratta di protagonisti che hanno un gran peso sul palcoscenico di Arcore. Il ministro Lupi, per esempio, rappresenta il mondo di Comunione e Liberazione. Se a Lupi si aggiunge Formigoni, si può ben dire che Cl ha mollato Berlusconi e non intende tornare indietro.
Fabrizio Cicchitto, ex socialista, ma anche ex estimatore di Licio Gelli, come lui stesso confessò davanti alla commissione parlamentare sulla Pd, ormai ha passato il Rubicone e, rispetto al Cavaliere, appare quasi impossibile che cambi il suo nuovo orientamento.
Alfano e Schifani appiano più defilati, ma come è pensabile che tornino a marciare insieme ai falchi di Arcore?
Il risultato è che i poteri forti del Pdl si sono messi contro il loro leader, e avrebbero tutto da perdere ad andare alle elezioni anticipate in una situazione di ambiguità dentro il Pdl o Forza Italia. Quindi sono gli unici ad avere un interesse esistenziale a tenere in piedi il maggior tempo possibile il governo Letta. Organizzare delle proprie truppe, oltretutto nell’eventualità di una scissione non è cosa che si fa da un giorno all’altro.
In conclusione il governo si regge sul patto che Renzi ha fatto con il presidente del Consiglio (sul quale, però, una parte del Pd sta sparando bordate) e sui «governativi» ex Berlusconiani.
In molti si chiedono quale di questi due puntelli di Letta cederà per primo. Al botteghino l’unica puntata sicura, al momento, è che non saranno certamente i poteri forti ex, o diversamente, Berlusconiani a mollare il governo. Sono pochi, ma contano molto, e Letta lo sa.