29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Centrosinistra | Primarie PD

Renzi, primarie e legge elettorale agitano il PD

Primarie e legge elettorale agitano il Pd, gli ultimi sondaggi che attribuiscono robuste percentuali a Matteo Renzi preoccupano diversi «maggiorenti» democratici mentre alcune uscite sulla legge elettorale non sembrano trovare la benedizione del vertice del partito

ROMA - Primarie e legge elettorale agitano il Pd, gli ultimi sondaggi che attribuiscono robuste percentuali a Matteo Renzi preoccupano diversi 'maggiorenti' democratici mentre alcune uscite sulla legge elettorale non sembrano trovare la benedizione del vertice del partito. «Sulla legge elettorale - si ripete al Nazareno - la linea è quella esposta da Anna Finocchiaro», ovvero no alle preferenze e premio di maggioranza «almeno del 15». Peccato che ieri D'Alema non abbia chiuso la porta al premio di maggioranza al solo partito («Vediamo, stanno trattando») e che Enrico Letta abbia definito «positiva l'apertura di Schifani sulla legge elettorale».

La posizione di Letta non rappresenta quella «ufficiale» del Pd, anzi, tra i democratici a palazzo Madama c'è il timore che le parole del presidente del Senato preludano ad un possibile 'blitz' in Aula, ovvero alla presentazione di un modello di riforma che prevede il premio al primo partito (come vuole il Pdl) e i collegi (come chiede il Pd) che potrebbe mettere in difficoltà il partito di Bersani. Il segretario, assicura chi ci ha parlato, resta sulla sua linea: no alle preferenze e premio alla coalizione. E per quanto riguarda Renzi, Bersani non condivide certi toni ascoltati negli ultimi giorni da diversi dirigenti Pd: attaccare il sindaco è sbagliato, le primarie vanno fatte e devono essere aperte.

Che Renzi possa addirittura battere Bersani, come sostiene il sondaggio di Nicola Piepoli, viene ritenuto improbabile da molti, ma l'idea che si stia sbagliando strategia nei confronti del sindaco di Firenze è opinione diffusa. E' significativo che ieri sia stato il segretario a voler prendere la parola per ribadire che «le primarie aperte le ho chieste io»: il leader democratico è convinto, come del resto ha detto ieri, che il confronto vada fatto sui temi, «parlando di Italia», non scatenando polemiche personali contro Renzi. Del resto, anche il sindaco di Firenze ieri ha detto che «tutte le volte che ci attaccano ci arrivano centinaia di richieste di fare comitati a supporto della mia candidatura alle primarie».

Ma oltre al sondaggio di Piepoli, c'è quello di Paolo Natale, su Europa, che offre spunti di riflessione: i «fedeli storici» del Pd scelgono a larghissima maggioranza il segretario, mentre la partita è più aperta sui «nuovi elettori» di centrosinistra. Un ragionamento che riecheggia in alcune perplessità in Area democratica sulla strategia di comunicazione scelta dal segretario delle ultime settimane: il 'fronte sinistro' comunque non vota per Renzi ed è presidiato anche da Nichi Vendola. Meglio cercare di parlare a un elettorato più moderato, a quei «nuovi elettori» citati da Natale come vero terreno di contesa. Tanto più che Vendola, come ha dimostrato oggi, accentuerà il suo posizionamento a sinistra: Sel ha oggi annunciato che raccoglierà, insieme a Idv, le firme per un referendum che punta a cancellare la riforma Fornero dell'articolo 18. Qualcosa che Bersani certo non potrà permettersi di dire e, del resto, basti pensare che oggi D'Alema ha affermato che «l'agenda Monti è un punto di partenza irrinunciabile» per il futuro governo. Il segretario parlerà domenica alla conclusione della festa Pd e c'è molta attesa per sentire cosa dirà in tema di 'agenda Monti' e, in generale, di posizionamento del partito sui temi della politica economica, ma è difficile che possa seguire Vendola.

D'altro canto, il tema 'agenda Monti' va di pari passo con quello della legge elettorale. Come afferma Giacomelli, una legge con premio al primo partito e non alla coalizione «può creare condizioni di fatto per una ampia coalizione ed un nuovo governo Monti» e lo stesso Romano Prodi è tornato oggi ad affermare, tramite una nota del suo ufficio stampa, che «se il Parlamento licenziasse una riforma della legge elettorale in chiave proporzionale, questa annullerebbe di fatto il valore e il senso delle primarie dato che l'opzione dei cittadini a favore del candidato alla premiership risulterebbe svuotata di sostanza essendo l'esito di una mediazione tra i gruppi parlamentari successiva alle elezioni». Insomma, come è ovvio dalla legge elettorale dipenderanno i rapporti di forza nel prossimo Parlamento, a seconda della normativa con cui si voterà l'Italia conserverà un sistema partito di impianto bipolare oppure tornerà ai governi di coalizione nati in Parlamento che c'erano prima dell'introduzione del maggioritario.

Bersani continua a ripetere che la sera del voto si deve sapere «chi governerà», vale a dire che la legge elettorale deve contenere meccanismi tali da garantire che la coalizione di governo e il presidente del Consiglio vengano di fatto indicati dagli elettori. Questo schema non convince Pier Ferdinando Casini, che più volte ha parlato della necessità di dar vita ad un governo in assoluta continuità con il Governo Monti e l'altra settimana ha invitato il Pd a «fare chiarezza» su questo punto, visto che «tra Pd e Sel sul Governo Monti le distanze sono abissali». Al momento, le beghe interne al Pdl hanno bloccato le trattative sulla legge elettorale, ma se Silvio Berlusconi dovesse trovare una quadra su un sistema tipo quello illustrato oggi da D'Alema, la discussione si sposterebbe in casa PD.