Legge elettorale, il PDL valuta forzatura al Senato
Non che Silvio Berlusconi, dopo tre ore trascorse davanti ai pm palermitani, abbia confidato particolare voglia di discutere di Porcellum e sistema tedesco, preferenze e premi di maggioranza. Epperò, siccome anche dalla riforma elettorale dipende il suo futuro politico, il Cavaliere si sottoporrà al summit con i big del Pdl a Palazzo Grazioli
ROMA - Non che Silvio Berlusconi, dopo tre ore trascorse davanti ai pm palermitani, abbia confidato particolare voglia di discutere di Porcellum e sistema tedesco, preferenze e premi di maggioranza. Epperò, siccome anche dalla riforma elettorale dipende il suo futuro politico, il Cavaliere si sottoporrà al summit con i big del Pdl a Palazzo Grazioli. Una 'notturna' che si preannuncia tesa, perché preceduta da una serie di incontri informali trasversali, ma anche di contatti separati tutti ex An o ex azzurri. Le posizioni pre vertice restano distanti, distinte. E le indiscrezioni circolate ieri, la trattativa degli ambasciatori pidiellini pronti a cedere sulle preferenze e ad accettare un sistema tedesco corretto, hanno fatto infuriare buona parte degli ex An, ma anche alcuni azzurri.
Schifani: Non possiamo stare fermi - In realtà, nella trattativa sulla modifica della legge elettorale conta soprattutto Denis Verdini, che con il Pd discute quasi quotidianamente. E pesa anche Gaetano Quagliariello, che riferisce ad Alfano lo stato dell'arte. Sono queste quattro personalità (il quarto è Berlusconi, naturalmente) che stanno ragionando anche sull'ipotesi di spingersi verso un modello tedesco (corretto, ma non 'bipolarizzato'), con uno scopo chiaro: non permettere a nessuno di vincere le elezioni. Per farlo, si spera di convincere l'Udc, forzando la mano al Senato, dove i democratici sono minoranza. Non è un caso che Schifani abbia annunciato che è arrivato il momento di agire («non possiamo stare fermi»), e che Cesa ha aperto all'approdo in Aula di un testo («basta pantomime»).
Non che il Pdl pensi davvero di riuscire a costruire qualcosa con Casini e i centristi. L'obiettivo è incunearsi nei difficili rapporti fra Sel, Pd e Udc. Converrebbe ai centristi - che potrebbero lanciare a Palazzo Madama un segnale ai democratici - e converrebbe al Pdl (magari con il sostegno della Lega), per smuovere le acque e mettere in difficoltà Bersani. Uno schema che, nella mente di alcuni azzurri, potrebbe riproporsi anche sulle intercettazioni.
Stasera, insomma, due anime si confronteranno. In realtà, parlare di fronda degli ex An è riduttivo, visto che a vedere come fumo negli occhi un proporzionale alla tedesca - non bipolare e naturalmente senza preferenze - sono anche altri esponenti pidiellini: critici con il modello teutonico sono ad esempio ex FI come Brunetta e Crosetto. Pronti, sul punto, a combattere al fianco di La Russa e Meloni, Gasparri, Rampelli e Corsaro. Berlusconi ascolterà, ma non sarà facile trarre le conclusioni.
Quel che è certo è che anche dalla legge elettorale dipenderà l'eventuale candidatura di Berlusconi, la sesta a Palazzo Chigi. Ma chi sostiene le ragioni della trattativa sulla riforma fa notare - trovando a giorni alterni ascolto nell'ex premier - che se non si riuscisse a superare il Porcellum, se non si scardinasse il sistema bipolare, il prossimo premier e il prossimo Presidente della Repubblica verrebbero scelti dal centrosinistra. E Silvio, a quel punto, sarebbe fuori da tutti i giochi.
Pardi (Idv): Pd e Pdl pensano solo ai loro interessi - «I giornali continuano a parlare di un accordo tra i principali partiti, Pd e Pdl, sulla legge elettorale. Ma di tutto ciò non c'è traccia nemmeno nell'ultima riunione del Comitato ristretto della commissione Affari Costituzionali». Lo dichiara in una nota il capogruppo dell'Italia dei Valori in commissione al Senato Pancho Pardi.
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