29 novembre 2023
Aggiornato 05:30
Si riapre il dibattito primarie

Bersani vuole le primarie, gli altri big no

Il Segretario vuole una legittimazione «forte» perché, come ripete pubblicamente, la prossima sarà una legislatura difficilissima e sarà bene che chi va a palazzo Chigi abbia un'investitura «dal basso». D'altro canto, i «big» del partito temono che le primarie diventino una sorta di congresso di fatto, con Matteo Renzi che ne approfitta per un «riequilibrio»

ROMA - Era già successo lo scorso giugno, quando Pier Luigi Bersani aveva deciso di lanciare le primarie per la scelta del candidato premier quasi tutti i 'big' Pd avevano provato a chiedere al segretario di ripensarci e alla fine si era arrivati ad una sorta di mediazione: la data sarebbe stata fissata solo più in là, però il segretario aveva potuto annunciare ufficialmente che le primarie si sarebbero fatte. Il segretario vuole una legittimazione «forte» perché, come ripete pubblicamente, la prossima sarà una legislatura difficilissima e sarà bene che chi va a palazzo Chigi abbia un'investitura 'dal basso'. D'altro canto, i 'big' del partito temono che le primarie diventino una sorta di congresso di fatto, con Matteo Renzi che ne approfitta per un «riequilibrio», come ha peraltro detto qualche giorno fa pubblicamente. Ecco perché in queste ore tornano a farsi sentire le voci di molti.

Ad avere dubbi sulle primarie sono quasi tutti i maggiorenti del partito, ma il segretario sembra orientato a confermare l'appuntamento. E forse non è un caso che la trattativa sulla legge elettorale sembra essersi bloccata: il Pd continua ufficialmente a dire di volere la riforma, ma dal Pdl non arrivano risposte e sono in molti tra i democratici a vedere con scetticismo la possibilità di cambiare il Porcellum. E se resta la legge attuale molte delle obiezioni sulle primarie, perlomeno quelle 'ufficiali', verrebbero meno. Non si potrebbe più dire, come hanno fatto Prodi e Veltroni, che non ha senso fare primarie perché non c'è un candidato premier.
Ieri era stato Walter Veltroni a dire che se ci fosse una legge elettorale che dà il premio solo al primo partito e non alla coalizione avrebbe poco senso fare le primarie, «facciamo una sfida per cosa, per scegliere il capolista del Pd?». Qualche giorno Rosy Bindi aveva detto che non ha senso avere «due candidati alle primarie», è stamattina è toccato a Romano Prodi dire che «se per convenienze e interessi dei partiti si arriverà ad un modello elettorale di tipo proporzionale, allora lo strumento delle primarie verrà inevitabilmente svuotato».
Così la pensa anche Giuseppe Fioroni: «Le primarie per scegliere il capolista del Pd non hanno senso, se c'è premio di coalizione è un conto, se il premio è al primo partito diventerebbero la scelta del capolista, non avrebbe senso...». E quando si fa notare a Fioroni che la coalizione potrebbe esserci comunque, sotto forma di 'listone' Pd-Sel, la risposta è questa: «Vendola chiede levare il simbolo del Pd se si fa il listone. E per prendere questa decisione serve un congresso anticipato...». Cesare Damiano, aggiunge: «Siamo partiti con l'idea di fare primarie per scegliere chi si candida a governare il Paese, in corso d'opera si scopre che qualcuno come Renzi pensa si debbano fare le primarie per capire chi guida un partito. Il problema non è che Bersani voglia le primarie, giustamente pretende una legittimazione, ma altri stanno imbrogliando le carte».

Il fatto è che il segretario su questo punto non intende fare retromarcia. Dice Nico Stumpo, responsabile organizzazione e fedelissimo di Bersani: «Le primarie le faremo, come abbiamo detto. Saranno primarie di coalizione e le faremo a fine novembre». Bersani vuole la legittimazione dei 'tre milioni' per cercare di rafforzare la sua posizione non solo nel prossimo Parlamento, ma anche al tavolo della coalizione. Il segretario Pd sa bene che Pier Ferdinando Casini ha in mente uno schema un po' diverso dal suo, una riedizione delle 'larghe intese' senza Silvio Berlusconi che potrebbe realizzarsi più facilmente se a palazzo Chigi non sedesse il leader Pd. Le primarie rafforzerebbero Bersani anche in vista della formazione del prossimo Governo.

Un dibattito che sembra andare di pari passo a quello sulla legge elettorale. Come hanno detto Veltroni, Prodi e Fioroni, la scelta del candidato premier ha senso se la legge prevede un candidato premier. Per questo Bersani insiste a ripetere che «la sera delle elezioni si deve sapere chi governerà». Il premio al primo partito per il segretario Pd ha senso solo se molto alto, del 15%, tale da permettere ragionevolmente di indicare un vincitore indiscusso. Ma Terzo polo e Pdl per lo stesso motivo non sono disposti a concederlo. Inoltre, Berlusconi ha un problema ulteriore: non solo deve rendere meno probabile la vittoria di Bersani, ma deve anche evitare un meccanismo che favorisca la frammentazione, visto lo stato del partito. Alla fine, per Berlusconi - ragionano nel Pd - la cosa migliore potrebbe essere tenere la legge attuale, che compatta il Pdl e permette al Cavaliere di fare le liste a piacimento.