19 aprile 2024
Aggiornato 06:00
I partiti e la riforma della legge elettorale

Legge elettorare, il Pdl «raffredda» gli entusiasmi di Enrico Letta

Per capire se questa sia la volta buona, bisognerà aspettare mercoledì. Il 29 agosto si riunirà infatti il comitato ristretto della commissione Affari istituzionali del Senato e a quel punto sarà chiaro se davvero, questa volta, le forze politiche della strana maggioranza siano o meno vicine a una intesa sulla riforma della legge elettorale

ROMA - Per capire se questa sia la volta buona, bisognerà aspettare mercoledì. Il 29 agosto si riunirà infatti il comitato ristretto della commissione Affari istituzionali del Senato e a quel punto sarà chiaro se davvero, questa volta, le forze politiche della strana maggioranza siano o meno vicine a una intesa sulla riforma della legge elettorale.

LETTA: ACCORDO A PORTATA DI MANO - Ieri è stato il vice segretario del Pd, Enrico Letta, ad annunciare in un'intervista a Sussidiario.net che si trattava praticamente di cosa fatta e che «a breve» sarebbe arrivato l'annuncio. Frase poi corretta in un più cauto «accordo a portata di mano». Andare con il freno a mano tirato è d'obbligo, come si capisce anche dalle parole del segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa, secondo cui non ci sono «accordi già fatti» ma allo stesso tempo ci sono «le condizioni perchè la prossima settimana sia decisiva per arrivare a una legge che sappia rispondere agli appelli del Capo dello Stato e alle attese degli italiani».

IL PDL «FRENA» - Che l'annuncio pubblico di Letta sia stato un po' frettoloso lo dimostrano anche le frenate che arrivano dal Pdl. Il filo del dialogo - precisa il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto - non si è mai interrotto, ma gli «annunci intempestivi complicano le cose». La sola ipotesi di un accordo fa però salire sulle barricate il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, secondo il quale si sta «apparecchiando proprio una superporcata», insomma un «superporcellum».

GLI ELEMENTI DELL'EVENTUALE INTESA - Di annunci di accordi ormai a un passo, in realtà, in passato ce ne sono già stati. Gli elementi dell'eventuale intesa prossima ventura, d'altra parte, sono gli stessi di cui si vocifera da tempo ma che, per opposti tatticismi legati anche al rischio di elezioni anticipate, erano finora rimasti sulla carta: un modello proporzionale con premio del 15% al primo partito e assegnazione dei seggi attraverso un sistema misto fatto di listini bloccati e collegi. In più ci sarebbe uno sbarramento al 5% su base nazionale ma con la possibilità di entrare in Parlamento anche per quei partiti che superino una soglia più alta in almeno tre Regioni (vedi la Lega). Non ci sarebbero dunque le preferenze sulle quali tornano a ribadire il proprio favore non soltanto i centristi di Cesa e Casini ma anche esponenti di Fli, come Carmelo Briguglio.

SULLO SFONDO IL VOTO ANTICIPATO - Ma, inevitabilmente, la discussione sulla legge elettorale è legata a doppio filo con quella su un possibile voto anticipato. Le voci di un'accelerazione sull'intesa, insieme a quelle di un 'placet' di Silvio Berlusconi sul voto a novembre, hanno infatti scatenato le reazioni di parte del Popolo delle libertà, soprattutto area ex An, come Giorgia Meloni o Maurizio Gasparri. «Troppi nel Pdl in ginocchio davanti ai nostri avversari - afferma il capogruppo al Senato - implorano una grande coalizione, che non ci sarà in nessun caso». Prova a placare la polemica il suo omologo alla Camera. «Francamente - dice Cicchitto - non abbiamo mai dato molto credito all'ipotesi di grandi coalizioni, a favore o contro le quali vediamo che si scaldano e si accapigliano alcuni cari amici del Pdl».