29 novembre 2023
Aggiornato 06:00
L'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia

Messineo: Le Intercettazioni del Colle non sono distruggibili

Il Procuratore di Palermo: Sono d'accordo nel ritenere che l'art.271 del cpp sulla distruzione delle intercettazioni ha una lacuna inamissibile e che dovrebbe essere colmata, con riferimento alla figura del Capo dello Stato. Ma sono solo il legislatore o la Consulta a poterla colmare

PALERMO - A legislazione invariata o in assenza di una sentenza della Corte Costituzionale che colmi il vuoto legislativo in materia le intercettazioni giudiziarie che hanno per interlocutore il Capo dello Stato non possono essere distrutte. Il Procuratore Capo di Palermo Francesco Messineo ha respinto la praticabilità della interpretazione normativa delle attuali norme proposta dal suo collega Procuratore di Catania Giovanni Salvi a favore della possibilità per la Magistratura, in forza dell'articolo 271 del codice di procedura penale e delle norme costituzionali sulle guarentigie del Quirinale, di distruggere d'ufficio lo sbobinato delle conversazioni fra Nicola Mancino e Giorgio Napolitano con riferimento all'inchiesta della Procura di Milano sulla presunta trattativa fra Stato e Mafia.
Secondo l'interpretazione di Salvi, molto simile alle argomentazioni dell'Avvocatura dello Stato nel ricorso del Quirinale alla Consulta contro la Procura di Palermo per conflitto di attribuzioni, non la Procura d'ufficio ma il Gup che riceve il testo delle intercettazioni potrebbe ordinarne la distruzione in busta chiusa senza mai farne conoscere il contenuto alle parti.

Serve prima una legge ad hoc o la Consulta - «Conosciamo bene la norma richiamata - ha bocciato questa interpretazione Messineo in una intervista a La Repubblica - e abbiamo fatto riflessioni attente: Non ritengo che possa risolvere il nostro problema. Sono d'accordo nel ritenere che l'art.271 del cpp sulla distruzione delle intercettazioni ha una lacuna inammissibile e che dovrebbe essere colmata, con riferimento alla figura del Capo dello Stato. Ma sono solo il legislatura o la Consulta a poterla colmare. Non credo che un Magistrato ordinario possa ampliare la portata della norma, richiamando l'articolo 90 della Costituzione».

«MicroMega» risponde a Scalfari: Rispettato il diritto d'autore - «Oggi, martedì 31 luglio, nella rubrica delle lettere del quotidiano La Repubblica è comparsa la seguente lettera a firma di Eugenio Scalfari», spiega la nota. «Nell'ultimo fascicolo della rivista Micromega viene pubblicato un ampio dibattito sulla indagine della Procura di Palermo relativa alle eventuali trattative tra lo Stato e la mafia. Nell'ambito di questo dibattito la direzione di quella rivista ha anche pubblicato un breve brano tratto da un mio scritto, che non ha nulla a che vedere con quel dibattito e la cui pubblicazione non mi è stata né richiesta né tanto meno da me autorizzata. Diffido pertanto la direzione di Micromega di utilizzare miei scritti senza avermene preventivamente chiesto il permesso; permesso che - lo dico fin d'ora - non sarà mai comunque concesso». La nota di 'Micromega' prosegue: «Non volendo imbarcarsi in fin troppo facili polemiche, MicroMega si limita a ricordare di aver utilizzato più volte citazioni, anche molto più lunghe, di numerosi autori, in conformità alle vigenti leggi sul diritto d'autore e alla convenzione di Berna, confortata infine anche da un parere legale dello studio 'Ripa di Meana e associati', chiesto nel 2008 dal Gruppo Espresso a nome di MicroMega, testata del Gruppo. Alle disposizioni vigenti MicroMega continuerà a conformarsi anche in futuro. Una lettera con questi identici contenuti è stata inviata dal direttore di MicroMega alla rubrica delle lettere di La Repubblica».