1 agosto 2025
Aggiornato 02:30
Riforme Costituzionali

Il Senato riduce i Deputati, ma non li dimezza

Se mai vedrà la luce, la nuova Camera sarà composta da 508 deputati (8 eletti all'estero), anziché 630, e i suoi membri potranno essere giovanissimi perché l'età minima per essere eletti si abbasserà da 25 a 21 anni. Schifani, criticato dal PD, rinvia il nodo semipresidenzialismo

ROMA - Se mai vedrà la luce, la nuova Camera sarà composta da 508 deputati (8 eletti all'estero), anziché 630, e i suoi membri potranno essere giovanissimi perché l'età minima per essere eletti si abbasserà da 25 a 21 anni: a dieci giorni dall'approdo in Aula delle riforme costituzionali, il Senato riesce ad approvare l'articolo 1 del testo ma respinge il taglio più drastico dei deputati appoggiato sia dalla Lega, che dai Radicali, che dall'Idv. La riduzione passa con 212 voti a favore, 11 no e 27 astenuti (il Carroccio).

L'ACCELERAZIONE DI SCHIFANI - Un voto, quello di oggi, fortemente voluto dal presidente del Senato, Renato Schifani, che, dopo una mattinata di discussione in Aula sempre intorno al nodo del semipresidenzialismo, ha rinviato in Commissione gli emendamenti del Pdl che propongono la nuova forma di governo e imposto un'accelerazione alle votazioni, concedendo a ognuno poco più di minuto per intervenire e guadagnandosi gli strali di Lega e Radicali: «Mi pare assurdo coattare la discussione su un ddl costituzionale - ha detto il senatore del Carroccio Roberto Castelli - capisco che c'è la necessità di ottemperare ai desideri dei direttori dei giornali...». E la radicale Donatella Poretti:: «C'è solo l'esigenza di rispondere a dei giornali...».

CRITICHE DAL PD - Schifani era finito sotto accusa anche in apertura di seduta quando Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd, lo aveva accusato di non essere «né garante politico né garante sotto il profilo notarile» del percorso delle riforme costituzionali. Alla seconda carica dello Stato i democratici hanno rimproverato di aver dichiarato ammissibili gli emendamenti del Pdl sul semipresidenzialismo che hanno violato il patto sulle riforme stretto dalla nuova maggioranza. Soprattutto perché, con la disponibilità della Lega a votarli in cambio del Senato federale, sarebbero stati approvati resuscitando la vecchia maggioranza del governo Berlusconi. Schifani si è difeso citando precedenti e spiegando: «Non sono un segretario politico, la mia funzione è di esercitare una moral suasion e non di imporre scelte politiche che non mi competono».

IL SEMIPRESIDENZIALISMO NON CONVINCE TUTTO IL PDL - Alla fine però i due «temi nevralgici», come li ha definiti lo stesso Schifani - Senato federale e semipresidenzialismo - sono stati rinviati in Commissione per un approfondimento su decisione del presidente del Senato e con l'inattesa disponibilità del Pdl che fino a oggi aveva chiuso a qualsiasi ripensamento sul tema anche con le dichiarazioni plateali di Ignazio La Russa che aveva minacciato di lasciare il partito. In realtà, la proposta lanciata da Silvio Berlusconi e Angelino Alfano dell'elezione diretta del presidente della Repubblica non convince tutto il Pdl. Oggi in Aula al Senato, proprio in apertura di seduta, Giuseppe Saro è stato chiaro: «Come si fa prima a fare un accordo da una parte e poi pensare di venire in Aula e far passare con una maggioranza diversa un altro schema di riforma che mette in discussione l'accordo? Pensate che un'operazione di questo genere, un voto con una maggioranza diversa, non abbia effetti politici sull'attuale maggioranza che sostiene il Governo Monti, in un momento molto delicato, a una settimana dal vertice dei capi di Stato europei che segnerà in modo chiaro e definitivo se l'Italia si potrà salvare o meno? Credo che stiamo commettendo un grossissimo errore. Non mi sento di favorire un'operazione che sarà solo strumentale, che non porterà all'approvazione di nessuna modifica costituzionale e che alla fine innescherà una destabilizzazione del quadro politico della strana maggioranza e ci porterà automaticamente alle elezioni politiche in ottobre. Questo è il disegno che sottintende questa forzatura».

ORA LA RIDUZIONE DEI SENATORI - L'impegno è di tornare in Aula dopo gli approfondimenti della Commissione mercoledì prossimo, soprattutto perché l'articolo 2, che la Lega vuole emendare col Senato federale, contiene l'attesa, e dopo il voto di oggi sui deputati inevitabile, riduzione del numero dei senatori. «Vorrei evitare che si possa minimamente pensare che il Senato si dia pause di riflessione sul taglio dei senatori», ha sottolineato la seconda carica dello Stato.