Riforme Costituzionali, accordo a rischio
Si complica il cammino delle riforme costituzionali al Senato: la proposta del Pdl di inserire il semipresidenzialismo nel testo Vizzini, approvato a larga maggioranza dalla commissione, mette in grossa difficoltà sia il Pd che il partito guidato da Angelino Alfano
ROMA - Si complica il cammino delle riforme costituzionali al Senato: la proposta del Pdl di inserire il semipresidenzialismo nel testo Vizzini, approvato a larga maggioranza dalla commissione Affari Costituzionali, mette in grossa difficoltà sia il Pd che il partito guidato da Angelino Alfano e tra il tentativo di compromesso proposto da Anna Finocchiaro e le minacce di andare via sbattendo la porta di Ignazio La Russa il tavolo rischia seriamente di saltare. O rispedendo in Commissione il provvedimento oppure addirittura stravolgendone l'impianto con l'approvazione, grazie al voto della vecchia maggioranza Pdl-Lega, degli emendamenti firmati Gasparri-Quagliariello. Il Carroccio infatti oggi ha dichiarato la sua disponibilità a cambiare la forma di governo a patto che ci sia quel Senato federale forte che i padani anelano da tempo.
Il no del Pd al semipresidenzialismo proposto da Berlusconi era chiaro. Pierluigi Bersani ne ha parlato venerdì scorso in Direzione e Finocchiaro l'ha ribadito oggi nel corso di un'assemblea dei parlamentari anche di fronte a sei senatori democratici (Ceccanti, Giaretta, Morando, Negri, Procacci, Tonini) cui l'idea del Pdl non sembra «irragionevole». Tuttavia, per non interrompere quello «spirito di lealtà di cui siamo stati capaci negli ultimi mesi e nelle ultime settimane», l'offerta di Finocchiaro al Pdl al Senato è stata quella di «ritirare gli emendamenti e di collaborare lealmente per predisporre una legge costituzionale che preveda un referendum di indirizzo sul sistema semipresidenziale». Rinviare il tema alla prossima legislatura, quindi, concentrandosi ora sulla legge elettorale e su un pacchetto minimo di modifiche costituzionali, riduzione del numero dei parlamentari in testa.
Le minacce di La Russa - Neanche il tempo di formalizzarla in Aula che la proposta della capogruppo democratica a Palazzo Madama, concordata con il segretario e con Luciano Violante, è finita sotto il fuoco incrociato di una fetta del Pdl guidata da La Russa che ha minacciato: «Io e tanti altri non potremmo restare in un partito in cui artatamente qualcuno voterà contro questo provvedimento che è stato proposto da Angelino Alfano e Silvio Berlusconi». Un avvertimento lanciato alla Camera prima che Finocchiaro prendesse la parola davanti all'Assemblea per fermare più di un moderato che probabilmente nel Pdl si era fatto già tentare dall'idea anticipata in via informale. Un avvertimento ribadito sempre da La Russa in sala stampa al Senato, dopo un incontro con Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, proprio mentre in Aula Gaetano Quagliariello argomentava la volontà del suo gruppo di non rinunciare ai sei emendamenti presentati. «Se non venissero approvati - ha assicurato - andremmo fino in fondo al lavoro fatto ma richiamando l'Assemblea al fatto che forse stiamo facendo qualcosa che non basta. Non abbiamo alcuna intenzione di sabotare il percorso delle riforme ma cerchiamo di avere coraggio. Il processo costituente in Francia durò 3 mesi, noi ne abbiamo 8».
La Lega si dice disposta ad approvare il semipresidenzialismo «perché questa può essere sicuramente una forma di governo utile, se viene compensata però da un Senato federale forte», spiega il capogruppo Federico Bricolo in Aula. Circostanza questa che, insieme a un Pdl compatto per il semipresidenzialismo, ai voti del gruppo Coesione nazionale e di Fli, porterebbero all'approvazione degli emendamenti Gasparri-Quagliariello. Una prospettiva reale tanto che Bersani avverte che in quel caso «non si andrebbe da nessuna parte. Se lo fanno se ne assumono la responsabilità. Cerchiamo di vedere se si riesce ad andare avanti sulla legge elettorale, piuttosto...». Come andrà avanti il dibattito domani è tutto da vedere. Nel pomeriggio il Pd, incassato il no del Pdl alla sua proposta, potrebbe chiedere il rinvio in Commissione del testo perché, ha spiegato Finocchiaro, «non si può pensare di approvare emendamenti che cambiano lo spirito, la natura, il merito del testo approvato in Commissione senza che l'Aula torni a conoscerli». La volontà del relatore e presidente della Commissione, Carlo Vizzini, sarebbe quella di andare invece avanti intanto con le parti condivise (riduzione numero parlamentari e stop al bicameralismo perfetto) e sul resto ipotizzare uno stralcio. Un'idea questa condivisa sia da Udc che da Api. Di sicuro c'è che il voto finale, fissato per dopodomani dall'ultima capigruppo, si allontana. In mezzo ci sono 370 emendamenti da esaminare, un decreto da approvare sulla missione in Siria e soprattutto da sciogliere il nodo sul semipresidenzialismo.
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