26 aprile 2024
Aggiornato 06:30
Niente emendamento al decreto sulla semplificazione fiscale

Partiti, non slitta la rata di giugno. Dubbi PD su Fini

I nuovi controlli sui bilanci dei partiti pensati dalla «maggioranza strana» prendono la forma di una proposta di legge e tutto lascia pensare che sarà difficile anche ottenere l'esame in sede legislativa richiesto da Pd, Pdl e Terzo polo

ROMA - Niente emendamento al decreto sulla semplificazione fiscale, i nuovi controlli sui bilanci dei partiti pensati dalla «maggioranza strana» prendono la forma di una proposta di legge e tutto lascia pensare che sarà difficile anche ottenere l'esame in sede legislativa richiesto da Pd, Pdl e Terzo polo. Il ddl seguirà probabilmente un iter normale e, in questo modo, salta anche la possibilità, evocata da Pier Luigi Bersani, di far slittare a settembre la rata di finanziamenti prevista per giugno.
Il no di Fini non è arrivato del tutto a sorpresa, da giorni si parlava della possibile inammissibilità dell'emendamento al dl fiscale per «estraneità alla materia», ma «l'ammissibilità è sempre una materia delicata, che rientra nelle prerogative del presidente della Camera», come spiega il Pd Gianclaudio Bressa e per questo si è deciso di provare comunque questa strada «per fare il prima possibile». In realtà, qualche altro deputato democratico oggi nascondeva a stento una certa soddisfazione per la situazione che si era creata: «Dicono che bisognava fare in fretta. Se bisogna fare in fretta, questo è il modo...».

Dubbi PD su Fini - Insomma, il quadro che emerge è un po' quello del gioco del cerino tra i vertici delle istituzioni, Giorgio Napolitano e Gianfranco Fini, e i partiti. Era stato il capo dello Stato a sollecitare un intervento urgente della politica sulla materia; aveva raccolto subito l'appello il presidente della Camera, addirittura ipotizzando un decreto del Governo. Quindi, i partiti hanno risposto, per niente contenti di ritrovarsi per l'ennesima volta nel ruolo di quelli che frenano: Pier Luigi Bersani ha scritto ad Angelino Alfano e Pier Ferdinando Casini, i tre segretari si sono telefonati, hanno deciso l'accelerazione. Anche se poi, come faceva oggi notare Arturo Parisi, questa «accelerazione» ha lasciato più di un dubbio: «Il problema è la quantità delle risorse messe a nostra disposizione. E' una fortuna che l'emendamento sia inammissibile, dopo tanto rumore sarebbe stato terribile se dalla montagna fosse uscito ancora una volta un topolino. Ci vuole un profondo ripensamento...».

FLI: Se non dimezza soldi, la proposta «ABC» è una presa in giro - «Se la proposta di Alfano, Bersani e Casini non prevede anche il taglio di almeno il 50% dei finanziamenti ai partiti rischia di essere una presa in giro degli italiani». Lo dichiarano in una nota il vicepresidente di Fli, Italo Bocchino, e il coordinatore nazionale del partito, Roberto Menia.
«Parlare di riforma soltanto sottoponendo ad una sorta di autocontrollo i bilanci dei partiti espone i leader che firmano questa proposta ad apparire coloro che dicono di voler cambiare e poi lasciano intatto il tesoretto delle forze politiche».

Di Pietro: Disponibili a ogni intervento per nuova legge - «L'Italia dei Valori ribadisce la propria disponibilità a qualsiasi intervento normativo per modificare l'attuale legge sul finanziamento ai partiti con una norma da adottarsi direttamente in Commissione in sede legislativa, con decreto legge o con norme da reinserire in altri provvedimenti». Lo afferma in una nota il presidente dell'IdV, Antonio Di Pietro.
«L'Italia dei Valori - aggiunge - ritiene estremamente urgente e improcrastinabile emanare una norma di legge che impedisca ai partiti, in via definitiva, di incassare la rata di luglio e che riduca drasticamente il finanziamento».

Da Lega e Radicali no a sede legislativa per proposta ABC - Parte in salita il percorso della proposta di legge a firma Angelino Alfano, Pierluigi Bersani e Pier Ferdinando Casini sulla trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti: l'assegnazione in sede legislativa - ovvero senza passaggio in Aula - in commissione Affari Costituzionali alla Camera chiesta dalla maggioranza infatti è ostacolata da Lega e Radicali.
Già ieri, durante la seduta della Commissione presieduta da Donato Bruno (Pdl) sulle proposte di legge di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, il leghista Pierguido Vanalli aveva preannunciato «in ogni caso» che il suo gruppo è «contrario a procedere in sede legislativa». Idem il radicale eletto nel Pd Maurizio Turco, secondo cui l'assegnazione in sede legislativa «comprime i tempi del dibattito» e «non consente di dare ai cittadini adeguate forme di pubblicità sui lavori parlamentari e sulle motivazioni di ognuno».
Se resta il no di Lega e Radicali, la proposta di legge di «ABC» dovrà seguire l'iter completo di passaggio in Aula. Secondo il regolamento della Camera infatti «il Presidente può proporre alla Camera che il progetto sia assegnato a una Commissione permanente o speciale, in sede legislativa, per l'esame e l'approvazione. La proposta è iscritta all'ordine del giorno della seduta successiva; se vi è opposizione, la Camera, sentiti un oratore contro e uno a favore, vota per alzata di mano. Alla votazione non si fa luogo e il progetto è assegnato in sede referente se l'opposizione è fatta dal Governo o da un decimo dei componenti della Camera», cioè 63 deputati. I 59 deputati del Carroccio più i sei Radicali fanno 65.